Rassegna ANAC su interdittive antimafia e partecipazione agli appalti pubblici
Tra le disclipline rilevanti per la partecipazione agli appalti pubblici rientra anche la c.d. normativa antimafia.
Proprio sulle interferenze tra misure antimafia e disciplina degli appalti pubblici l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha pubblicato una rassegna che fa il punto delle problematiche più ricorrenti.
Di seguito si riporta il testo della Rassegna
Rassegna ragionata degli atti dell’Autorità in tema di riflessi dell’interdittiva antimafia sulla partecipazione alle gare e sull’esecuzione dei contratti pubblici 2015-2019 (a cura di Maria Pia Santoro)
INDICE
1. Introduzione
2. Obblighi dichiarativi di cui all’art. 80, comma 2, d.lgs. 50/2016
3. Affidamento, esecuzione dei contratti pubblici e interdittiva antimafia
3.1. Documenti di gara e stipula del contratto
3.2. Il requisito dell’iscrizione nelle white list
3.3. La sorte dei contratti in corso di esecuzione
4. L’annotazione dell’interdittiva nel casellario informatico
1) INTRODUZIONE
Come è noto, gli operatori economici che intendono concorrere all’affidamento dei contratti pubblici devono possedere non solo le specifiche capacità tecniche-professionali ed economico-finanziarie necessarie per eseguire il contratto e disciplinate dall’art. 83 del d.lgs. 50/2016, ma anche i requisiti di moralità, individuati dall’art. 80 del d.lgs. 50/2016.
Quest’ultima disposizione recepisce nell’ordinamento interno la disciplina eurounitaria in materia di requisiti generali di partecipazione (art. 38 direttiva 2014/23/UE; art. 57 direttiva 2014/24/UE; art. 80 direttiva 2014/25/UE), sostituendo il precedente art. 38 d.lgs. 163/2006. La previsione in esame si applica sia ai contratti di appalto sia a quelli di concessione, stante il richiamo contenuto nell’art. 164, comma 2, d.lgs. 50/2016 a diverse disposizioni della Parte I e della Parte II del d.lgs. 50/2016, tra cui quelle relative ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione; sia ai contratti di importo superiore alle soglie comunitarie sia a quelli di importo inferiore, sia ai contratti nei settori ordinari sia a quelli nei settori speciali, stante l’espresso richiamo al citato art. 80 ad opera dell’art. 133, comma 1, d.lgs. 50/2016.
Tra le novità dell’articolato in esame rispetto al previgente testo dell’art. 38 si segnala la previsione del secondo comma, in virtù del quale la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto previste dall’art. 67 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (c.d. “codice antimafia”), o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’art. 84, comma 4, d.lgs. 159/2011, costituisce motivo ostativo alla partecipazione alle gare e, quindi, all’affidamento di contratti pubblici (art. 80, comma 2, d.lgs.50/2016). Tale disposizione è stata introdotta dal nuovo codice ed ha il pregio di aver raccordato la disciplina del d.lgs. 159/2011 con quella del d.lgs. 50/2016, facendo chiarezza circa il corretto inquadramento degli strumenti di controllo antimafia nell’ambito della contrattualistica pubblica sia in fase di gara sia in fase di esecuzione.
Per meglio comprendere tale aspetto, giova ricordare che la documentazione antimafia è disciplinata dal d.lgs. 159/2011, che ne individua le tipologie, il soggetto competente a rilasciarla, gli effetti giuridici, i soggetti sottoposti a verifica. Più precisamente, tale documentazione è costituita dalla comunicazione antimafia e dall’informazione antimafia: la prima consiste nell’attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di contrarre con la pubblica amministrazione di cui all’art. 67 del medesimo decreto (art. 84, comma 2) (2) ed ha validità di sei mesi dalla data di acquisizione (art. 86, comma 2); la seconda contiene anche l’attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa, tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese “raggiunte” (art. 86, comma 3) ed ha validità di dodici mesi dalla data di acquisizione (art. 86, comma 2). La documentazione antimafia può essere liberatoria, se favorevole all’interessato, o interdittiva, se a lui sfavorevole e si sostanzia in un provvedimento amministrativo avente natura cautelare e preventiva, finalizzato a salvaguardare l’ordine pubblico economico e il corretto confronto concorrenziale, impedendo che imprese interdette possano contrarre con la pubblica amministrazione. Allo stesso tempo, il provvedimento in parola mira a tutelare la legalità, l’imparzialità e buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), evitando che interessi estranei a quest’ultima possano influenzarne le scelte e gli indirizzi (3).
Sotto la vigenza del d.lgs. 163/2006, che non contemplava una disposizione simile a quella sopra richiamata, e dell’art. 91, comma 3, d.lgs. 159/2011, in virtù del quale le stazioni appaltanti richiedono la documentazione antimafia al momento dell’aggiudicazione del contratto ovvero trenta giorni prima della stipula dei subcontratti, era sorto il dubbio circa la valenza da attribuire a tale documentazione liberatoria. Più precisamente, si discuteva se quest’ultima fosse necessaria solo ai fini della stipulazione del contratto o anche ai fini della partecipazione alla gara. La disposizione dell’art. 80, comma 2, d.lgs. 50/2016, segna inequivocabilmente l’adesione del legislatore a quest’ultima opzione4.
