Anche se la legge provvedimento è in astratto legittima, il legislatore deve fare risultare con chiarezza i criteri ai quali sono ispirate le scelte e le relative modalità di attuazione, allo scopo di verificare l’eventuale irrazionalità o arbitrarietà della scelta legislativa
Nel rimettere alla Consulta l’ultima parola sull’incostituzionalità di una legge che attribuisce un contributo straordinario ad un teatro specifico, il Teatro Eliseo, il Consiglio di Stato analizza le condizioni per la legittimità delle leggi provvedimento.
Oggetto della controversia è il contributo di 4 milioni disposto al medesimo Teatro Eliseo, al fine di garantirne la continuità delle attività, poi reintegrato dalla legge di bilancio 2018 fino a 8 milioni di euro.
Il Consiglio di Stato sospetta natura arbitraria di tale discriminazione e i suoi effetti distorsivi, poiché il finanziamento avviene al di fuori della disciplina e del procedimento ordinariamente previsti ai fini dell’intervento pubblico a sostegno dei soggetti operanti nel settore del teatro e dello spettacolo dal vivo.
Nozione e contenuti delle leggi provvedimento
I giudici di Palazzo Spada segnalano innanzi tutto la natura di legge provvedimento della disposizione legislativa, alla luce della giurisprudenza della Corte Costituzionale.
Infatti si definiscono leggi provvedimento quelle che:
– «contengono disposizioni dirette a destinatari determinati» (sentenze n. 154 del 2013, n. 137 del 2009 e n. 2 del 1997) ovvero «incidono su un numero determinato e limitato di destinatari» (sentenza n. 94 del 2009),
– che hanno «contenuto particolare e concreto» (sentenze n. 20 del 2012, n. 270 del 2010, n. 137 del 2009, n. 241 del 2008, n. 267 del 2007 e n. 2 del 1997),
– «anche in quanto ispirate da particolari esigenze» (sentenze n. 270 del 2010 e n. 429 del 2009),
– e che comportano l’attrazione alla sfera legislativa «della disciplina di oggetti o materie normalmente affidati all’autorità amministrativa» (sentenze n. 94 del 2009 e n. 241 del 2008)” (così Corte cost., sentenza n. 275 del 2013; cfr. anche, Corte Cost., n. 64 del 1° aprile 2014).
Mancando nell’ordinamento attuale una “riserva di amministrazione” opponibile al legislatore, è pacifico che non possa “ritenersi preclusa alla legge ordinaria la possibilità di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidate all’azione amministrativa” e pertanto le leggi provvedimento non sono di per sé incompatibili con l’assetto dei poteri stabilito dalla Costituzione.
E ciò anche perché rimane sempre garantito un diritto di difesa del cittadino, che “verrà a connotarsi secondo il regime tipico dell’atto legislativo adottato, trasferendosi dall’ambito della giustizia amministrativa a quello proprio della giustizia costituzionale”. Rispetto a leggi provvedimento di questo tipo, di solito l’unica possibilità di tutela per i cittadini è quella di impugnare gli atti applicativi anche se di contenuto vincolato rispetto alla legge provvedimento, deducendone l’incostituzionalità.
Inoltre la sentenza distingue, richiamando la dottrina, due tipi di legge provvedimento.
La prima categoria comprende le leggi rivolte a dare applicazione concreta ad altre leggi, e tali da conferire all’atto carattere di legge solo formale, in quanto carente dei requisiti tipici della generalità ed innovatività, così da incidere sulla separazione dei poteri.
La seconda categoria è relativa alle leggi, c.d. “innovative” che, con riferimento a singoli soggetti e a specifici rapporti, derogano al diritto comune e sono caratterizzate da personalità ed eccezionalità. Tale categoria, che incide sul principio di eguaglianza, comprende il caso della legge sul contributo al Teatro Eliseo, che impone direttamente un obbligo di esecuzione all’amministrazione predeterminando tutti o alcuni dei profili dell’an, del quando, del quid e del quomodo.
Ma le leggi provvedimento possono avere anche altri contenuti: costituire, modificare o estinguere situazioni giuridiche soggettive a prescindere dall’esercizio di un potere amministrativo, attribuire il valore di legge ad atti amministrativi presupposti, qualificare giuridicamente in modo nuovo fatti e situazioni già venuti ad esistenza in precedenza, ecc.
