Secondo il Governo, anche per le Regioni a Statuto Speciale vige la competenza esclusiva statale in materia di appalti, con impossibilità delle singole autonomie regionali, in questo caso la Sicilia, di prevedere delle regole diverse in materia di procedura di gara e criteri di aggiudicazione
Circolare del 26 settembre 2019 dell’Assessorato Infrastrutture Regione Sicilia
Ricorso del Governo sulla l. 13/2019 su appalti di lavori in Sicilia
Il 25 settembre 2019 è stato depositato il ricorso con il quale Consiglio dei Ministri ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale la L.r. 19 luglio 2019, n. 13 della Regione Sicilia nella parte dove ha modificato le modalità di gara ed i metodi di aggiudicazione dei lavori pubblici.
La legge regionale siciliana ha previsto negli appalti di lavori sotto soglia l’obbligo per le stazioni appaltanti di utilizzare di criterio del minor prezzo.
Inoltre la stessa legge 13/2019 detta un criterio di calcolo della soglia di aggiudicazione, al di sopra della quale le offerte sono anomale ed escluse automaticamente, diverso dalla norma nazionale di cui all’art. 97 del Codice Appalti.
Il ricorso del Governo si fonda sul principio, spesso ribadito dalla Corte Costituzionale, che la normativa del Codice degli appalti, relativa alle procedure di selezione e ai criteri di aggiudicazione, è strumentale a garantire la tutela della concorrenza, con la conseguenza che anche la Sicilia, nella materia dei lavori pubblici, non può dettare una disciplina suscettibile di alterare le regole di funzionamento del mercato.
In ogni caso con Circolare del 26 settembre 2019 il governo regionale ha chiarito che nessuna sospensione della legge regionale deriva dall’impugnativa davanti alla Corte Costituzionale, per cui la norma regionale è di obbligatoria applicazione per le gare successive al 30 settembre 2019.
Il precedente della Corte Costituzionale
Non molto tempo prima una pronuncia della Corte Costituzionale, sentenza n. 263 del 2016, aveva dichiarato illegittimi l’art. 19, comma 6, e commi 6-bis, 6-ter e 6- quater, della legge della Regione siciliana n. 12 del 2011, come introdotti dalla legge della Regione siciliana n. 14 del 2015 che avevano per l’appunto introdotto autonomi criteri di valutazione ed esclusione rispetto alla normativa nazionale, con un meccanismo analogo alla norma della legge 13/2019.
La Consulta ha in tale occasione ribadito la propria giurisprudenza sul punto sancendo che “alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte, dunque, le disposizioni impugnate, avendo disciplinato istituti afferenti alle procedure di gara in difformità dalle previsioni del codice dei contratti pubblici, sono costituzionalmente illegittime per avere violato i limiti statutari posti al legislatore regionale nella disciplina dei lavori pubblici”.
Il Criterio del minor prezzo e il calcolo della soglia dell’anomalia
Oggetto del ricorso dell’Avvocatura è la disposizione che stabilisce l’obbligo per le statuizioni appaltanti di utilizzare il criterio del minor prezzo nelle fattispecie ivi contemplate, la quale si porrebbe in contrasto con le previsioni di cui agli articoli 95 e 36 del decreto legislativo n. 50/2016 e successive modifiche che, viceversa, demandano alle singole stazione appaltanti l’individuazione del criterio.
Altra norma problematica è quella sulla valutazione delle offerte anomale. Sempre l’art. 4, ai commi 1, dal secondo periodo in poi, e comma 2, in presenza del criterio di aggiudicazione del minor prezzo, detta una disciplina del metodo di calcolo della soglia di anomalia delle offerte contrastante con la disciplina di cui all’art. 97, commi 2 e 2-bis, e 2-ter del decreto legislativo n. 50/2016, come modificato dalla legge 147 giugno 2019, n. 55, incidendo, secondo il ricorso, su un ambito di competenza esclusiva dello Stato.