Con riferimento alla fase dell’esecuzione, si segnala che secondo l’art. 108, comma 2, d.lgs. 50/2016 le stazioni appaltanti risolvono il contratto qualora, durante il periodo di efficacia dello stesso, sia intervenuto un provvedimento definitivo che disponga l’applicazione di una o più misure di prevenzione di cui al codice delle leggi antimafia e delle relative misure di prevenzione nei confronti dell’appaltatore. La disposizione ha un parallelo nel d.lgs. 159/2011, ove è previsto che di norma, qualora sia accertata la sussistenza della causa ostativa in esame nel corso dell’esecuzione del contratto, le amministrazioni revocano le autorizzazioni, le concessioni e recedono dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione della restante parte del contratto, nei limiti delle utilità conseguite (art. 94, comma 2, d.lgs. 159/2011).
2) OBBLIGHI DICHIARATIVI DI CUI ALL’ART. 80, COMMA 2, D.LGS. 50/2016
I requisiti di partecipazione devono essere posseduti al momento della presentazione dell’offerta e devono persistere per tutta la durata della procedura, fino alla stipula del contratto e alla sua successiva esecuzione5. Conseguentemente, con delibera n. 97 del 7 febbraio 2018, l’Autorità ha sottolineato, in sede di precontenzioso, che sussiste l’obbligo di escludere il concorrente dalla gara, qualora in fase di comprova risulti che quest’ultimo, alla data della presentazione dell’offerta, era privo di un requisito di partecipazione, avendolo acquisito in un momento successivo.
L’assenza dei motivi di esclusione di cui al citato comma 2, come del resto accade per gli altri requisiti di partecipazione indicati nell’art. 80, deve, quindi, essere dichiarata da ciascun concorrente al momento della presentazione della domanda. Al riguardo si ricorda che con Comunicato del Presidente del 26 ottobre 2016, l’Autorità ha inteso fornire al mercato chiarimenti anche in merito alla definizione dell’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 80, comma 2, d.lgs. 50/2016 in quanto tale disposizione, nel testo allora vigente, non individuava i soggetti nei cui confronti operava la causa esclusione in parola. L’Autorità ha ritenuto che in assenza di specifiche indicazioni normative nel codice dei contratti pubblici, il motivo di esclusione di cui al comma 2 dell’art. 80 doveva essere riferito ai medesimi soggetti sottoposti alla verifica antimafia ai sensi dell’art. 85 d.lgs. 159/2011. Con il successivo Comunicato del Presidente del 8.11.2017, l’Autorità è tornata sull’argomento, dando atto delle modifiche apportate dal d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 al citato art. 80, comma 2. Tale disposizione prevede ora che la causa di esclusione ivi contemplata deve essere riferita a tutti i soggetti contemplati dalla medesima norma al successivo comma 36. In questo modo il legislatore ha uniformato l’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 80, commi 1 e 2, d.lgs. 50/2016.
Con atto di segnalazione n. 5 del 12 dicembre 2018, l’ANAC ha sottolineato l’opportunità di valutare anche un allineamento tra il codice dei contratti pubblici e il codice antimafia, laddove nell’individuare l’ambito soggettivo dei rispettivi controlli nei confronti delle società di capitali, il primo fa riferimento alle società fino a tre soci (all’art. 80, comma 3), mentre il secondo fa riferimento alle società fino a quattro soci (art. 85, comma 2, lett. c), considerato che la ratio delle due disposizioni non può che essere la medesima, ovvero estendere i controlli ai soggetti che nell’ambito delle società a capitale sociale ristretto hanno un presumibile e altamente probabile potere di controllo all’interno della società.
Più volte l’Autorità si è occupata dalla correttezza e/o completezza delle dichiarazioni rese dal concorrente, chiarendo, in base ad un’interpretazione sostanzialistica dell’art. 80 d.lgs. 50/2016, che non è richiesta una duplice dichiarazione riferita alla medesima persona fisica, se quest’ultima, nell’ambito della stessa compagine, ricopre più cariche e/o ruoli rilevanti ai sensi dell’art. 80, comma 3, d.lgs. 50/2016. Conseguentemente, con deliberazione n. 99 del 20 febbraio 2018, l’Autorità ha censurato l’operato di una stazione appaltante, che aveva disposto l’esclusione dalla gara di un operatore economico per non aver presentato il DGUE completo della dichiarazione circa l’assenza delle cause di esclusione con riferimento anche al direttore tecnico. Dalla documentazione versata in atti e dalle memorie difensive presentate dalle parti è risultato, infatti, che: a) la stessa persona fisica ricopriva la posizione di legale rappresentante e direttore tecnico; b) era già stata dichiarata l’assenza delle cause di esclusione ex art. 80 con riferimento alla posizione di legale rappresentante.
Con deliberazione n.1127 del 5 dicembre 2018, l’Autorità, in sede di precontenzioso, ha censurato l’operato di una stazione appaltante, che aveva applicato ad un concorrente la sanzione pecuniaria, allora prevista dall’art. 83, comma 9, d.lgs. 50/2016, in relazione alla mancata indicazione nel DGUE dei nominativi dei soggetti tenuti alla dichiarazione circa l’insussistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 80, comma 2, d.lgs. 50/2016. L’Autorità, considerando il tenore letterale dell’art. 80 nonché quanto indicato nel citato comunicato del 26 ottobre 2016, applicabili ratione temporis, ha ritenuto che il concorrente fosse obbligato ad effettuare la dichiarazione circa la sussistenza o meno dei motivi di esclusione di cui all’art. 80, comma 2, d.lgs. 50/2016 con riferimento ai soggetti sottoposti alla verifica antimafia ai sensi dell’art. 85 d.lgs. 159/20117, senza la necessità di specificare il nominativo degli stessi in quanto tale indicazione, per ragioni di celerità e semplificazione procedurale, veniva differita al momento della verifica delle dichiarazioni e, quindi, ad un momento evidentemente successivo alla fase di ammissione. Conseguentemente, l’Autorità ha concluso che l’irregolarità riscontrata dalla stazione appaltante, a fronte dell’inesistenza di un obbligo normativo di indicare il nominativo dei soggetti tenuti alla dichiarazione in parola, non potesse considerarsi essenziale, da ciò derivandone l’illegittimità dell’applicazione della sanzione pecuniaria comminata all’istante ai sensi dell’allora art. 83, comma 9, d.lgs. 50/2016.