I criteri per la verifica della costituzionalità della legge provvedimento
Se la legge provvedimento è in astratto ammissibile, la sentenza rimanda ai criteri della giurisprudenza della Corte Costituzionale sui limiti per il legislatore, relativi ai principi di ragionevolezza e non arbitrarietà.
E infatti la mancata previsione costituzionale di una riserva di amministrazione, con la conseguente possibilità per il legislatore di svolgere un’attività a contenuto amministrativo, non può giungere al punto di violare l’eguaglianza tra i cittadini.
Si legge che in considerazione del pericolo di disparità di trattamento insito in previsioni di tipo particolare, la legge provvedimento è soggetta ad uno scrutinio stretto di costituzionalità. Ed un tale sindacato deve essere tanto più rigoroso quanto più marcata sia la natura provvedimentale dell’atto legislativo.
Quindi il legislatore, qualora emetta leggi a contenuto provvedimentale, “deve applicare con particolare rigore il canone della ragionevolezza, affinché la legge non si risolva in una modalità per aggirare i principi di eguaglianza ed imparzialità“.
Consegue a tali principi, e alla necessità di verificarne il rispetto, che il legislatore, quando pone in essere un’attività a contenuto particolare e concreto, deve fare risultare con chiarezza i criteri ai quali sono ispirate le scelte e le relative modalità di attuazione.
In particolare il sistema dell’erogazione dei contributi allo spettacolo dal vivo è incentrato sulla valutazione comparativa dei progetti e persegue le finalità di interesse pubblico, attraverso il Fondo Unico per lo spettacolo.
E non sembra emergere, secondo i giudici amministrativi, lo specifico interesse pubblico sotteso all’intervento del legislatore, o comunque la ragione della differenziazione del teatro beneficiario rispetto alle situazioni degli altri teatri che pure aspirano al sostegno pubblico per realizzare la propria offerta culturale o che si trovano in difficoltà finanziarie.
Di seguito si riporta un estratto della sentenza:
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11. Secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, si definiscono leggi – provvedimento “le leggi che «contengono disposizioni dirette a destinatari determinati» (sentenze n. 154 del 2013, n. 137 del 2009 e n. 2 del 1997), ovvero «incidono su un numero determinato e limitato di destinatari» (sentenza n. 94 del 2009), che hanno «contenuto particolare e concreto» (sentenze n. 20 del 2012, n. 270 del 2010, n. 137 del 2009, n. 241 del 2008, n. 267 del 2007 e n. 2 del 1997), «anche in quanto ispirate da particolari esigenze» (sentenze n. 270 del 2010 e n. 429 del 2009), e che comportano l’attrazione alla sfera legislativa «della disciplina di oggetti o materie normalmente affidati all’autorità amministrativa» (sentenze n. 94 del 2009 e n. 241 del 2008)” (così Corte cost., sentenza n. 275 del 2013; cfr. anche, Corte Cost., n. 64 del 1° aprile 2014).
In assenza nell’ordinamento attuale di una ‘riserva di amministrazione’ opponibile al legislatore “non può ritenersi preclusa alla legge ordinaria la possibilità di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidate all’azione amministrativa” (Corte cost., sentenza n. 62 del 1993; nello stesso senso Corte cost., sentenza n. 231 del 2014), per cui le leggi -provvedimento non sono di per sé incompatibili con l’assetto dei poteri stabilito dalla Costituzione (Corte cost., sentenza n. 85 del 2013 e, da ultimo, nn. 181 del 2019 e 116 del 2020).
In questi casi, tuttavia, il diritto di difesa “verrà a connotarsi secondo il regime tipico dell’atto legislativo adottato, trasferendosi dall’ambito della giustizia amministrativa a quello proprio della giustizia costituzionale” (così ancora la sentenza n. 62 del 1993; nello stesso senso anche la sentenza n. 20 del 2012).
Spetterà, pertanto, alla Corte costituzionale valutare le suddette leggi “in relazione al loro specifico contenuto” (sentenze n. 275 del 2013, n. 154 del 2013, n. 270 del 2010), “essenzialmente sotto i profili della non arbitrarietà e della non irragionevolezza della scelta del legislatore regionale” (sentenza n. 288 del 2008).
