Prosegue il dibattito sul discusso tema delle udienze da remoto nel processo amministrativo.
Dopo il lungo periodo emergenziale in cui, tanto per il processo civile quanto per quello amministrativo, il legislatore nazionale (sempre su impulso del Governo) ha disposto l’obbligo di svolgimento delle udienze in modalità telematica (c.d. da remoto), le strade per le due tipologie di processo sono adesso state separate, a far data dal 1° agosto.
Il decreto-legge n. 105 del 23 luglio 2021, recante le misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche, aveva infatti originariamente previsto una espressa e generale proroga per le udienze da remoto o a trattazione scritta sino al 31 dicembre 2021, per il solo processo civile (e per il processo penale, sebbene con delle previsioni specifiche e parzialmente diverse).
Nulla si prevedeva invece per il processo amministrativo che, dunque, ritornava alla modalità delle udienze in presenza (si segnala, sul punto, il Protocollo di intesa siglato il 20 luglio 2021 tra i principali soggetti della Giustizia Amministrativa, con cui sono state stabilite le regole di svolgimento delle udienze, sia camerali che pubbliche, compatibili con l’osservanza delle prescrizioni stabilite a tutela della salute).
In sede di conversione del decreto (approvata di recente con la legge n. 126 del 16 settembre 2021), il Parlamento ha tuttavia inteso limitare in parte – del tutto opportunamente, a nostro parere – la disparità di disciplina venutasi a creare tra processo civile e processo amministrativo, inserendo nell’originario testo del d.l. 105/2021, il nuovo art. 7 bis.
Ai sensi della citata disposizione di cui all’art. 7 bis, “Fino al 31 dicembre 2021, in presenza di situazioni eccezionali non altrimenti fronteggiabili e correlate a provvedimenti assunti dalla pubblica autorità per contrastare la pandemia di COVID-19, i presidenti titolari delle sezioni del Consiglio di Stato, il presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e i presidenti dei tribunali amministrativi regionali e delle relative sezioni staccate possono autorizzare con decreto motivato, in alternativa al rinvio, la trattazione da remoto delle cause per cui non è possibile la presenza fisica in udienza di singoli difensori o, in casi assolutamente eccezionali, di singoli magistrati”.
In altri termini, pur mantenendo un regime differenziato rispetto alla proroga generale delle udienze scritte o da remoto rispetto al processo civile, e confermando che la modalità ordinaria di svolgimento delle udienze sia quella “in presenza”, è stata prevista una espressa deroga, affidata ad una specifica autorizzazione del Presidente del Collegio, volta a consentire lo svolgimento dell’udienza da remoto al ricorrere di alcune circostanze eccezionali.
La genericità della formulazione della disposizione si prestava ad una necessaria opera di interpretazione e specifica applicazione da parte della giurisprudenza amministrativa, che non ha tardato ad arrivare.
A poche settimane dall’entrata in vigore della legge di conversione del d.l. 105/2021, infatti, il CGA è intervenuto sul punto, con il decreto della Presidente De Nictolis n. 176 del 5 ottobre scorso, con il quale sono stati meglio chiariti i presupposti legittimanti l’autorizzazione a svolgere l’udienza da remoto ai sensi del citato art. 7 bis.
Il provvedimento ha sinteticamente specificato che, stante il regime introdotto dall’art. 7 bis, d.l. n. 105 del 2021, non è possibile la discussione della causa da remoto se non ricorrono i casi eccezionali previsti dalla stessa norma.
Nella fattispecie, uno dei difensori della parte ricorrente aveva avanzato istanza per la discussione da remoto dell’udienza, adducendo una serie di impedimenti, di natura sia personale che professionale, a partecipare fisicamente alla stessa.
Secondo il Presidente del CGA, tuttavia, tale richiesta non era in alcun modo accoglibile, in quanto difettavano manifestamente i presupposti applicativi dell’art. 7-bis d.l. n. 105/2021.
Chiarisce il provvedimento che l’art. 7-bis ha inteso prevedere la discussione c.d. da remoto, quale alternativa al rinvio della causa, in ipotesi del tutto eccezionali legate a provvedimenti della pubblica autorità, e non invece nei casi di impedimento personale o professionale del difensore.
Essendo la disposizione una norma eccezionale, essa non può non essere interpretata restrittivamente, essendo preclusa ogni estensione analogica.
Il Giudice siciliano, considerando preliminarmente – con un passaggio che si condivide a pieno – che “in astratto si possa ritenere opinabile la scelta legislativa di configurare le udienze da remoto come una eccezione, piuttosto che metterne a regime le potenzialità”, pone l’accento sull’insindacabilità delle scelte legislative, salvo che sussistano vizi di irrazionalità o difetto di proporzionalità (non rilevati nel caso di specie).
Secondo il decreto in esame, la nuova disposizione legislativa avrebbe esclusivamente affiancato e aggiunto – nei casi di situazioni eccezionali e non fronteggiabili con le ordinarie modalità – uno strumento di chiusura, quale quello dello svolgimento dell’udienza da remoto, alle diverse opzioni processuali già esistenti, ossia: a) il passaggio in decisione senza discussione orale; b) la discussione da parte di uno solo dei plurimi difensori della parte; c) la delega della discussione; d) il rinvio della discussione.
L’autorizzazione della discussione da remoto, in tale contesto, deve essere preceduta da una attenta e rigorosa verifica sulla concreta sussistenza di tre presupposti di fatto:
– l’esistenza di provvedimenti assunti dalla pubblica autorità per contrastare la pandemia (come, ad esempio, misure che vietino la circolazione delle persone su tutto o parte del territorio nazionale o misure sanitarie ad personam che impongano al singolo difensore un periodo di quarantena o isolamento);
– l’impossibilità di fronteggiare la situazione con le ordinarie opzioni processuali;
– l’eccezionalità della situazione, da ritenersi riferita “sia alla gravità dell’andamento pandemico che impedisce la partecipazione del difensore, sia alla preponderante urgenza e importanza della causa per cui viene chiesta la discussione da remoto, tale da non tollerare rinvii o un passaggio in decisione senza discussione orale”.
Il provvedimento in commento individua poi specifici requisiti per l’autorizzazione della discussione da remoto nei casi di impedimento soggettivo del difensore sottoposto a quarantena o isolamento, ipotesi nella quale la verifica da parte del Presidente del collegio resta del tutto discrezionale e tutt’altro che automatica (sul dettaglio di tali aspetti, si rinvia per sinteticità al testo integrale del decreto, che pubblichiamo in calce all’articolo).
Un’ultima importante considerazione svolta dal Presidente del CGA riguarda il tema dell’economia processuale e del potere del giudice di qualificare le domande delle parti secondo il loro reale contenuto e a prescindere dal nomen iuris attribuito: sotto tale profilo, il provvedimento in esame informa tutti i difensori che – almeno con riferimento a giudizi pendenti innanzi al CGA – eventuali istanze formalmente qualificate come di “discussione da remoto ai sensi dell’art. 7-bis”, ma in concreto prive della deduzione e documentazione dei presupposti fattuali già specificati, verranno trattate come mere istanze di rinvio per impedimento del difensore, su cui si provvederà secondo le regole processuali proprie.
Di seguito, si rende disponibile il testo integrale del decreto del CGA n. 176/2021.