3) AFFIDAMENTO, ESECUZIONE DEI CONTRATTI PUBBLICI E INTERDITTIVA ANTIMAFIA
L’introduzione nell’ambito dei requisiti generali dell’assenza della causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 2, d.lgs. 50/2016 rende opportuno sottolinearne gli aspetti che la differenziano dalla causa ostativa di cui all’art. 80, comma 1, d.lgs. 50/2016. Potrebbe sembrare, infatti, che tra le due disposizioni ci sia una sovrapposizione in quanto il citato comma 1 vieta la partecipazione alle gare all’operatore economico che sia stato condannato con sentenza definitiva o decreto penale divenuto irrevocabile o con sentenza di applicazione della pena su richiesta, per i delitti, consumati o tentati, ivi previsti, tra cui figura anche il delitto di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.) e i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis, e quelli posti in essere al fine di agevolare l’attività delle associazioni contemplate dalla medesima norma. In realtà, le disposizioni in parola (art. 80, comma 1 e comma 2), pur apprestando ambedue uno strumento di tutela dell’amministrazione anche nei confronti dei fenomeni mafiosi, hanno presupposti diversi: mentre il primo comma dell’art. 80 richiede che i fatti delittuosi ivi contemplati siano stati accertati dall’autorità giudiziaria con sentenza definitiva o decreto penale divenuto irrevocabile, per il secondo comma è sufficiente una considerazione unitaria degli elementi di fatto che, ‹‹valutati nel loro complesso, possono costituire un’ipotesi ragionevole e probabile di permeabilità della singola impresa ad ingerenze della criminalità organizzata di stampo mafioso sulla base della regola causale del “più probabile che non”, integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali (qual è quello mafioso), e che risente della estraneità al sistema delle informazioni antimafia di qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio››(8).
Il codice dei contratti pubblici si preoccupa di raccordare la normativa antimafia anche con la disciplina della partecipazione in forma aggregata alla gara, regolando nell’ambito dell’art. 48, comma 17 e 18, d.lgs. 50/2016 le sopravvenienze ostative, che colpiscono il mandatario o il mandante. Tali disposizioni non rappresentano una novità in quanto riproducono sostanzialmente il contenuto dell’art. 37, commi 18 e 19, d.lgs. 163/2006. Più precisamente, si osserva che nell’ambito dei raggruppamenti temporanei di imprese l’efficacia preclusiva dell’interdittiva conosce dei temperamenti, in considerazione del fatto che tale provvedimento potrebbe colpire solo uno degli operatori economici riuniti e non l’intero raggruppamento.
La tematica è stata puntualmente affrontata dall’ANAC nel parere AG 68/15/AC del 21 maggio 2015, ove quest’ultima è stata chiamata a valutare se l’interdittiva antimafia imponesse l’adozione di un provvedimento vincolato di annullamento dell’aggiudicazione, in considerazione sia del principio di immodificabilità del raggruppamento sia della lettura combinata dell’art. 95, comma 1, d.lgs. 159/2011 e dell’art. 37, comma 18, d.lgs. 163/2006, applicabile ratione tempors. Nel caso posto all’attenzione dell’Autorità, il provvedimento interdittivo interessava la mandataria di un raggruppamento aggiudicatario di un contratto di appalto. L’Autorità, in quell’occasione, ha evidenziato alcune deroghe poste alla regola generale sancita dall’ art. 94, commi 1 e 2, d.lgs. 159/2011: la prima è quella prevista dall’art. 95, comma 1, d.lgs. 159/2011, in virtù del quale, nel caso in cui l’aggiudicatario sia un raggruppamento e l’informazione antimafia interdittiva riguardi la sola mandante, il contratto può essere stipulato ed eseguito dal citato raggruppamento, purché l’impresa interdetta ne sia estromessa o venga sostituita; la seconda deroga era quella contenuta nell’art. 37, comma 18, d.lgs. 163/2006 (oggi riprodotta nell’art. 48, comma 17, d.lgs. 50/2016), in virtù del quale, se l’interdittiva colpisce l’impresa mandataria nel corso di esecuzione del contratto, la stazione appaltante può, in alternativa all’esercizio della facoltà di recesso, proseguire «il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire». La previsione contenuta al citato comma 18 (come quella contenuta al comma 19 relativa alla mandante), secondo l’Autorità, non era suscettibile di applicazione analogica, disciplinando casi tassativi di possibile sostituzione dell’impresa mandataria (o mandante) all’interno del raggruppamento che costituiscono un’eccezione alla regola generale di immodificabilità del raggruppamento9. In considerazione del dettato normativo appena ricordato, nel citato parere l’Autorità ha concluso che, ferme restando le predette deroghe nei confronti della mandante con riferimento alla fase antecedente la stipula del contratto e con riferimento alla fase di esecuzione del contratto nei confronti della mandante/mandataria, permangono le regole generali stabilite all’art. 94, commi 1 e 2, d.lgs. 159/2011, con la conseguenza che, nel caso sottoposto all’Autorità, il provvedimento interdittivo, adottato dal Prefetto e riguardante la mandataria del raggruppamento aggiudicatario, doveva indurre la stazione appaltante a revocare l’aggiudicazione definitiva, trattandosi di fase di gara antecedente la stipula del contratto ed essendo la destinataria del provvedimento interdittivo la società mandataria.