Le norme sulla tutela della concorrenza prevalgono anche per le Regioni a statuto speciale
Secondo il ricorso del Governo, seppure ai sensi dell’art. 14, comma 1, lettera g) dello Statuto speciale di autonomia, la Regione Sicilia gode di competenza legislativa esclusiva in materia di «lavori pubblici, eccettuate le grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente nazionale», detta competenza, tuttavia, deve sempre esercitarsi «nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato».
Come affermato dalla costante giurisprudenza costituzionale in materia di appalti, gli aspetti relativi alle procedure di selezione e ai criteri di aggiudicazione, sono riconducibili nell’ambito della tutela della concorrenza (tra le molte, sentenze n. 45 del 2010; n. 186 del 2010; n. 221 del 2010; n. 320 del 2008; n. 401 del 2007), di esclusiva competenza del legislatore statale che ha titolo a porre in essere una disciplina integrale e dettagliata dei richiamati aspetti, e come tale uniforme su tutto il territorio nazionale senza che il legislatore delle regioni, anche a statuto speciale e delle province autonome, possa prevedere in materia una disciplina difforme da quella statale.
La previsione regionale in questione dunque eccederebbe dalle competenze regionali, risultando invasiva della competenza esclusiva riconosciuta allo Stato dall’art. 117, secondo comma lettera e) della Costituzione in materia di tutela della concorrenza.
Il ricorso alla Corte Costituzionale dell’Avvocatura di Stato
Di seguito si riporta il testo del ricorso del Governo, pubblicato in Gazzetta Ufficiale
(…)
Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente Consiglio dei ministri patrocinato ex lege, dall’Avvocatura generale dello Stato, (C.F. 80224030587, per il ricevimento degli atti fax 06-96514000 e PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12 domicilia; nei confronti della Regione Sicilia in persona del Presidente p.t. per la dichiarazione di illegittimita’ costituzionale della legge regionale Siciliana n. 13 del 19 luglio 2019 pubblicata nel BUR n. 29 del 26 luglio 2019 recante «Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2019. Legge di stabilita’ regionale», giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 19 settembre 2019.
La legge regionale suindicata e’ costituzionalmente illegittima rispetto alle previsioni degli articoli 4, commi 1 e 2, 13, 5, 6, 12, 15, per i seguenti
Motivi
1) L’art. 4, commi 1 e 2, viola l’art. 117, II comma, lettera e) della Costituzione.
La disposizione regionale teste’ epigrafata laddove stabilisce l’obbligo per le statuizioni appaltanti di utilizzare il criterio del minor prezzo nelle fattispecie ivi contemplate, si pone in evidente contrasto con le previsioni di cui agli articoli 95 e 36 del decreto legislativo n. 50/2016 e successive modifiche che, viceversa, demandano alle singole stazione appaltanti l’individuazione del criterio.
Sempre l’art. 4, ai commi 1, dal secondo periodo in poi, e comma 2, in presenza del criterio di aggiudicazione del minor prezzo, detta una disciplina del metodo di calcolo della soglia di anomalia delle offerte contrastante con la disciplina di cui all’art. 97, commi 2 e 2-bis, e 2-ter del decreto legislativo n. 50/2016, come modificato dalla legge 147 giugno 2019, n. 55, incidendo su un ambito di competenza esclusiva dello Stato, atteso che il legislatore, ai sensi del citato comma 2-ter ha attribuito espressamente allo Stato – Ministero delle infrastrutture e dei trasporti -, la facolta’ di «procedere con decreto alla rideterminazione delle modalita’ di calcolo per l’individuazione della soglia di anomalia», al fine di non rendere nel tempo predeterminatili dagli offerenti i parametri di riferimento per il calcolo della stessa.
