Il decreto semplificazioni (d.l. 16 luglio 2020 n. 76), convertito dalla legge 11 settembre 2020 n. 120, oltre ad aver previsto importanti norme derogatorie in materia di procedure di gara per l’affidamento di appalti – al conclamato fine di accelerare tali procedure e incentivare gli investimenti pubblici – ha altresì modificato la disciplina dell’esecuzione del contratto, introducendo nuove previsioni sulla sospensione dei lavori e sul collegio consultivo tecnico.
Le disposizioni del decreto che hanno ad oggetto la fase esecutiva del contratto sono l’art. 5, in tema di sospensione dell’esecuzione delle opere pubbliche, e l’art. 6, che riforma – a distanza di circa un anno – la disciplina del collegio consultivo tecnico già reintrodotta dal d.l. sblocca cantieri.
Si tratta di due norme tra esse collegate (per come si vedrà), e che hanno lo scopo primario di evitare le frequenti situazioni di stallo nell’esecuzione di un contratto per la realizzazione di lavori sopra soglia.
Da qui, tuttavia, il primo elemento di criticità delle previsioni in esame che, nella fattispecie, sembrano non aver voluto affrontare il problema nella sua totalità: le esigenze acceleratorie sono state infatti affrontate solo per i lavori sopra soglia e non invece per tutti gli appalti di lavori (ivi compresi i lavori sotto soglia, che rappresentano, in verità, la maggior parte di quelli banditi nel nostro Paese).
Peraltro, al di là della situazione emergenziale che ha repentinamente colpito l’Italia e il resto del mondo, si è dell’idea che gli interventi strutturali atti a risolvere le criticità dell’attuale esecuzione dei contratti pubblici non avrebbero dovuto essere introdotti con l’utilizzo della legislazione di urgenza (si pensi che le ultime modifiche “di peso” al codice dei contratti sono state disposte prima con il decreto sblocca cantieri e, da ultimo, con il decreto semplificazioni), ma essere bensì inseriti all’interno di una più ampia revisione del sistema.
Ciò premesso, è adesso utile entrare nel dettaglio delle nuove previsioni e, in particolare, esaminare il contenuto dell’art. 6 del decreto, in tema di collegio consultivo tecnico.
Tale organo tecnico era già stato originariamente introdotto dall’art. 207 del d.lgs. 50/2016, con il preciso scopo di assistere le parti del contratto nella rapida risoluzione delle questioni insorte in corso dell’esecuzione; tuttavia, la previsione del collegio tecnico era stata immediatamente eliminata con il decreto correttivo dell’aprile 2017.
Da ultimo, proprio il decreto sblocca cantieri (commi da 11 a 14 dell’art. 1) aveva reintrodotto la previsione del collegio tecnico consultivo per gli appalti di lavori, nelle more dell’entrata in vigore del nuovo regolamento unico degli appalti, configurandola come una facoltà per le parti, previo accordo sul punto, con il fine di prevenire le eventuali controversie in ordine all’esecuzione del contratto. Si trattava, dunque, di un vero e proprio strumento di alternative dispute resolution – facoltativo e non vincolante – che andava ad aggiungersi a quelli già previsti dall’ordinamento (come, ad esempio, l’accordo bonario, dal quale il collegio consultivo si distingue per non essere finalizzato a risolvere una specifica controversia, potendo essere costituito in via generale per l’intera durata del contratto).
L’art. 6 del decreto semplificazioni ha integralmente riscritto la disciplina del collegio tecnico consultivo, la cui costituzione diviene adesso in molti casi obbligatoria e le cui determinazioni assumono una forza e una vincolatività prima non previste, tanto che le relative disposizioni del d.l. sblocca cantieri sono state del tutto abrogate (ex art. 6, comma 9, d.l. 76/2020).
Scendendo nello specifico delle previsioni, il comma 1 dell’art. 6 dispone la costituzione obbligatoria presso ogni stazione appaltante del collegio consultivo tecnico, ma per i soli casi di esecuzione di lavori di importo superiore alle soglie europee di cui all’art. 35 del codice.
Tale obbligo viene previsto fino al 31 dicembre 2021 (termine esteso in sede di conversione, rispetto alla prima data di scadenza, fissata nel 31 luglio 2021).
Il collegio consultivo, come già detto, avrà (oltre i compiti specifici in tema di sospensione dell’esecuzione, di cui si dirà a breve) funzioni di assistenza per la rapida risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto stesso.
Nelle ipotesi di costituzione obbligatoria, il decreto ha disposto che il collegio venga nominato prima dell’avvio dell’esecuzione e, comunque, non oltre dieci giorni da essa.
