Come possono partecipare le P.A. alle fondazioni?

L’art 1 co.4 del TUSP, Testo Unico sulle Società Partecipate – che disciplina la costituzione di società da parte di P.A., nonché l’acquisto, il mantenimento e la gestione di partecipazioni da parte di P.A. in società a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta – stabilisce che restano ferme le disposizioni di legge riguardanti la partecipazione di una P.A. alle fondazioni (partecipazione che è espressione del principio di sussidiarietà orizzontale).

MA QUALI SONO QUESTE DISPOSIZIONI DI LEGGE?

Nel variegato mondo delle fondazioni, quella che, per le sue caratteristiche, più agevolmente si adatta alle esigenze di una P.A. è la fondazione di partecipazione.

Le fondazioni di partecipazione sono legittimate e disciplinate dal combinato disposto degli artt. 45 Cost., che promuove lo sviluppo della cooperazione senza fini speculativi, 1332 c.c. che consente nei contratti aperti (in questo caso l’atto costitutivo della fondazione) l’adesione di altre parti oltre a quelle originarie, disciplinandone le modalità ove non previste, e art. 1 del DPR 361/2000 che afferma la possibilità di riconoscere la personalità giuridica sia alle figure giuridiche tipiche di associazioni e fondazioni che ad “altre istituzioni di carattere privato”, facendo sottintendere la possibilità che sussistano anche figure giuridiche atipiche, tra le quali può senz’altro annoverarsi la fondazione di partecipazione.
Dunque, la fondazione di partecipazione realizza una forma di cooperazione senza fini speculativi, (art. 45 Cost.), il suo atto costitutivo è classificabile come un contratto a struttura aperta (art. 1332 c.c.), ed è una figura giuridica atipica (art. 1 DPR 361/2000).

Aspetti in comune rispetto alla fondazione tradizionale sono il non avere scopo di lucro; il sorgere solo se sussiste il fondo di dotazione al momento della costituzione dell’ente, intangibile e costituito dai conferimenti dei fondatori; l’aversi, accanto al fondo di dotazione, il fondo di gestione, utilizzabile per l’attività corrente della fondazione
Aspetti che la diversificano rispetto alla fondazione tradizionale sono:
in primis la possibilità di essere costituita per iniziativa di una pluralità di soggetti – fondatori. Tutti i fondatori, sia i costituenti che coloro che vengono ammessi successivamente, partecipano attivamente alle decisioni e alla gestione della fondazione (come accade nelle associazioni), contribuiscono al fondo di dotazione e al fondo di gestione ed il “peso” dei partecipanti alla gestione può essere diversificato;
in secundis la possibilità di ingresso di soci (non fondatori), che comunque contribuiscono operativamente alla vita della fondazione mediante contributi patrimoniali corrisposti una tantum o annualmente.
Ovviamente, la partecipazione di enti pubblici, cui si parlerà a breve, determina un sistema di governance della fondazione necessariamente più complesso, con specifiche garanzie per la parte pubblica.
È proprio questa struttura aperta alla partecipazione di più soggetti giuridici che le da il nome di fondazione “di partecipazione”
L’ELEMENTO PUBBLICISTICO NELLA FONDAZIONE DI PARTECIPAZIONE

La fondazione di partecipazione vede quasi costantemente la collaborazione, come fondatori o come soci, tra pubblici, privati e volontari cittadini. Sia che la P.A. costituisca la fondazione sia che vi aderisca in un momento successivo deve motivare la propria scelta, ex art. 3 l. 241/90, dando conto delle specifiche ragioni di pubblica utilità perseguite dalla fondazione e, conseguentemente, dalla P.A. partecipandovi o costituendola e di come, in termini di efficacia, convenga che tali ragioni di pubblica utilità vengano perseguite proprio dalla fondazione rispetto all’azione diretta della P.A. stessa. Inoltre, nel caso in cui la P.A. costituisca la fondazione deve dare conto anche del perché è preferita la forma “fondazione”, anziché quella societaria o altre previste dall’ordinamento (ad esempio “l’azienda speciale” di cui all’art. 113-bis del D.lgs. n. 267/2000, prevista per i casi della gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica, ma di utilizzazione anche per casi di attività di utilità sociale).