A tal proposito, secondo la giurisprudenza costituzionale consolidata, la disciplina codicistica relativa alle procedure di selezione e ai criteri di aggiudicazione e’ strumentale a garantire la tutela della concorrenza, con la conseguenza che anche le autonomie speciali titolari di competenza legislativa primaria nella materia dei lavori pubblici non possono dettare una disciplina suscettibile di alterare le regole di funzionamento del mercato. Cio’ vale pure per le norme aventi ad oggetto la valutazione delle offerte anomale, anche se relative agli appalti sotto la soglia di rilevanza comunitaria.
Seppure ai sensi dell’art. 14, comma 1, lettera g) dello Statuto speciale di autonomia, la Regione Sicilia gode di competenza legislativa esclusiva in materia di «lavori pubblici, eccettuate le grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente nazionale», detta competenza, tuttavia, deve sempre esercitarsi «nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato».
Come affermato dalla costante giurisprudenza costituzionale in materia di appalti, gli aspetti relativi alle procedure di selezione e ai criteri di aggiudicazione, sono riconducibili nell’ambito della tutela della concorrenza (tra le molte, sentenze n. 45 del 2010; n. 186 del 2010; n. 221 del 2010; n. 320 del 2008; n. 401 del 2007), di esclusiva competenza del legislatore statale che ha titolo a porre in essere una disciplina integrale e dettagliata dei richiamati aspetti, e come tale uniforme su tutto il territorio nazionale senza che il legislatore delle regioni, anche a statuto speciale e delle province autonome, possa prevedere in materia una disciplina difforme da quella statale.
La previsione regionale in parola dunque eccede dalle competenze regionali, risultando invasiva della competenza esclusiva riconosciuta allo Stato dall’art. 117, secondo comma lettera e) della Costituzione in materia di tutela della concorrenza.
La distinzione poi tra appalti sotto soglia e sopra soglia non costituisce utile criterio ai fini dell’identificazione delle norme statali strumentali a garantire la tutela della concorrenza, in quanto tale finalita’ puo’ sussistere in riferimento anche ai contratti riconducibili alla prima di dette categorie e la disciplina stabilita al riguardo dal legislatore statale mira ad assicurare, tra l’altro, «il rispetto dei principi generali di matrice comunitaria stabiliti nel Trattato e, in particolare, il principio di non discriminazione (in questo senso, da ultimo, nella materia in esame, Corte di giustizia 15 maggio 2008, C-147/06 e C-148/06)» (sentenza n. 160 del 2009).
Peraltro, le suddette disposizioni dell’art. 4, commi 1, dal secondo periodo in poi, e comma 2, stabiliscono una disciplina simile a quella dettata all’art. 1 della legge della Regione siciliana 10 luglio 2015, n. 14 (recante modifiche all’art. 19 della legge regionale 12 luglio 2011, n. 12) dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 263 del 2016: con tale ultima sentenza codesta Suprema Corte ha ribadito che la potesta’ legislativa regionale esclusiva in materia di lavori pubblici rimane perimetrata dai limiti derivanti dalle norme di rango costituzionale, dai principi generali dell’ordinamento giuridico statale, dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica e dagli obiettivi internazionali, sicche’ la tutela della concorrenza ex art. 117, comma secondo, lettera e), Cost. rende evidente la natura di parametro interposto delle norme del Codice dei contratti pubblici riempiendo di contenuto i limiti statutari alla potesta’ legislativa regionale in tema di lavori pubblici.
2) L’art. 13 viola il regolamento (CE) n. 1370/2007, art. 8, paragrafo 2, l’art. 117, comma I e II, lettera e) della Costituzione, l’art. 17 dello Statuto regionale.
La disposizione, intitolata «Proroga contratti trasporto pubblico locale», differisce di un triennio la durata delle concessioni dei servizi di trasporto pubblico locale attualmente in essere, trascurando che, per disposizione dell’art. 8, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1370/2007, la data del 3 dicembre 2019 costituira’ il termine di chiusura del periodo transitorio ed il limite ultimo accordato agli Stati membri per conformarsi alle disposizioni dettate dall’art. 5 in materia di gare di appalto, finalizzate all’individuazione dei gestori dei trasporto pubblico locale di passeggeri.