11.1. La dottrina ha distinto due categorie di leggi aventi contenuto concreto; da un lato, le leggi rivolte a dare applicazione concreta ad altre leggi, e tali da conferire all’atto carattere di legge solo formale, in quanto carente dei requisiti tipici della generalità ed innovatività, dall’altro, le leggi, c.d. “innovative” che, con riferimento a singoli soggetti e a specifici rapporti, derogano al diritto comune e sono caratterizzate dal duplice e congiunto aspetto della personalità e della eccezionalità.
La prima categoria di leggi – provvedimento concerne la valutazione del principio della separazione dei poteri mentre per la seconda è il principio di eguaglianza a porsi come fondamentale parametro di giudizio.
Non occorre spendere molte parole per evidenziare che, nel caso di specie, la norma istitutiva del contributo straordinario in favore del Teatro Eliseo, si colloca in questa seconda categoria.
11.2. Le leggi – provvedimento sono caratterizzate da una varietà di effetti giuridici poiché le stesse possono:
a) costituire, modificare o estinguere situazioni giuridiche soggettive a prescindere dall’esercizio di un potere amministrativo;
b) imporre un obbligo di esecuzione all’amministrazione predeterminando tutti o alcuni dei profili dell’an, del quando, del quid e del quomodo;
c) attribuire il valore di legge ad atti amministrativi presupposti (è il recente caso, ad esempio, della sentenza della Corte Cost. n. 116 del 2020, cit.);
d) qualificare giuridicamente in modo nuovo fatti e situazioni già venuti ad esistenza in precedenza;
e) istituire o riorganizzare organi o enti, modificandone le competenze.
Il caso all’esame del Collegio rientra nella tipologia sub b), in quanto, nell’istituire il contributo straordinario in favore del teatro Eliseo la legge non conferisce alcuna discrezionalità all’amministrazione per quanto riguarda l’an della concessione ma (peraltro in maniera implicita) solo limitatamente alle modalità con cui il soggetto beneficiario è tenuto a documentare le spese, ordinarie o straordinarie al cui sostegno il contributo è finalizzato.
In sostanza, la norma censurata reca già in sé la capacità di realizzare interamente l’effetto a cui tende.
Rispetto a leggi – provvedimento di questo tipo, l’unica possibilità di tutela per i cittadini è quella di impugnare, come avvenuto nel caso di specie, gli atti applicativi anche se di contenuto vincolato rispetto alla legge – provvedimento, deducendone l’incostituzionalità
(…)
12.5. Ciò posto, come in precedenza ricordato, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale, le leggi provvedimento sono ammissibili solo entro i limiti del rispetto del principio della ragionevolezza e non arbitrarietà.
In considerazione del pericolo di disparità di trattamento insito in previsioni di tipo particolare, la legge – provvedimento è soggetta ad uno scrutinio stretto di costituzionalità. Ed un tale sindacato deve essere tanto più rigoroso quanto più marcata sia, come nella specie, la natura provvedimentale dell’atto legislativo.
Dalla giurisprudenza costituzionale si ricava pertanto che il legislatore, qualora emetta leggi a contenuto provvedimentale, deve applicare con particolare rigore il canone della ragionevolezza, affinché la legge non si risolva in una modalità per aggirare i principi di eguaglianza ed imparzialità.
In altri termini, la mancata previsione costituzionale di una riserva di amministrazione, con la conseguente possibilità per il legislatore di svolgere un’attività a contenuto amministrativo, non può giungere al punto di violare l’eguaglianza tra i cittadini.
Ne consegue che, qualora il legislatore ponga in essere un’attività a contenuto particolare e concreto, devono risultare con chiarezza i criteri ai quali sono ispirate le scelte e le relative modalità di attuazione.
12.6. Per applicare le richiamate coordinate esegetiche al caso di specie, occorre prendere le mosse dalle finalità enunciate dalla norma che, come detto, è quella di contribuire alle spese affrontate dal Teatro Eliseo al fine di garantire la continuità dell’attività in occasione del suo centenario.
Non si fa ivi riferimento, peraltro, ad un progetto o ad un programma specifico.