Nella realtà dei fatti, la fondazione di partecipazione sovente nasce quale ente strumentale alla P.A. fondatrice in quanto, grazie alla sua struttura, rappresenta uno degli strumenti più adatti per consentire ad una P.A. di perseguire uno scopo di pubblica utilità usufruendo anche dell’apporto dei privati. Un’ampia categoria di fondazioni di partecipazione, infatti, comprende casi di attività in precedenza svolta dalla P.A. direttamente con i propri mezzi e poi esternalizzate per ragioni di miglior efficienza, astrattamente assicurate dalla diversa forma giuridica, e/o di maggiore funzionalità, del diritto comune rispetto alle regole pubblicistiche. Altro caso in cui vi è una massima contiguità della fondazione con la parte pubblica è quello delle fondazioni scaturenti dalla mera privatizzazione formale di precedenti enti pubblici.
In tali casi, in cui si parla di “fondazioni di diritto pubblico”, è evidente che la forma giuridica privatistica è soltanto un guscio vuoto (considerabile, con malizia, quale aggiramento dei vincoli pubblicistici). Il 7% degli organismi partecipati dagli enti locali che operano in settori diversi dalla gestione dei «classici» servizi pubblici locali (ambiente- rifiuti, servizio idrico, trasporti, energia e gas) è rappresentato da fondazioni (di partecipazione), concentrate nello svolgimento delle attività culturali, sportive e per lo sviluppo del turismo, oltre che nella sanità-assistenza sociale e nell’istruzione. Appare chiaro come il fenomeno non sia, soprattutto a livello locale, di poco conto. Anche il giudice amministrativo ha rilevato come le “fondazioni di diritto pubblico”, assimilabili a vere e proprie P.A., debbano essere sottoposte al controllo della Corte dei Conti poiché «finanziate in massima parte con risorse pubbliche e quindi assoggettate ad una normativa speciale di gran lunga più penetrante di quella stabilita in via generale dell’art. 25 del Codice Civile» (T.A.R. Liguria, Genova, sez. II, 18 febbraio 2009, n.230).

Diversamente accade nei casi di fondazioni di origine privatistica cui l’ente pubblico aderisce per la rilevanza pubblicistica delle loro iniziative, rimanendo però una delle parti del concerto sociale.

Così, nelle eterogeneità delle fondazioni di partecipazione, si passa da figure giuridicamente assai prossime alle pubbliche amministrazioni ad altre figure di impronta schiettamente privata ove la presenza di soggetti pubblici è solo eventuale e comunque non condizionante.
Ora, nel nostro ordinamento non esiste una definizione unitaria e omogenea di ente pubblico, ma giurisprudenza e dottrina hanno elaborato una serie di criteri per individuare la natura pubblica o privata di una fondazione, in quanto, come vedremo, la differenza fra le due ha rilevanti conseguenze sul piano pratico. Si tratta di “fondazione di diritto pubblico”, oltre al caso in cui vi è il riconoscimento formale della personalità giuridica di diritto pubblico, se:

  1. Non vi è fine di lucro;
  2. Viene costituita da una P.A.
  3. È assoggettata a controlli dell’autorità governativa;
  4. La P.A. partecipa direttamente e penetrantemente alla vita degli organi dell’ente e alla sua gestione, anche predisponendo mezzi finanziari a sostegno

In altri termini, ciò che rileva è l’assoggettamento dell’ente all’influenza dominante della P.A., da valutarsi caso per caso in ragione di vari parametri.

La prima conseguenza dell’aversi o meno una “fondazione di diritto pubblico” è che solo quelle in cui la presenza della P.A. non è condizionante possono, se ne ricorrono i presupposti, essere annoverate fra gli Enti del Terzo Settore. Difatti, il Codice del Terzo Settore, al suo art. 4, comma 2, dispone che non sono E.T.S. le P.A. di cui all’art. 1, comma 2, d.lgs.165/2001, nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti.
La seconda conseguenza dell’aversi o meno una “fondazione di diritto pubblico” consiste nell’applicazione o meno del Codice degli appalti e di tutte le procedure ad evidenza pubblica proprie delle P.A.
In conclusione, tolti i casi in cui si può parlare di “fondazioni di diritto pubblico” le fondazioni di partecipazione sono enti di forma privatistica, disciplinate principalmente dal diritto comune, in cui convergono iniziative pubbliche e private, così ricollegandosi all’idea del partenariato pubblico-privato per il perseguimento di fini di pubblica utilità.
Redazione

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