Con delibera del 23 marzo 2016 n. 334, l’Autorità ha ritenuto ammissibile in fase di esecuzione il subentro di una delle mandanti, in possesso dei necessari requisiti di qualificazione, nel ruolo di mandataria in conseguenza della fuoriuscita della mandataria originaria. Nel motivare la propria decisione, l’ANAC ha ricordato che secondo la giurisprudenza amministrativa le disposizioni dell’art. 37, commi 18 e 19, d.lgs. 163/2006, applicabili ratione temporis, configurano ipotesi eccezionali, riferite a situazioni indipendenti dalla volontà del soggetto partecipante alla gara e trovano giustificazione nell’interesse della stazione appaltante alla continuazione della gara o dell’appalto già affidato (Cons. Stato Sez. V, 2 marzo 2015, n. 986). Ciò significa che il principio generale dell’immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare – secondo cui l’aggiudicazione di contratto pubblico disposta in favore di un costituendo o costituito raggruppamento temporaneo di imprese si intende effettuata in favore del medesimo raggruppamento così come risultante dall’impegno presentato in sede di offerta – viene armonizzato con l’esigenza di garantire chi partecipa in formazione soggettivamente complessa contro gli eventi (fallimento o, se imprenditore individuale, morte, interdizione, inabilitazione, ovvero anche nei casi previsti dalla normativa antimafia), che possono colpire soltanto alcuni dei componenti del raggruppamento, minimizzando i rischi di perdita della commessa pubblica aggiudicata. La delibera in esame ha sottolineato anche che la giurisprudenza amministrativa ha accolto le indicazioni fornite dall’Autorità con determinazione del 6 novembre 2013, n. 5, con le quali ha ribadito di ritenere «ammissibile il mutamento soggettivo in senso riduttivo del raggruppamento, con assunzione del servizio in capo al/ai rimanenti componenti dello stesso, previa verifica che tale operazione non sia stata effettuata per eludere la disciplina di gara […] e che l’esecutore sia singolarmente in possesso dei requisiti indicati nella lex specialis per l’esecuzione della prestazione», ed ha sottolineato che «la prosecuzione del rapporto in diversa composizione e il conferimento di un nuovo mandato ad uno delle componenti del raggruppamento superstite rientra nella discrezionalità della stazione appaltante (Cons. Stato sez. V 9 aprile 2015, n. 1800)». Più recentemente, l’Autorità è stata interpellata da una stazione appaltante circa le determinazioni da adottare nel caso in cui una società mandante di un raggruppamento, composto da tre membri, sia stata prima colpita da interdittiva prefettizia, e poi, sempre nel corso della medesima gara abbia ottenuto la revoca di tale provvedimento. Nella specie, la mandataria, avuta notizia dell’interdittiva antimafia, emessa nei riguardi di una delle mandanti, comunicava a quest’ultima di ritenere risolto il contratto, avente ad oggetto la costituzione del raggruppamento, e informava la stazione appaltante che l’altra mandante sarebbe subentrata nelle quote di attività indicate nella domanda di partecipazione in capo alla mandante intedetta. Quest’ultima, una volta ottenuta la revoca dell’interdittiva, chiedeva, però, di essere riammessa alla gara. Con delibera del 27 luglio 2017 n. 831, l’Autorità ha ritenuto che la stazione appaltante non avesse ‹‹la facoltà di disporre la riammissione di una società alla gara in qualità di mandante di un RTI poiché da quest’ultimo definitivamente estromessa nonostante l’intervenuta revoca della misura interdittiva antimafia (parere n. 831 del 27 luglio 2017)». Argomenta l’Autorità che ‹‹il contratto con cui viene costituito un RTI è un accordo negoziale di natura privatistica in base al quale più parti effettuano il conferimento di un mandato collettivo irrevocabile ad un soggetto terzo, prescelto come capogruppo, che dovrà agire in nome dei mandanti per effettuare un’offerta congiunta e che dunque la Stazione appaltante non potrebbe comunque imporre alla mandataria del RTI di reintegrare la mandante legittimamente estromessa indipendentemente dal suo consenso (……) la società non partecipa come concorrente singola ma in qualità di mandante di un RTI costituendo e che pertanto anche nel caso in cui fosse riammessa non potrebbe comunque partecipare alla gara stante l’ormai intervenuta risoluzione del contratto di RTI e la dichiarata mancanza di interesse da parte del RTI alla sua reintegrazione….››.