Entro tale data, di conseguenza, l’aggiudicazione dei contratti del trasporto locale dovra’ tassativamente avvenire con l’adozione delle modalita’ richieste dall’art. 5, paragrafo 3, del citato regolamento: «procedura di gara equa, aperta a tutti gli operatori» nel rispetto dei «principi di trasparenza e di non discriminazione».
La proroga per un ulteriore triennio delle concessioni attualmente in esecuzione, disposta d’autorita’ e senza l’attivazione dei prescritti bandi di selezione, ed il conseguente superamento del termine ultimo del 3 dicembre 2019 determinano, pertanto, situazioni di palese contrasto con la vigente disciplina europea.
Un implicito riconoscimento di quanto sin qui affermato arriva, del resto, dallo stesso legislatore siciliano, il quale, in occasione della precedente proroga, disposta ai sensi dell’art. 15 della legge regionale n. 8 del 9 maggio 2017, nel riconoscere l’obbligo di indire specifiche gare di appalto per l’assegnazione di future concessioni, individuava la possibilita’ di un ultimo rinvio, che, comunque, non avrebbe potuto superare il termine perentorio del 3 dicembre 2019, fissato dalle norme europee: «Al fine di completare le attivita’ propedeutiche necessarie per l’indizione dei bandi di gara per l’aggiudicazione dei servizi minimi la scadenza dei relativi contratti e’ prorogata al termine ultimo previsto dall’art. 8, paragrafo 2, del regolamento (CE) 23 ottobre 2007, n. 1370/2007».
A tale riguardo, un’ulteriore proroga non e’ giustificabile nemmeno ai sensi dell’art 5, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1370/2007, secondo il quale: «L’autorita’ competente puo’ prendere provvedimenti di emergenza in caso di interruzione del servizio o di pericolo imminente di interruzione. I provvedimenti di emergenza assumono la forma di un’aggiudicazione diretta di un contratto di servizio pubblico o di una proroga consensuale di un contratto di servizio pubblico oppure di un’imposizione dell’obbligo di fornire determinati servizi pubblici… I contratti di servizio pubblico aggiudicati o prorogati con provvedimento di emergenza o le misure che impongono di stipulare un contratto di questo tipo hanno una durata non superiore a due anni».
La condizione posta dalla norma comunitaria per l’adozione di provvedimenti d’urgenza di tal sorta – da considerarsi comunque del tutto eccezionali – consiste infatti nell’accadimento di un fatto straordinario e non preventivabile, idoneo ad arrecare rilevanti ripercussioni negative sull’efficienza del trasporto pubblico locale, con notevoli danni all’utenza.
Invero, nella fattispecie della legge regionale in esame, non solo non sono ravvisabili situazioni di emergenza che autorizzino la proroga delle attuali concessioni in maniera irrituale, cioe’ senza l’indizione di apposite procedure di gara, ma anche nel caso in cui una situazione di eccezionalita’ dovesse essere individuata, la norma in questione esclude espressamente, in ogni caso, che i contratti cosi’ stipulati possano avere durata superiore a due anni. Per tutte le ragioni sopra esposte, quindi, l’art. 13 della legge in esame confligge con le disposizioni del regolamento (CE) n. 1370/2007, in cio’ violando l’art. 117, comma primo, della Costituzione che impone il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario; inoltre, non contemplando l’indizione di regolari gare d’appalto, si pone in contrasto anche con la disciplina vigente in materia di concorrenza e quindi viola l’art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione.