Sicché, a ben vedere, qualunque tipo di spesa potrebbe essere sovvenzionata, purché valutata dal teatro come funzionale alla prosecuzione della propria attività, e non necessariamente per l’effettuazione di iniziative collegate alla celebrazione del proprio centenario (essendo il dettato legislativo al riguardo del tutto generico).
12.7. Ritiene il Collegio che la legge in questione potrebbe risultare anzitutto in contrasto con l’art. 3 della Costituzione per violazione del principio di uguaglianza e della parità di trattamento.
Si tratta, infatti, di una sovvenzione attribuita ad una specifica impresa al di fuori di quelle che sono le regole generali di assegnazione di fondi statali ai teatri, sicché si potrebbe ravvisare una discriminazione delle altre imprese che, a parità di condizioni, si trovino a dover sostenere oneri economici per continuare la propria attività.
Tale rilievo risulta rafforzato dal fatto che i teatri appellanti – al pari del teatro Eliseo – si rivolgono al medesimo bacino di utenti ed operano non solo nello stesso settore di spettacolo (attività teatrali di prosa), ma anche nella stessa area geografica.
12.8. La disposizione potrebbe risultare altresì irragionevole e arbitraria, non rinvenendosi, neanche nei lavori preparatori, l’individuazione dell’interesse pubblico sotteso a tale speciale elargizione o, quantomeno, dei criteri ai quali si è ispirata la scelta legislativa (che non ha nemmeno indicato le specifiche modalità di attuazione).
Al riguardo, si deve osservare che in ogni operazione di finanziamento “non è intelligibile solo un interesse del beneficiario, ma anche quello dell’organismo che l’elargisce, il quale, a sua volta, altro non è se non il portatore degli interessi, dei fini e degli obiettivi che si intendono soddisfare con l’erogazione del contributo” (Cons. Stato, sez. IV, sentenza 27 aprile 2004, n. 2555).
Nel caso di specie, le amministrazioni appellate si sono sforzate di individuare tale interesse pubblico nell’esigenza di garantire la continuità dell’attività di un teatro che riveste particolare importanza, dal punto di vista storico – artistico, per la città di Roma.
Tuttavia, da un lato le amministrazioni appellate non hanno indicato sulla base di quali atti, documenti o studi, sia stata operata tale valutazione, dall’altro siffatta motivazione non è neppure rinvenibile nei lavori preparatori.
E’ peraltro un fatto notorio che anche i teatri ricorrenti possano vantare una lunga tradizione nel panorama teatrale della città di Roma.
Per quanto concerne il riconoscimento del Teatro Eliseo quale “teatro di rilevante interesse culturale”, tale qualifica non riflette un particolare giudizio di valore attribuito dall’ordinamento, ma è esclusivamente funzionale alla redistribuzione dei fondi FUS.
Non risulta, inoltre, che l’ente beneficiario svolga funzioni o servizi di interesse pubblico.
Sicuramente, esiste un interesse pubblico al sostegno delle attività culturali, ma esso è già stato preso in considerazione dalla disciplina specifica ed articolata, che regola l’intervento dello Stato nel settore, le cui finalità si sono in precedenza richiamate.
In definitiva, né la ricorrenza del centenario (circostanza peraltro contestata dai teatri ricorrenti), né la situazione di crisi, potrebbero risultare sufficienti a giustificare la speciale elargizione accordata al teatro Eliseo, poiché non sembra emergere lo specifico interesse pubblico sotteso all’intervento del legislatore, o comunque la ragione della differenziazione del teatro beneficiario rispetto alle situazioni degli altri teatri che pure aspirano al sostegno pubblico per realizzare la propria offerta culturale e che si trovano, o potranno trovarsi, nelle medesime o analoghe difficoltà finanziarie.
12.9. Deve altresì convenirsi con gli appellanti che, poiché i teatri sono strumento di cultura e luogo di espressione artistica – come del resto attestato dalle finalità perseguite con il FUS, cui partecipano -, la loro discriminazione costituisce anche violazione degli articoli 9 e 33 della Costituzione, posti a tutela dello sviluppo della cultura e della libertà dell’espressione artistica, valori rispetto ai quali risultano funzionali le disposizioni che regolano l’intervento pubblico in materia, ispirate ai principi della parità di accesso e della valutazione comparativa sulla base di parametri oggettivamente predeterminati.