3.1.) DOCUMENTI DI GARA E STIPULA DEL CONTRATTO
Nella Nota illustrativa che accompagna il Bando-tipo n. 1, approvato con delibera n. 1228 del 22 novembre 2017, l’Autorità ha dato atto di aver ivi inserito una serie di previsioni funzionali ad aumentare il livello di trasparenza delle procedure e a prevenire fenomeni di illegalità e corruzione negli appalti pubblici, tenendo conto sia delle novelle legislative sul punto sia delle migliori pratiche amministrative osservate. In questo senso, sono contemplati, unitamente ai controlli antimafia prima della stipula del contratto, i protocolli di legalità, le misure di incompatibilità per i dipendenti dopo la cessazione del rapporto di pubblico impiego e l’utilizzo delle white list. Più precisamente – per quanto qui rileva – il Bando-tipo prevede la possibilità di integrare i protocolli di legalità mediante apposita dichiarazione di accettazione, ove questi siano vigenti per il settore o per il territorio, e chiarisce che la mancata accettazione delle clausole contenute negli stessi costituisce causa di esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 1, comma 17, della l. 6 novembre 2012, n. 190. A tal riguardo, l’Autorità ha ritenuto opportuno precisare che per i protocolli di “nuova generazione” è prevista la possibilità di introdurre la clausola risolutiva espressa di cui all’art. 1456 del c.c., connessa ad alcune tipologie di reati, secondo lo schema-tipo di cui all’allegato C delle “Prime linee guida per l’avvio di un circuito collaborativo tra ANAC-Prefetture-
UTG ed enti locali per la prevenzione dei fenomeni di corruzione e l’attuazione della trasparenza amministrativa” (10) Nel Bando tipo, inoltre, l’ANAC ha subordinato la stipula del contratto al positivo esito delle procedure previste dalla normativa vigente in materia di lotta alla mafia e al controllo del possesso dei requisiti prescritti, fatto salvo quanto previsto dall’art. 88 comma 4-bis e 89 e dall’art. 92, comma 3, d.lgs. 159/2011. Al riguardo, è opportuno anche ricordare il parere di precontenzioso, adottato con delibera del 28 marzo 2018 n. 329, grazie al quale l’Autorità ha chiarito che, in base all’art. 88 d.l.gs. 159/2011, il Prefetto rilascia la comunicazione antimafia entro trenta giorni e che decorso tale termine è possibile procedere alla stipula del contratto anche in assenza della comunicazione, previa acquisizione dell’autocertificazione da parte dell’aggiudicatario, prevedendo nel contratto apposita condizione risolutiva nel caso in cui dovesse emergere una comunicazione interdittiva a carico di quest’ultimo.
3.2.) IL REQUISITO DELL’ISCRIZIONE NELLE WHITE LIST
Il comma 52, art. 1, l. 6 novembre 2012, n. 190 ha previsto l’istituzione presso le Prefetture di un elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori pubblici non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei settori maggiormente esposti a rischio di infiltrazione mafiosa, espressamente indicati nel successivo comma 53, vale a dire: trasporto di materiali a discarica per conto di terzi; trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti per conto di terzi; estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti; confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume; noli a freddo di macchinari; fornitura di ferro lavorato; noli a caldo; autotrasporti per conto di terzi; guardiania dei cantieri. La disposizione in parola non prevedeva però alcun obbligo di utilizzare i predetti elenchi ai fini delle verifiche antimafia, necessarie per l’affidamento delle attività sopra indicate, conseguentemente, il d.p.c.m. 18 aprile 2013, all’art. 2, comma 2 ha riconosciuto carattere volontario all’iscrizione de qua, in considerazione dell’originaria formulazione del citato comma 52 (11).
Successivamente, la predetta norma è stata modificata dall’art. 29, comma 1, d.l. 90/2014, convertito dalla l. 114/2014, il quale dispone che per le attività imprenditoriali di cui al comma 53 la comunicazione e l’informazione antimafia liberatoria, da ottenere indipendentemente dalle soglie stabilite dal d.lgs.159/2011, è obbligatoriamente acquisita attraverso la consultazione, anche in via telematica, di apposito elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori. L’iscrizione nell’elenco tiene luogo della comunicazione e dell’informazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per le quali essa è stata disposta. La Prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell’impresa dall’elenco.
Con atto di segnalazione del 21 gennaio 2015 n. 1, l’Autorità, tenuto conto della predetta modifica normativa, ha evidenziato che è esplicitamente sancito l’obbligo per le stazioni appaltanti di consultare gli elenchi in esame, ma non quello degli operatori economici, che svolgono attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa, di iscriversi nei citati elenchi. Tale obbligo, tuttavia, è ricavabile in via interpretativa dal comma 2, dell’art. 29, d.l. 90/2014 che, introducendo un regime transitorio alla disciplina delle verifiche tramite elenco, lascia presupporre l’obbligo di iscrizione nelle white list, nella misura in cui la citata iscrizione risulta essere, di fatto, una condizione per ricevere l’affidamento dei relativi contratti. Con il medesimo atto l’Autorità, tenuto conto della ratio legis che ha ispirato la novella normativa sopra brevemente descritta, e della necessità di rendere il sistema delle verifiche antimafia coerente, ha segnalato che sarebbe stato opportuno modificare il d.p.c.m. 18 aprile 2013, nel senso di prevedere espressamente l’obbligatorietà dell’iscrizione negli elenchi di che trattasi, salva ogni altra modifica dello stesso comma 52.
Coerentemente con tale indirizzo interpretativo, nella Nota illustrativa che accompagna il Bando-tipo n. 1, approvato con delibera n. 1228 del 22 novembre 2017, l’Autorità ha chiarito che, nell’ipotesi di servizi o forniture rientranti in una delle attività a maggior rischio di infiltrazione mafiosa di cui al citato comma 53, è stata prevista la necessità di richiedere, a pena di esclusione dalla gara, l’iscrizione del concorrente nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (c.d. white list) istituito presso la Prefettura della provincia in cui l’operatore economico ha la propria sede, oppure, in ossequio a quanto previsto nella circolare del Ministero dell’Interno del 23 marzo 2016, l’intervenuta presentazione della domanda di iscrizione (12).