Al riguardo, su questione analoga si e’ pronunciata la Corte costituzionale con la sentenza n. 2 del 2014: «Ugualmente, con espresso riferimento a possibilita’ di rinnovi o proroghe automatiche di contratti in concessione relativi al trasporto pubblico locale, questa Corte ha reiteratamente affermato che non e’ consentito al legislatore regionale disciplinare il rinnovo o la proroga automatica delle concessioni alla loro scadenza – in contrasto con i principi di temporaneita’ e di apertura alla concorrenza – poiche’, in tal modo, dettando vincoli all’entrata, verrebbe ad alterare il corretto svolgimento della concorrenza nel settore del trasporto pubblico locale, determinando una disparita’ di trattamento tra operatori economici ed invadendo la competenza esclusiva del legislatore statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione. E stata, pertanto, dichiarata l’illegittimita’ costituzionale di disposizioni regionali, le quali prevedevano la possibilita’ di proroghe automatiche dei contratti di trasporto pubblico locale (sentenza n. 123 del 2011), ovvero il mantenimento di affidamenti preesistenti in capo agli stessi concessionari di servizi di trasporto pubblico locale, oltre il termine ultimo previsto dal legislatore statale per il passaggio al nuovo sistema di affidamento di tali servizi tramite procedure concorsuali (sentenza n. 80 del 2011)».
Sul tema, infine, e’ opportuno richiamare l’ulteriore e specifico precedente dell’ordinanza n. 304/2008 della Corte costituzionale, emessa in data 9 luglio 2008 con dichiarazione di cessazione della materia del contendere per il ritiro della norma impugnata.
La vertenza era stata originata dall’impugnazione da parte del Commissario dello Stato per la Regione siciliana dell’art. 31, comma 2, della delibera legislativa approvata dall’Assemblea regionale siciliana il 26 gennaio 2008 (disegno di legge n. 665-721-724), recante «Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2008», che (gia’ nel 2008) disponeva la proroga dei contratti di trasporto passeggeri fino al 3 dicembre 2019 senza alcun «espletamento di procedure di evidenza pubbliche».
Infine, la disposizione regionale eccede anche dalle competenze attribuite alla Regione Sicilia dallo Statuto speciale, ed in particolare dalla competenza concorrente in materia di «trasporti regionali ‘l , attribuita alla regione dall’art. 17, lettera a), dello Statuto.
Ne’ puo’ valere il richiamo della sentenza della Corte di giustizia C-350/2017 del 21 marzo 2019 effettuato dagli organi della Regione Sicilia a sostegno della conformita’ costituzionale dell’art. 13 della legge in esame.
Quanto dedotto dalla regione – secondo cui le disposizioni del regolamento (CE) n. 1370/2007 diverrebbero cogenti solo a partire dalla data del 3 dicembre 2019 – sembra suffragato dal paragrafo 53 della citata pronuncia: «L’art. 5 e l’art. 8, paragrafo 2, del regolamento n. 1370/2007 devono essere interpretati nel senso che l’art. 5 di tale regolamento non e’ applicabile a un procedimento di aggiudicazione svoltosi prima del 3 dicembre 2019, cosicche’ un’autorita’ competente che, mediante una decisione di aggiudicazione conclusiva di una procedura di gara, attribuisca prima di tale data un contratto di concessione di un servizio pubblico di trasporto locale di passeggeri su strada non e’ tenuta a conformarsi a detto art. 5».
Per espresso riconoscimento della Corte di giustizia, quindi, il citato regolamento dovrebbe avere sul punto piena applicazione tra poco piu’ di due mesi. E’, tuttavia, evidente che le affermazioni della Corte si riferiscono a fattispecie nelle quali si sia pervenuti ad una aggiudicazione dei servizi in questione a conclusione «di una procedura di gara».
Ad ogni modo, in attesa che il predetto regolamento spieghi completamente i suoi effetti si dovrebbe continuare a fare riferimento al consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, secondo il quale la materia dell’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale rientra nella sfera di esclusiva competenza statale relativa alla tutela della concorrenza.
