Il Consiglio di Stato è tornato ad occuparsi dell’esatta interpretazione dell’articolo 80, comma 10-bis, d.lgs. 50/2016, ove è previsto che nel caso di provvedimenti di esclusione adottati in una delle situazioni descritte al comma 5, «la durata dell’esclusione è pari a tre anni, decorrenti dalla data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza», con l’ulteriore precisazione, quanto a quest’ultimo caso che: «Nel tempo occorrente alla definizione del giudizio, la stazione appaltante deve tenere conto di tale fatto ai fini della propria valutazione circa la sussistenza del presupposto per escludere dalla partecipazione alla procedura l’operatore economico che l’abbia commesso».
In particolare, i Giudici della quinta sezione del Consiglio di Stato hanno voluto fornire «ulteriori ragioni a conferma dell’interpretazione già accolta dalla Sezione nel precedente citato n. 6635 del 2020». In tale precedente era già stato affermato infatti come la ragione dell’introduzione del comma 10-bis fosse quella di «delimitare il periodo nel quale una pregressa vicenda professionale negativa possa comportare l’esclusione di un operatore economico dalle procedure di gara, nella consapevolezza che col passar del tempo le pregresse vicende professionali perdono il loro disvalore ai fini dell’apprezzamento dell’affidabilità del concorrente e possano ritenersi superate dalla regolare continuazione dell’attività di impresa […];
Ne consegue dunque che «laddove il legislatore utilizza l’espressione “durata dell’esclusione” e fa riferimento ai “casi di cui al comma 5”, è come se dicesse “la durata del periodo in cui è possibile disporre l’esclusione in base al medesimo fatto rilevante ai sensi del comma 5”, corrisponde al triennio. La diversa tesi – che, come anticipato, porta ad assegnare al provvedimento di esclusione efficacia al di fuori della procedura cui si riferisce – non pare ragionevole poiché il provvedimento di esclusione, per sua stessa natura, si riferisce ad una singola e specifica procedura di gara e non può avere effetti oltre questa».
I giudici del Consiglio di Stato hanno dunque chiarito che la disposizione di cui al comma 10-bis non può essere letta nel senso che il provvedimento di esclusione ai sensi del comma 5 comporterebbe una sorta di “temporanea incapacità a contrarre” con la pubblica amministrazione, derivante in via automatica dal provvedimento di esclusione e avente un effetto preclusivo rispetto a qualsiasi altra procedura di gara e davanti ad ogni altra stazione appaltante.
Una simile interpretazione, infatti, non potrebbe essere accolta per tre ordini di ragioni.
In primo luogo, perché trasformerebbe il provvedimento di esclusione in una vera e propria misura sanzionatoria – tale è appunto la temporanea incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione –, che però verrebbe a dipendere da una determinazione del tutto discrezionale della stazione appaltante e, per tale ragione, violerebbe il principio di stretta legalità delle sanzioni amministrative, in base al quale dev’essere la fonte primaria a definire con sufficiente precisione e determinatezza le condizioni e i presupposti per sanzionare la condotta del privato trasgressore. Diversamente, le cause di esclusione dalle procedure di gara di cui all’art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016 attengono a una serie di condotte assai eterogenee tra loro e che sono oggetto di valutazione ampiamente discrezionale da parte della stazione appaltante al fine di esprimere una valutazione di non idoneità del concorrente a rendersi affidatario della commessa di che trattasi.Pertanto, se «dalla prima esclusione conseguisse in via automatica la preclusione per l’operatore escluso a prendere parte ad altre procedure di gara, la definizione del comportamento sanzionato sarebbe in fatto riconducibile direttamente alla valutazione discrezionale di un’amministrazione e solo mediatamente alla legge».
In secondo luogo, viene rilevato che un simile effetto di «propagazione automatica per un triennio dell’esclusione da ogni procedura di gara si porrebbe in contraddizione con altre disposizioni del codice dei contratti pubblici che, a determinazione condizioni e in vario modo, considerano possibile il superamento delle ragioni che hanno indotto la stazione appaltante ad escludere l’operatore economico da una data procedura evidenziale e così consentirgli la partecipazione ad altre gare; si pensi, in particolare, alle misure di self – cleaning».
Infine, una terza ragione viene individuata nella circostanza che «il legislatore ha chiaramente definito le condotte che, già rientranti nel perimetro delle cause di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, del codice, danno luogo ad una esclusione automatica prolungata nel tempo da ogni procedura di gara, così mostrando il chiaro intento di specificare i casi che per il loro disvalore possono giustificare il propagarsi degli effetti espulsivi in via automatica». Si tratta, essenzialmente, dei casi per i quali è prevista l’iscrizione nel casellario informatico tenuto dall’A.n.a.c. (art. 213, comma 10, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50): questi episodi comportano espressamente l’esclusione da ogni procedura di gara per tutto il tempo in cui perdura l’iscrizione nel casellario giudiziario (cfr. art. 80, comma 5, lett. f-ter e g).
Non avrebbe senso, pertanto, che il legislatore abbia da un lato previsto in dettaglio le specifiche vicende tra le varie previste dal comma 5 che danno luogo a prolungata esclusione da ogni procedura di gara per poi introdurre invece al comma 10-bis «una generalizzata estensione temporale dei provvedimenti di espulsione, valevole, cioè, quale che sia stata la causa di esclusione tra quelle previste dal comma 5 dell’art. 80 e per ogni altra procedura di gara».
A completamento della ricostruzione del quadro normativo, avverte il Consiglio di Stato che l’operatore economico «è comunque tenuto a dichiarare in altre procedure il precedente provvedimento espulsivo subito, con conseguente onere dell’altra stazione appaltante, nella procedura di gara da sé stessa indetta, di (ri)valutare nuovamente l’episodio causa di esclusione e decidere autonomamente se ammettere il concorrente o (ri)affermare nuovamente la rilevanza espulsiva della condotta; in ogni caso, dunque, senza che si possa predicare alcun effetto espulsivo automatico dalla nuova procedura di gara cui abbia richiesto di partecipare».
Conclude pertanto il Collegio la sua opera di interpretazione autentica dell’art. 80 co. 10-bis affermando il seguente principio generale: «ogni provvedimento di esclusione si genera e si consuma all’interno della procedura di gara per il quale è stato adottato dalla stazione appaltante (fermo le ipotesi speciali previste a determinate condizioni dal legislatore di cui si è detto), salvi gli obblighi dichiarativi in capo a ciascun operatore economico che dovrà informare la stazione appaltante delle precedenti esclusioni; in coerenza logica, la disposizione del comma 10 – bis si pone quale norma di chiusura di questo microsistema poiché delimita il periodo di rilevanza ai fini espulsivi di una pregressa vicenda professionale della quale sia stata informata la stazione appaltante (e correlativo il periodo al quale gli obblighi dichiarativo debbono aver riferimento)».
Testo completo della sentenza