Nuovo Codice degli appalti – Novità in materia di affidamento e azione di rivalsa

L’art. 5 del nuovo Codice degli appalti (D. Lgs. 31 marzo 2023, n. 36) introduce delle importanti novità in materia di affidamento e azione di rivalsa.

Il primo comma dell’art. 5 stabilisce che “nella procedura di gara le stazioni appaltanti, gli enti concedenti e gli operatori economici si comportano reciprocamente nel rispetto dei principi di buona fede e di tutela dell’affidamento”. Il secondo comma recita: “nell’ambito del procedimento di gara, anche prima dell’aggiudicazione, sussiste un affidamento dell’operatore economico sul legittimo esercizio del potere e sulla conformità del comportamento amministrativo al principio di buona fede”.

La norma recepisce i principi sulla tutela dell’affidamento incolpevole enunciati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con le sentenze n. 5 del 2018 e nn. 19 e 20 del 2021 al fine di evidenziare, come sottolineato dalla Relazione al Codice predisposta dal Consiglio di Stato, che “l’affidamento rappresenta un limite al potere amministrativo che può venire in considerazione sia in materia di diritti soggettivi che di interessi legittimi ed inerire, pertanto, anche ai rapporti connotati da un collegamento con l’esercizio del potere”.

Col terzo comma dell’art. 5 il legislatore chiarisce quali siano le conseguenze di una violazione dei principi di affidamento e buonafede. Nel caso in cui l’aggiudicazione dovesse essere annullata su ricorso di terzi o in autotutela, “l’affidamento non si considera incolpevole se l’illegittimità è agevolmente rilevabile in base alla diligenza professionale richiesta ai concorrenti. Nei casi in cui non spetta l’aggiudicazione, il danno da lesione dell’affidamento è limitato ai pregiudizi economici effettivamente subiti e provati, derivanti dall’interferenza del comportamento scorretto sulle scelte contrattuali dell’operatore economico”.

Dunque, in caso di violazione dell’affidamento riposto dall’operatore economico sull’operato dell’amministrazione vi sarà un rimedio di natura unicamente risarcitoria e nei limiti dell’interesse negativo. È chiaro quindi che anche nei casi in cui “non spetta l’aggiudicazione” non sarà possibile invalidare l’aggiudicazione stessa. Inoltre, la norma recepisce quanto disciplinato nella sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 20 del 2021 in materia di condizioni di risarcibilità del danno da provvedimento favorevole poi annullato. Infatti, conformemente alla menzionata pronuncia, il nuovo Codice dei contratti pubblici esclude il carattere incolpevole dell’affidamento in caso di illegittimità agevolmente rilevabile in base alla diligenza professionale richiesta ai concorrenti.

L’ultimo comma dell’art. 5 del D. Lgs. 36/2023 afferma che “ai fini dell’azione di rivalsa della stazione appaltante o dell’ente concedente condannati al risarcimento del danno a favore del terzo pretermesso, resta ferma la concorrente responsabilità dell’operatore economico che ha conseguito l’aggiudicazione illegittima con un comportamento illecito”. Tale azione di rivalsa, secondo la Relazione è un rimedio che permette di “ritrasferire almeno in parte il danno risarcito dall’amministrazione sull’aggiudicatario illegittimo che, del resto, in assenza di meccanismo di rivalsa, beneficerebbe di un arricchimento ingiusto”.

L’azione volta al conseguimento della tutela in forma specifica e per equivalente è disciplinata dal riformato articolo 124 del codice del processo amministrativo. Tale norma dispone che condizione necessaria ai fini dell’accoglimento della domanda di aggiudicazione e di stipulare il contratto sia la dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi degli articoli 121, comma 1, e 122 del c.p.a.

Nel caso in cui il giudice non dichiari l’inefficacia del contratto disporrà il risarcimento per equivalente del danno subito. Inoltre, ai sensi dell’art. 34, comma 4 del c.p.a., “il giudice individua i criteri di liquidazione del danno e assegna un termine entro il quale la parte danneggiante deve formulare una proposta risarcitoria”. In mancanza di tale proposta “o la significativa differenza tra l’importo indicato nella proposta e quello liquidato nella sentenza resa sull’eventuale giudizio di ottemperanza costituiscono elementi valutativi ai fini della regolamentazione delle spese di lite in tale giudizio, fatto salvo quanto disposto dall’articolo 91, primo comma, del codice di procedura civile”.

Il Consiglio di Stato, nella Relazione al Codice, afferma che queste novità hanno il fine di accelerare il contenzioso sul risarcimento per equivalente “evitando l’attivazione del secondo giudizio di ottemperanza previsto dall’art. 34, comma 4, per il caso del mancato accordo tra le parti”.

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Redazione

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