A tal riguardo, si ripropone il richiamo alla sopracitata sentenza della Corte costituzionale n. 2 del 2014, nella quale, al punto 2.2, vengono sintetizzate con efficacia le argomentazioni che qui interessano:
«2.2.- La disciplina delle modalita’ dell’affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e’, quindi, da ricondurre alla materia della tutela della concorrenza, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi del comma secondo, lettera e), dell’art. 117 della Costituzione, tenuto conto della sua diretta incidenza sul mercato e “perche’ strettamente funzionale alla gestione unitaria del servizio” (ex plurimis: sentenze n. 46 del 2013; n. 62 e n. 32 del 2012; n. 339, n. 320, n. 187 e n. 128 del 2011; n. 325 del 2010). Lo scrutinio di legittimita’ costituzionale va, pertanto, effettuato con riferimento alla copiosa giurisprudenza relativa a questa materia.
2.2.1.- Anche recentemente questa Corte, con la sentenza n. 173 del 2013 dichiarando l’illegittimita’ costituzionale di una norma della Regione Liguria che prevedeva, in tema di demanio marittimo, una proroga automatica delle concessioni gia’ esistenti senza fissazione di un termine di durata – ha ribadito che «il rinnovo o la proroga automatica delle concessioni viola l’art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario in tema di liberta’ di stabilimento e di tutela della concorrenza, determinando altresi’ una disparita’ di trattamento tra operatori economici, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), dal momento che coloro che in precedenza non gestivano il demanio marittimo non hanno la possibilita’, alla scadenza della concessione, di prendere il posto del vecchio gestore se non nel caso in cui questi non chieda la proroga o la chieda senza un valido programma di investimenti. Al contempo, la disciplina regionale impedisce l’ingresso di altri potenziali operatori economici nel mercato, ponendo barriere all’ingresso, tali da alterare la concorrenza».
Ugualmente, con espresso riferimento a possibilita’ di rinnovi o proroghe automatiche di contratti in concessione relativi al trasporto pubblico locale, questa Corte ha reiteratamente affermato che non e’ consentito al legislatore regionale disciplinare il rinnovo o la proroga automatica delle concessioni alla loro scadenza – in contrasto con i principi di temporaneita’ e di apertura alla concorrenza – poiche’, in tal modo, dettando vincoli all’entrata, verrebbe ad alterare il corretto svolgimento della concorrenza nel settore del trasporto pubblico locale, determinando una disparita’ di trattamento tra operatori economici ed invadendo la competenza esclusiva del legislatore statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione.
E’ stata, pertanto, dichiarata l’illegittimita’ costituzionale di disposizioni regionali, le quali prevedevano la possibilita’ di proroghe automatiche dei contratti di trasporto pubblico locale (sentenza n. 123 del 2011), ovvero il mantenimento di affidamenti preesistenti in capo agli stessi concessionari di servizi di trasporto pubblico locale oltre il termine ultimo previsto dal legislatore statale per il passaggio al nuovo sistema di affidamento di tali servizi tramite procedure concorsuali (sentenza n. 80 del 2011).
2.22.- Di conseguenza, e’ solo con l’affidamento dei servizi pubblici locali mediante procedure concorsuali che si viene ad operare una effettiva apertura di tale settore e a garantire il superamento di assetti monopolistici. In particolare, si e’ piu’ volte sottolineato al riguardo che «la disciplina delle procedure di gara, la regolamentazione della qualificazione e selezione dei concorrenti, delle procedure di affidamento e dei criteri di aggiudicazione mirano a garantire che le medesime si svolgano nel rispetto delle regole concorrenziali e dei principi comunitari della libera circolazione delle merci, della libera prestazione dei servizi, della liberta’ di stabilimento, nonche’ dei principi costituzionali di trasparenza e parita’ di trattamento. La gara pubblica, dunque, costituisce uno strumento indispensabile per tutelare e promuovere la concorrenza (sentenze n. 401 del 2007 e n. 1 del 2008)» (sentenza n. 339 del 2011).
3) L’art. 5 viola l’art. 81, III comma della Costituzione.