Di rilievo è la previsione secondo cui l’obbligo di costituzione del collegio consultivo vige anche per i contratti la cui esecuzione è già iniziata (con un termine per costituire il collegio fissato in trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto).
Accanto alle superiori previsioni recanti l’obbligatorietà della nomina del collegio consultivo, il decreto semplificazioni, al comma 4 dell’art. 6, contempla altresì la possibilità di una costituzione facoltativa del collegio, per i casi di lavori sotto-soglia (“Per le opere diverse da quelle di cui al comma 1 le parti possono comunque nominare un collegio consultivo tecnico con tutti o parte dei compiti descritti ai commi da 1 a 3”).
Inoltre, al successivo comma 5, viene prevista un’ulteriore facoltà per le stazioni appaltanti, ossia la possibilità di nominare e costituire un collegio consultivo “aggiuntivo” per risolvere problematiche tecniche o giuridiche di ogni natura anche nella fase antecedente alla esecuzione del contratto (comprese, ad esempio, le determinazioni delle caratteristiche delle opere, le clausole e le condizioni del bando, la verifica del possesso dei requisiti di partecipazione, dei criteri di selezione e di aggiudicazione). In queste ipotesi, a differenza del collegio nominato per la fase “esecutiva”, la scelta non può che competere alla sola stazione appaltante (senza alcun coinvolgimento degli operatori economici partecipanti), la quale dovrà farsi carico di nominare due dei tre componenti previsti (mentre il terzo sarà indicato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti).
Con riguardo alle disposizioni in ordine alla nomina, alla composizione e ai requisiti del collegio consultivo tecnico, il comma 2 dell’art. 6, chiarisce innanzitutto che il collegio può essere formato da tre componenti, ovvero da cinque soggetti nei casi di motivata complessità dell’opera e di eterogeneità delle professionalità richieste. La scelta sul numero dei componenti compete esclusivamente alla stazione appaltante.
La stessa previsione dispone poi che tutti i componenti del collegio debbano possedere una qualificazione professionale adeguata alla tipologia dell’opera, e vadano scelti tra ingegneri, architetti, giuristi ed economisti con comprovata esperienza nel settore degli appalti delle concessioni e degli investimenti pubblici, anche in relazione allo specifico oggetto del contratto (nonché alla specifica conoscenza di metodi e strumenti elettronici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture (BIM); tale requisito di esperienza deve essere maturata per effetto del conseguimento di un dottorato di ricerca, oppure con la dimostrazione di un’esperienza pratica e professionale di almeno dieci anni nel settore di riferimento (il periodo dei dieci anni è stato invero previsto in sede di conversione, mentre il decreto-legge originario richiedeva un’esperienza quinquennale).
Per ciò che attiene alle modalità di scelta, una volta definito il numero dei componenti, entra in gioco l’aggiudicatario privato, la cui posizione viene tutelata dalla norma; è infatti previsto che i componenti del collegio possano, in alternativa, essere tutti scelti dalle parti di comune accordo, oppure essere nominati alla stregua di un collegio arbitrale (ciascuna parte nomina uno o due componenti, mentre il terzo o il quinto componente, con funzioni di presidente, viene poi scelto dai componenti già nominati o, in caso di disaccordo, dal MIT).
Tutti i componenti del collegio consultivo tecnico hanno diritto a un compenso a carico delle parti e proporzionato al valore dell’opera, al numero, alla qualità e alla tempestività delle determinazioni assunte (comma 7). Inoltre, si prevede (comma 8) che i componenti del collegio consultivo tecnico non possano ricoprire più di cinque incarichi contemporaneamente e comunque non può svolgere più di dieci incarichi ogni due anni.
Da segnalare la disposizione che vieta l’ulteriore nomina (per tre anni!), in ossequio alla ratio acceleratoria della previsione, nel caso in cui i componenti del collegio ritardino nell’adozione di tre determinazioni ovvero assumano anche una sola determinazione con ritardo superiore a sessanta giorni. Per le stesse ragioni si prevede altresì che l’ingiustificato ritardo nell’adozione anche di una sola determinazione sia causa di decadenza del collegio.
Al di là di tali ipotesi patologiche, i collegi la cui composizione è prevista come obbligatoria possono sciogliersi solo al termine dell’esecuzione del contratto (comma 6), mentre nei casi di costituzione facoltativa lo scioglimento può avvenire anche in data anteriore, su accordo delle parti (lo scioglimento su accordo sarà possibile per i collegi “obbligatori” solo dopo il 31 luglio 2021).
La portata innovativa della disposizione in commento, oltre alla previsione delle ipotesi di costituzione obbligatoria del collegio, passa senza dubbio dalla nuova disciplina delle tempistiche e della portata vincolante delle determinazioni del collegio consultivo.
