Atti amministrativi presupposti e invalidità derivata: i chiarimenti

Il Consiglio di Stato (sentenza Consiglio di Stato, sez. III, 10 novembre 2020 n. 6922), chiarisce il concetto di atto e provvedimento amministrativo presupposto e il funzionamento dell’invalidità derivata

I giudici di Palazzo Spada pongono nella sentenza in commento i principi base in materia illegittimità derivata di un atto amministrativo in presenza di un rapporto di presupposizione, per cui l’annullamento dell’atto presupposto determina l’illegittimità di quello conseguente (cd. invalidità derivata): l’annullamento del provvedimento presupposto si ripercuote su quello presupponente, che è travolto e caducato, venendo meno la situazione giuridica che costituisce la condizione unica e necessaria per la sua legittima esistenza.

Pertanto è essenziale nel funzionamento dell’invalidità derivata il concetto di presupposizione o di atto presupposto: secondo la giurisprudenza citata dalla sentenza, essa corrisponde all’esistenza di un collegamento fra più atti, di un unico procedimento o anche atti autonomi, collegamento così stretto nel contenuto e negli effetti da far ritenere che l’atto successivo sia emanazione diretta e necessaria di quello precedente, così che il primo è in concreto tanto condizionato dal secondo nella statuizione e nelle conseguenze da non potersene discostare.

A questo proposito la sentenza riprende la ricostruzione dottrinale per cui tale rapporto di presupposizione postula, a propria volta, un aspetto strutturale ed uno funzionale.

Sotto l’aspetto strutturale, gli atti sono in una relazione di successione giuridica e cronologica, o di necessario concatenamento: l’atto presupposto non soltanto precede e prepara quello presupponente, ma ne è il sostegno esclusivo, tale che l’esistenza e la validità di quello presupposto sono condizioni indispensabili affinché l’altro possa legittimamente esistere e produrre la propria efficacia giuridica.

Sotto l’aspetto funzionale, i diversi atti risultano preordinati alla realizzazione di un unico rapporto amministrativo, riguardano cioè un unico bene della vita: ciascun atto spiega da solo taluni effetti giuridici ma soltanto congiuntamente all’altro dà vita al rapporto giuridico nel complesso.

Essendo gli atti concatenati, pertanto, le sorti dell’atto presupposto si ripercuotono inevitabilmente su quelle dell’atto presupponente. A seguito dell’annullamento dell’atto presupposto e della rimozione dei relativi effetti con efficacia retroattiva, il rapporto amministrativo originato dall’atto dipendente non può sussistere.

Di seguito si riporta un estratto della sentenza Consiglio di Stato:

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Secondo la giurisprudenza, la nozione di atto presupposto è fondata, in relazione ad atti di un unico procedimento o anche ad atti autonomi, sull’esistenza di un collegamento fra gli atti stessi, così stretto nel contenuto e negli effetti, da far ritenere che l’atto successivo sia emanazione diretta e necessaria di quello precedente, così che il primo è in concreto tanto condizionato dal secondo nella statuizione e nelle conseguenze da non potersene discostare (C.d.S., Sez. IV, 23 marzo 2000, n. 1561; Sez. V, 15 ottobre 1986, n. 544).

La dottrina, dal canto suo, ha osservato come la connessione di più provvedimenti amministrativi per presupposizione postuli un aspetto strutturale ed uno funzionale.

Sotto l’aspetto strutturale, gli atti sono in una relazione di successione giuridica e cronologica, o di necessario concatenamento; l’atto presupposto non soltanto precede e prepara quello presupponente, ma ne è il sostegno esclusivo. Gli effetti del provvedimento pregiudiziale sono i fatti costitutivi del secondo, o meglio del relativo potere; vi è una consequenzialità necessaria tra i due provvedimenti, tale che l’esistenza e la validità di quello presupposto sono condizioni indispensabili affinché l’altro possa legittimamente esistere e produrre la propria efficacia giuridica.

Sotto l’aspetto funzionale, poi, i più atti risultano preordinati alla realizzazione di un unico rapporto amministrativo, riguardano, cioè, un unico bene della vita; ciascun atto spiega da solo taluni effetti giuridici, ma soltanto congiuntamente all’altro dà vita al rapporto giuridico, che rappresenta l’oggetto dell’interesse pubblico considerato dai più poteri funzionalmente collegati.

Da quanto detto emerge che, sul piano della disciplina, l’illegittimità ed il conseguente annullamento dell’atto presupposto determinano l’illegittimità di quello conseguente, venendo meno la situazione giuridica che costituisce la condizione unica e necessaria per la sua legittima esistenza (cd. invalidità derivata): l’annullamento del provvedimento presupposto si ripercuote su quello presupponente, che è travolto e caducato.

Ed invero, l’atto presupposto è fondamento esclusivo di quello applicativo, nel senso che l’esistenza e la validità del primo sono condizioni necessarie affinché il secondo possa legittimamente venire ad esistenza; non è possibile che l’atto presupposto non esista o, qualora emanato, sia successivamente eliminato (dal giudice o dalla P.A. in via di autotutela) e che rimanga legittimamente in vita quello dipendente.

Infatti, essendo gli atti concatenati, le sorti dell’atto presupposto si ripercuotono inevitabilmente su quelle dell’atto presupponente: gli effetti sostanziali prodotti da quest’ultimo postulano l’avvenuta realizzazione di quelli prodotti dall’atto presupposto, di tal ché, se questi, a seguito dell’annullamento dell’atto presupposto, sono stati rimossi con efficacia retroattiva, il rapporto amministrativo originato dall’atto dipendente non può sussistere.

Redazione

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