Con detta norma il legislatore regionale autorizza il ragioniere generale a praticare finanziamenti in favore delle ritta metropolitane e dei liberi consorzi comunali. Specificamente detto ragioniere e’ autorizzato ad attivarsi per l’attualizzazione dell’importo massimo di 250 milioni di euro attribuiti alla regione dall’art. 1, comma 883, della legge n. 145 del 2018, da destinare ai liberi consorzi e alle citta’ metropolitane per le spese di manutenzione straordinaria di strade e scuole. Inoltre, stabilisce che fino al 20 per cento di tali somme attribuite possa essere utilizzato per il pagamento di rate di mutui gia’ accesi. Infine, prevede che gli oneri derivanti da tale operazione per ciascuno degli esercizi finanziari dal 2021 al 2025 siano coperti a valere sulle somme di cui al citato comma 883, per il rimborso sia della quota capitale che della quota interessi «nell’esercizio finanziario 2021». Al riguardo, nel premettere che non si comprende il riferimento all’esercizio finanziario 2021, si evidenzia che la disposizione in esame contrasta con lo spirito della norma statale, volta, invece, a favorire nuovi investimenti comportando un impatto negativo sul debito e sull’indebitamento netto. Pertanto, si rileva un contrasto con l’art. 81, terzo comma, della Costituzione.
3) L’art. 6 viola l’art. 117, terzo comma della Costituzione.
Con detta norma si intende perseguire la finalita’ di ridurre l’impatto finanziario sul sistema sanitario regionale delle norme di cui all’art. 6 della legge regionale n. 3/2016, che hanno posto a carico del Fondo sanitario gli oneri del mutuo sottoscritto ai sensi dell’art. 22, comma 46, della legge n. 244/2007 tra il Ministero dell’economia e la Regione siciliana, di talche’ la giunta regionale dovrebbe promuovere un piano straordinario di valorizzazione e/o dismissione del patrimonio immobiliare disponibile delle aziende sanitarie, da attuare anche mediante conferimenti a fondi immobiliari esistenti. Prevede, inoltre, che le aziende sanitarie, entro il 31 dicembre 2019, definiscano la ricognizione e la valutazione del patrimonio immobiliare non strettamente destinato alle attivita’ sanitarie, oggetto del predetto piano straordinario.
Si evidenzia preliminarmente che i tavoli tecnici di verifica del Piano di rientro dai deficit sanitari hanno piu’ volte rappresentato che il richiamato art. 6 della legge regionale 17 marzo 2016, n. 3 non e’ coerente con l’accordo per il piano di rientro sottoscritto dal Presidente della Regione Siciliana con il Ministro della salute ed il Ministro dell’economia e delle finanze il 31 luglio 2007. In tali termini l’onere corrente posto in capo al Servizio sanitario regionale per il pagamento della rata del mutuo della Regione Siciliana, al fine di non compromettere la corretta erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA), e’ stato sterilizzato nel periodo 2016-2018, su richiesta dei predetti tavoli tecnici, mediante il conferimento ex ante di una provvista finanziaria corrente di pari importo a valere sulla leva fiscale regionale. In tali termini, sempre ai fini della garanzia dell’erogazione dei LEA, il risultato di gestione corrente e’ stato bilanciato da un’entrata corrente di importo equivalente. Cio’ premesso, la norma in esame ha lo scopo di attenuare l’onere del mutuo posto in capo al risultato di gestione corrente mediante il conferimento di un’eventuale entrata da dismissione immobiliare del patrimonio immobiliare disponibile degli enti del Servizio sanitario regionale siciliano. Peraltro a decorrere dal 1 gennaio 2012 il decreto legislativo n. 118/2011, dispone che le vendite di patrimonio immobiliare delle aziende del SSR non possano essere portate a copertura dei disavanzi di gestione, in quanto le stesse devono essere trattate contabilmente secondo quanto previsto dall’art. 29, comma 1, lettera c), del citato decreto legislativo.