L’Autorità è tornata sul punto nel parere di precontenzioso di cui alla delibera del 12 dicembre 2017 n. 1297, con cui si è pronunciata sull’illegittimità dell’esclusione di un concorrente, che, pur avendo
dichiarato di aver presentato regolare domanda di iscrizione nella white list della Prefettura di appartenenza, era stato escluso dalla gara in quanto quest’ultima era ancora in istruttoria e, quindi, l’operatore economico non risultava iscritto nella white list, come invece richiesto dal disciplinare di gara. Nel caso di specie, secondo l’ANAC, l’interpretazione cui si è attenuta la stazione appaltante non è corretta in quanto non sembra aver tenuto conto delle espresse indicazioni fornite dal Ministero dell’Interno con la circolare prot. n. 25954 del 23 marzo 2016, richiamata dall’istante, proprio al fine di chiarire le procedure da seguire, qualora l’impresa non risulti ancora iscritta alla white list. L’ANAC ha, infatti, sottolineato che, secondo la circolare in questione, la Prefettura, anche per le domande presentate prima del 7 gennaio 2016 e ancora in attesa di iscrizione, effettua l’inserimento dei dati nella banca dati nazionale unica della documentazione antimafia. L’impresa, che, pur avendo presentato domanda di iscrizione nella white list, non risulta ancora iscritta, se è interessata a partecipare ad una gara per l’affidamento di un contratto pubblico, non può essere pregiudicata dalla mancata conclusione della relativa procedura di iscrizione, per causa ad essa non imputabile. ‹‹Pertanto la S.A., dopo aver accertato che l’impresa abbia assolto l’onere di richiedere l’iscrizione, potrà dare avvio all’iter contrattuale››.
Allo stesso modo nei pareri di precontenzioso di cui alle delibere del 14 novembre 2018 n. 1071 e n. 1072, l’ANAC ha ribadito che, ai sensi dell’art. 1, comma 52, della legge 190/2012 e secondo quanto indicato dalla circolare del Ministero dell’Interno prot. 25954 del 23 marzo 2016 e dal dpcm 18 aprile 2013, come aggiornato dal dpcm 24 novembre 2016, l’iscrizione alla white list è un requisito obbligatorio per la partecipazione alle gare e l’affidamento di appalti pubblici nei settori individuati come a maggior rischio di infiltrazione mafiosa, conseguentemente, ai fini della partecipazione a procedure ad evidenza pubblica è necessario o essere iscritti alla white list oppure aver presentato domanda di iscrizione al predetto elenco.
Con delibera n. 48 del 29 maggio 2019, emessa in sede di precontenzioso, l’Autorità ha rimarcato che l’iscrizione nelle white list rientra tra i requisiti soggettivi e la sua carenza determina l’incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione. Con ulteriore delibera n. 763 del 4 settembre 2019, emessa in sede di precontenzioso, l’Autorità ha chiarito che la mancata allegazione, in sede di presentazione dell’offerta, dell’iscrizione nelle white list, richiesta dal bando di gara e, comunque, debitamente menzionata nel DGUE firmato digitalmente, non determina l’esclusione automatica del concorrente. L’ANAC, in virtù del principio di analogia, ha ritenuto di poter trattare tale “mancanza” alla stregua di quanto previsto dal Consiglio di Stato in merito alla mancata allegazione della certificazione di qualità aziendale da parte di un concorrente. Più precisamente, secondo l’Alto Consesso, «Trattandosi di mera “documentazione” del possesso di un requisito, di per sé non idonea ad alterare, in senso anticoncorrenziale, il contenuto delle offerte, l’art. 46, comma 1 d.lgs. cit. impone all’amministrazione (in applicazione del canone della doverosità del soccorso istruttorio) l’obbligo di invitare il concorrente che ne abbia omesso l’allegazione (o ne abbia fornito insufficiente attestazione) alla relativa integrazione o, eventualmente, alla presentazione di chiarimenti: il che obbedisce (nella prospettiva generale della integrabilità delle dichiarazioni meramente formali: cfr. art. 6, comma 1, lett. b) l. n. 241/1990) all’esigenza di assicurare la massima partecipazione alle gare d’appalto, evitando che queste ultime possano essere alterate, pregiudicate o condizionate da carenze di ordine meramente formale, suscettibili di regolarizzazione.
Ne discende che la clausola della lex specialis intesa alla comminatoria di esclusione, laddove non accompagnata dalla facoltà di integrazione, regolarizzazione e chiarimento, risulti, per un verso sproporzionata e, per altro verso, contraria al principio di tassatività delle clausole espulsive, codificato
all’art. 46, comma 1 bis d.lgs. cit.: onde bisognerebbe predicarne la nullità, sia pure in parte qua (Cons. di Stao, sez. V, n. 5425/2018)». Conseguentemente, nel caso di specie l’Autorità, considerata anche superata la distinzione tra regolarizzazione (ammessa) e integrazione (non ammessa) documentale, ha ritenuto non conforme alle disposizioni di legge l’esclusione immediata del concorrente senza la preventiva attivazione del soccorso istruttorio ai sensi dell’art. 83, comma 9, d.lgs. 50/2016.
3.3.) LA SORTE DEI CONTRATTI IN CORSO DI ESECUZIONE
L’avvenuta interdizione determina un’incapacità giuridica ex lege ad essere titolare di rapporti giuridici con la pubblica amministrazione. Il legislatore, infatti, vieta alle amministrazioni di stipulare, approvare o autorizzare contratti o subcontratti, autorizzare, rilasciare o, comunque, consentire concessioni ed erogazioni di denaro a favore di operatori economici, nei confronti dei quali sussista una causa di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’art. 67 o un tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui all’art. 84, comma 4, ed all’art. 91, comma 6, d.lgs. 159/2011 (art. 94, d.lgs. 159/2011). E’ implicito in tutti i casi appena menzionati un giudizio di riprovevolezza ed inaffidabilità nei confronti dell’operatore economico che, pur se dotato di adeguati mezzi economici e di un’idonea organizzazione, non merita l’affidamento dell’amministrazione e, pertanto, non può essere titolare di rapporti contrattuali con quest’ultima o destinatario di titoli abilitativi dalla stessa rilasciati o di “contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate” (art. 67, d.lgs. 159/2011).
