Protagonista della vicenda in commento è una nota società di telecomunicazioni, che installa e gestisce infrastrutture quali, in particolare, cavi interrati in fibra ottica.
Nel caso di specie, seguito dallo Studio Giurdanella, la S.P.A ha adito il T.A.R Catania per contestare l’applicazione di un canone di concessione comunale non ricognitorio previsto dall’art. 27 (commi 5, 7 e 8) del d.lgs n. 285/92 del Codice della Strada per le occupazioni del patrimonio stradale, impugnando in particolare l’avviso di accertamento.
La disciplina del predetto canone può essere riassunta come segue:
– la sua determinazione è rimessa all’Ente proprietario della strada nel caso in cui:
1) l’occupazione del suolo serva allo svolgimento di un’attività di impresa e;
2) la stessa abbia come aspetto principale della propria attività quello connesso al bene dato in concessione,
– può essere imposto in aggiunta al TOSAP (Tassa di occupazione del suolo pubblico – così come da circolare n. 1 DF del 20 gennaio 2009 del Ministero dell’Economia.
Tuttavia, se è pacifico che la disciplina regolamentare del canone debba passare al vaglio del giudice amministrativo, qualche dubbio, nel susseguirsi degli anni fino ad oggi, è rimasto sull’avviso di accertamento ed in particolare sulla sua natura giuridica.
A far chiarezza sul punto contribuisce la recente sentenza n. 2139/2020 del T.A.R Catania, secondo cui, aderendo alla tesi avanzata dallo studio, l’avviso di accertamento <<non sottende l’esercizio di un potere autoritativo speso dall’amministrazione con l’adozione del regolamento, ma di un potere paritetico sottratto dunque alla cognizione del giudice ordinario>>.
In altri termini, la giurisdizione spetta al giudice ordinario e non a quello amministrativo perché si è in presenza di un atto contenente una mera pretesa patrimoniale della Pubblica Amministrazione, privo di qualsiasi valenza provvedimentale, più assimilabile ad un accertamento in concreto dei relativi presupposti e i conseguenti atti impositivi.
A fondamento di tale statuizione c’è la considerazione per cui gli avvisi di pagamento si limitino a quantificare il debito sulla base dei criteri predeterminati e vincolanti fissati già dal regolamento, atteggiandosi a mere operazioni di computo del canone sulla base delle tariffe e dei metri lineari di occupazioni del sedime stradale, il tutto in coerenza sistematica con quanto disposto dall’art. 113 lett. b) c.p.a che esclude dalla giurisdizione esclusiva amministrativa in tema di beni pubblici, le controversie relative alle indennità, canoni e altri corrispettivi.
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Per comodità, si riporta di seguito lo stralcio della sentenza in commento.
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In ordine all’avviso di accertamento n. 18854 del 17 maggio 2018, invece, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, come già osservato in sede cautelare dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana con ordinanza n. 75/2019 in data 8 febbraio 2019.
Ciò sulla scorta della consolidata giurisprudenza (cfr., da ultimo, T.A.R. Sicilia, Palermo, III, 6 aprile 2020, n. 691) secondo cui la cognizione circa l’illegittimità dell’avviso di pagamento avente a oggetto le somme dovute a titolo di canone concessorio patrimoniale non ricognitorio, di cui all’art. 27 del decreto legislativo n. 285/1992, spetta al giudice ordinario e non a quello amministrativo, in quanto si tratta di un atto contenente una mera pretesa patrimoniale della Pubblica Amministrazione, privo di qualsiasi valenza provvedimentale.
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