Pertanto, l’art. 6 si pone in contrasto con l’art. 29, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 118/2011, in quanto stabilisce che il provento di tale alienazione immobiliare sia destinato a coprire un onere corrente posto in capo al Servizio sanitario regionale dalla legge n. 3/2016. In tali termini l’art. 6 si pone in contrasto con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
In via ulteriore si rappresenta che i tavoli tecnici hanno piu’ volte richiesto alla Regione Siciliana l’abrogazione dell’art. 6 della legge regionale n. 3/2016, ovvero il conferimento ex ante di una provvista finanziaria corrente tale da bilanciare l’effetto della legge regionale n. 3/2016 e non distogliere le risorse necessarie alla garanzia dei LEA, cosi’ come previste dal fabbisogno sanitario standard. I proventi derivanti da vendite immobiliari non possono essere utilizzati per garantire l’equilibrio corrente in quanto a norma di legge il provento viene obbligatoriamente iscritto in una riserva del patrimonio netto, senza influenzare il risultato economico dell’esercizio.
5) L’art. 12 viola gli articoli 117, II comma lettera e) e 81 III comma della Costituzione.
Con detta disposizione che apportano modifiche all’art. 4 della legge regionale n. 21/2018 concernente «assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2018 e per il triennio 2018-2010», rideterminando l’ulteriore disavanzo al 31 dicembre 2017 ed il relativo ripiano degli esercizi 2018, 2019, 2020 e 2021.
Al riguardo, nel premettere che tale disposizione contrasta con il principio di annualita’ del bilancio, in quanto interviene sull’esercizio finanziario 2018 gia’ chiuso, si rileva quanto segue: il comma 1, lettera a), che ridetermina l’ulteriore disavanzo in euro 2.143.208.802,38, non risulta coerente con il comma 1, lettera b) e lettera c), che disciplina il relativo ripiano nell’ammontare complessivo di euro 2.202.865.575,46;
il comma 1, lettera b), prevede che il disavanzo derivante dalla gestione dell’esercizio 2017 sia recuperato negli esercizi 2018, 2019, 2020 e 2021, in attuazione della delibera della giunta regionale n. 30 del 2019, che modifica il precedente piano di rientro dal disavanzo previsto negli anni 2018, 2019 e 2020. Tale previsione risulta in contrasto con l’art. 42, comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011, in quanto interviene a valere sul bilancio 2021, esercizio non considerato nel bilancio di previsione 2018/2020 approvato con la legge regionale di bilancio 2018;
il comma 1, lett, d), prevede la copertura di oneri mediante l’utilizzo delle maggiori risorse rese disponibili dalla rimodulazione del ripiano del disavanzo di cui alla citata delibera n. 30. Tali risorse di fatto non trovano riscontro nel bilancio in quanto correlate alla previsione di minori quote annuali di disavanzo da recuperare deliberate in contrasto con la disciplina armonizzata di cui al decreto legislativo n. 118 del 2011.
Per quanto rappresentato, l’articolo in esame e’ in contrasto con gli articoli 117, secondo comma, lettera e), e 81, terzo comma, della Costituzione.
6) L’art. 15 viola gli articoli 117, II comma lettera e) e 81, III comma della Costituzione.
Le disposizioni regionali in materia di variazione al bilancio della regione esorbitano dalle competenze statutarie previste dallo Statuto speciale, ponendosi in contrasto con gli articoli 117, II comma, lettera e) e 81, III comma della Costituzione.
E’ evidente la conseguenzialita’ delle previsioni racchiuse nell’art. 15 rispetto alle precedenti disposizioni della stessa legge censurate nel presente ricorso, per cui anche l’art. 15 non puo’ che ritenersi costituzionalmente illegittimo.
Per i cosi’ rassegnati motivi si conclude perche’ siano dichiarati costituzionalmente illegittimi gli articoli 4, commi 1 e 2, 13, 5, 6, 12, 15 della legge regionale siciliana, n. 13 del 19 luglio 2019.
Si produce l’attestazione delle deliberazione del Consiglio dei ministri del 19 settembre 2019.
Roma, 23 settembre 2019
Avvocato dello Stato: Figliolia