Come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa, l’incapacità in parola ha natura parziale in quanto limitata ai rapporti giuridici con la pubblica amministrazione e temporanea in quanto può cessare o per effetto dell’annullamento (amministrativo o giudiziario del provvedimento de quo)13 o per effetto di un successivo provvedimento del Prefetto, che attesta il venir meno delle condizioni ostative precedentemente riscontate14. Il Consiglio di Stato, in relazione al riconosciuto carattere “parziale” dell’incapacità, ha precisato che l’art. 67 d.lgs. n. 159/2011 definisce le tipologie di rapporti giuridici in ordine ai quali il soggetto, raggiunto dall’interdittiva, non può acquistare o perde la titolarità di posizioni giuridiche soggettive e, dunque, l’esercizio delle facoltà e dei poteri ad esse connessi. Tale previsione è stata interpretata dalla giurisprudenza nel senso di precludere all’imprenditore (persona fisica o giuridica) la titolarità della posizione soggettiva, che lo renderebbe idoneo a ricevere somme dovutegli dalla pubblica amministrazione, anche a titolo risarcitorio in relazione ad una vicenda sorta dall’affidamento (o dal mancato affidamento) di un appalto (Cons. Stato, Ad. plen. 3/2018). Secondo l’Alto Consesso l’espressione usata dal legislatore nell’articolo da ultimo citato e concernente il divieto di ottenere (o meglio, l’incapacità a poter ottenere), “contributi, finanziamenti e mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità Europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali”, ricomprende anche l’incapacità di percepire somme dovute a titolo di risarcimento del danno patito in connessione all’attività di impresa. In considerazione delle disposizioni normative sopra ricordate, l’ANAC, nel parere AG 68/15/AC del 21 maggio 2015, ha affermato che, in presenza di un’informazione antimafia interdittiva, le stazioni appaltanti devono di norma procedere alla revoca dell’aggiudicazione o, se la stipula del contratto è già intervenuta, alla sua risoluzione in virtù di quanto previsto all’art. 94, commi 1 e 2, d.lgs. 159/2011. Tale regola generale conosce, tuttavia, alcune eccezioni.
La prima è prevista dallo stesso codice antimafia e segnatamente dall’art. 94, comma 3, in virtù del quale le stazioni appaltanti non procedono alla revoca o al recesso dal contratto nel caso in cui l’opera sia in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell’interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi. La norma è ispirata all’esigenza di realizzare un bilanciamento tra contrapposti interessi in quanto, da un lato, la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica imporrebbero la cessazione di qualsiasi rapporto contrattuale con un operatore economico colpito da interdittiva, ma, dall’altro lato, la tutela dell’interesse pubblico all’esatto adempimento del contratto nei modi e nei termini originariamente previsti, ne giustifica la sua prosecuzione nel rigoroso rispetto dei limiti posti dal legislatore.
La seconda eccezione è prevista dall’art. 80, comma 2, d.lgs. 50/2016, che dopo la novella introdotta dal d.l. 18 aprile 2019 n. 32, convertito in legge 14 giugno 2019 n. 55, fa salvo quanto previsto dall’art. 34-bis, commi 6 e 7, d.lgs. 159/2011, ciò significa che gli effetti dell’interdittiva sono sospesi nei confronti dell’impresa che abbia di propria iniziativa richiesto e poi ottenuto la misura del controllo giudiziario.
La terza eccezione è prevista dalla disposizione dell’art. 32, comma 10, d.l. 90/2014, che consente all’impresa interdetta la prosecuzione del contratto sotto la direzione di appositi amministratori straordinari nominati dal Prefetto. Più precisamente, nell’ipotesi in cui sia stata emessa dal Prefetto un’informazione antimafia interdittiva e sussista l’urgente necessità di assicurare il completamento dell’esecuzione del contratto ovvero la sua prosecuzione, al fine di garantire la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali, nonché per la salvaguardia dei livelli occupazionali o dell’integrità dei bilanci pubblici, il Prefetto competente può disporre nei confronti dell’impresa interdetta le misure straordinarie previste dall’art. 32, d.l. 90/2014. Come precisato dall’ANAC nelle Seconde linee guida per l’applicazione delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell’ambito della prevenzione anticorruzione e antimafia del 27 ottobre 2015 (15), ‹‹la previsione in esame risulta preordinata al perseguimento di ben individuati interessi pubblici, che non si identificano nella mera ultimazione della prestazione oggetto dell’affidamento, esigenza quest’ultima, già considerata, dall’art. 94, comma 3, d.lgs. n. 159/2011, sia pure con riferimento ad alcune particolari situazioni. Il citato comma 10 configura, infatti, il completamento dell’esecuzione contrattuale o la sua prosecuzione come un mezzo per soddisfare interessi pubblici di rango più elevato, tassativamente elencati dalla norma››, e cioè: la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali; la salvaguardia dei livelli occupazionali; l’integrità dei bilanci pubblici. Ne consegue, secondo l’Autorità, che ‹‹esula dalle finalità perseguite dalle misure ex art. 32, comma 10, del d.l. n. 90/2014 il mero interesse dell’impresa interdetta a non subire l’interruzione del contratto con le conseguenti ricadute sul piano economico, ma anche del venir meno di un requisito per una futura, successiva qualificazione››. Il legislatore, infatti, vuole garantire attraverso una conformazione della libertà d’impresa la realizzazione di interessi pubblici superiori, che vengono messi in pericolo da situazioni di contiguità o di agevolazione mafiosa, ascrivibili a responsabilità dell’impresa e dei soggetti capaci di determinarne l’andamento. Ne è conferma, peraltro, la circostanza che si tratta di presidi a garanzia di uno specifico “contratto” (quello in relazione al quale vengono in evidenza le esigenze individuate dall’art. 32) e non della totalità delle commesse pubbliche, che costituiscono il portafoglio dell’impresa all’atto dell’adozione della misura.