Premesso che nello svolgimento delle proprie funzioni il collegio può operare con ogni modalità (anche da remoto) e ha la facoltà di fissare audizioni informali tra le parti, l’obiettivo deve sempre essere quello di trovare la migliore soluzione per la celere esecuzione dell’opera a regola d’arte.
E proprio in tema di celerità, il comma 3 dell’art. 6 dispone che le determinazioni del collegio consultivo tecnico siano adottate entro il termine di quindici giorni (venti in casi particolarmente complessi), decorrenti dalla data della comunicazione dei quesiti, con l’onere di una sommaria motivazione poi integrabile nei successivi quindici giorni.
Lo stesso comma prevede poi dei meccanismi sanzionatori e premiali finalizzati a garantire una vincolatività concreta alle determinazioni del collegio, le quali hanno natura del lodo contrattuale previsto dall’articolo 808-ter c.p.c., salva diversa e motivata volontà espressamente manifestata in forma scritta dalle parti: si dispone infatti che l’inosservanza delle determinazioni venga valutata ai fini della responsabilità del soggetto agente per danno erariale e costituisca, salvo prova contraria, grave inadempimento degli obblighi contrattuali.
D’altro canto, l’osservanza delle determinazioni del collegio è prevista quale causa di esclusione della responsabilità del soggetto agente per danno erariale, salvo il dolo.
Infine, con riguardo ai compiti specifici del collegio tecnico, oltre a quanto previsto in via generale dal comma 1 dell’art. 6 (ossia l’attribuzione delle funzioni di assistenza per la rapida risoluzione delle controversie in fase esecutiva), il decreto contempla ulteriori ipotesi di intervento del collegio nei casi di sospensione dell’esecuzione, previsti espressamente dall’art. 5.
Il decreto semplificazioni, sotto tale profilo, mira evidentemente a ridurre il più possibile le ipotesi che possano legittimare una sospensione dell’esecuzione del contratto, restringendo i tempi e, soprattutto, prevedendo alcune ipotesi espresse – e tassative – al verificarsi delle quali la stazione appaltante può disporre la sospensione per il tempo necessario.
L’art. 5, come si è anticipato, chiarisce che fino al 31 luglio 2021, la sospensione, volontaria o coattiva, dell’esecuzione di lavori sopra soglia, anche se già iniziati, può avvenire, esclusivamente, per il tempo strettamente necessario al loro superamento, per le seguenti ragioni:
a) cause previste da disposizioni di legge penale, dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al codice antimafia (ipotesi che non prevede il coinvolgimento del collegio tecnico);
b) gravi ragioni di ordine pubblico, salute pubblica o dei soggetti coinvolti nella realizzazione delle opere, ivi incluse le misure adottate per contrastare l’emergenza sanitaria globale da COVID-19;
c) gravi ragioni di ordine tecnico, idonee a incidere sulla realizzazione a regola d’arte dell’opera, in relazione alle modalità di superamento delle quali non vi è accordo tra le parti;
d) gravi ragioni di pubblico interesse.
Ora, per le ipotesi di cui alle lettere b) e d), la disposizione prevede che la sospensione possa essere disposta dalla stazione appaltante in seguito ad una determinazione del collegio tecnico consultivo.
Ancora più incisivo è il coinvolgimento del collegio per i casi di sospensione per gravi ragioni di ordine tecnico (lett. c). In queste ipotesi, infatti, il collegio consultivo tecnico, entro quindici giorni dalla comunicazione della sospensione, deve adottare una determinazione con cui accerta l’esistenza di una causa tecnica di legittima sospensione dei lavori e indica le modalità con cui proseguire i lavori e le eventuali modifiche necessarie da apportare per la realizzazione dell’opera a regola d’arte.
Infine, sempre con riguardo alle attribuzioni del collegio, pare opportuno operare una breve considerazione.
Si è detto che la precisa funzione del collegio consultivo è quella di assistere le parti del contratto (e, in primis¸ la stazione appaltante), durante l’intera fase di esecuzione, per la risoluzione di tutti i problemi di natura tecnica che possano insorgere, avvalendosi di soggetti con comprovata esperienza in materia di appalti.
Tuttavia, la disposizione non chiarisce le modalità di coordinamento tra il collegio consultivo e gli altri organi che hanno un ruolo formale e precise competenze nell’esecuzione del contratto (specialmente il RUP e la direzione dei lavori). Tale problema avrebbe sicuramente dovuto trovare un’opportuna soluzione in sede di conversione del decreto, mentre invece nulla è stato chiarito sul punto; ad ogni modo, pur nel silenzio della legge, sembra potersi sostenere che il collegio consultivo possa esplicare le sue funzioni entro i limiti di quanto la legge già assegna espressamente alla competenza degli altri organi.