Il legislatore precisa nel corpo dell’art. 32, comma 10, d.l. 90/2014 che il Prefetto competente può ricorrere alle misure ivi previste ‹‹ancorché ricorrano i presupposti di cui all’articolo 94, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159››. Al fine di evitare incertezze interpretative e chiarire il rapporto tra le due disposizioni in esame (art. 94, comma 3, d.lgs. 159/2011 e art. 32, comma 10, d.l. 90/2014) a seguito dell’entrata in vigore del d.l. 32/2014, è stato inserito, nell’ambito dell’art. 92 d.lgs. 159/2011, il comma 2 bis, in virtù del quale il Prefetto adotta l’informazione antimafia interdittiva e verifica altresì la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle misure di cui al citato articolo 32, comma 10. Ciò significa che la previsione di cui all’art. 94, comma 3, ha oggi carattere residuale e, pertanto, le stazioni appaltanti possono esercitare la facoltà ivi prevista solo nell’ipotesi in cui il Prefetto ritenga che nel caso di specie non ricorrano i presupposti per l’adozione delle misure straordinarie.
4) L’ANNOTAZIONE DELL’INTERDITTIVA NEL CASELLARIO INFORMATICO
Con Comunicato del Presidente del 27 maggio 2015, l’ANAC ha chiarito che sussiste la necessità di assicurare la più ampia pubblicità dell’informazione antimafia interdittiva, attraverso l’iscrizione della relativa annotazione nel casellario informatico di cui all’art. 213, comma 10, d.lgs. 50/2016. Allo stesso modo, secondo l’Autorità, è necessario che integri detta annotazione con la notizia della eventuale adozione del provvedimento prefettizio che dispone ex art. 32 d.l. 90/2014 la misura della straordinaria e temporanea gestione nei confronti dell’operatore economico già interdetto. In tal modo, infatti, si consente di dare maggiore diffusione a quest’ultimo provvedimento, pubblicato sul sito web della Prefettura e dell’ANAC, assicurando la sua conoscibilità ai soggetti maggiormente interessati, vale a dire alle amministrazioni aggiudicatrici.
Con tale Comunicato, l’ANAC ha sottolineato che l’adozione dell’interdittiva rappresenta una misura anticipata a protezione degli appalti pubblici e, più in generale, dell’attività della pubblica amministrazione, al fine di prevenire ogni possibile inquinamento da parte di organizzazioni mafiose. In tale ottica l’art. 91, comma, 7-bis, d.lgs. 159/2011 prevede che l’interdittiva sia comunicata all’osservatorio dei contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture, ai fini dell’inserimento nel casellario informatico e nella banca dati nazionale dei contratti pubblici, di cui all’art. 62-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 8216. Come sottolineato nel Comunicato, l’annotazione sul casellario informatico ha la funzione di pubblicità notizia, essendo diretta ad informare tutte le amministrazioni aggiudicatrici circa l’esistenza di una causa, allo stesso tempo, ostativa alla partecipazione alle procedure di gara e risolutiva dei contratti già in essere.
Elenco degli atti citati:
1) Delibera n.763, 4.9.2019
2) Delibera n. 555, 12.6.2019
3) Delibera n. 487, 29.5.2019
4) Delibera n. 1127, 5.12.2018
5) Delibera n. 1072, 14.11.2018
6) Delibera n. 1071, 14.11. 2018
7) Delibera n. 9, 20.2.2018
8) Delibera n. 329, 28.3.2018
9) Delibera n. 97, 7.2. 2018
10) Atto di segnalazione n. 5, 12.12.2018
11) Delibera n. 1297, 12.12.2017
12) Delibera n. 1228, 22.11.2017
13) Delibera n. 83, 27.7.2017
14) Delibera n. 321, 29.3.2017
16 Per un approfondimento si rinvia a: ANAC, Relazione annuale 2018, presentata il 6 giugno 2019 alla Camera dei deputati, www.anticorruzione.it, p. 247 ss; ANAC, Le imprese destinatarie di interdittive antimafia (2014-2018), www.anticorruzione.it.
18
15) Comunicato Presidente ANAC 8.11.2017
16) Comunicato Presidente ANAC 26.10.2016
17) AG 68/15/AC 21.10.2015
18) AG 58/15/AP 22.7.2015
19) Atto di segnalazione n. 1, 21.1.2015
20) Parere di precontenzioso n. 52, del 22.5.2015
21) Prime linee guida per l’avvio di un circuito collaborativo tra ANAC-Prefetture-UTG ed enti locali per la prevenzione dei fenomeni di corruzione e l’attuazione della trasparenza amministrativa, 15 luglio 2014
22) Seconde linee guida per l’applicazione delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell’ambito della prevenzione anticorruzione e antimafia, 27 ottobre 2015