In forza dell’entrata in vigore del Nuovo Codice appalti (D.Lgs 36/2023), anche per gli appalti pubblici di forniture e servizi di importo pari o superiore a 1 milione di euro, la costituzione del Collegio consultivo tecnico (CCT) è obbligatoria.
Invero, se durante vigenza del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 – la precedente normativa in materia – tale costituzione era obbligatoria solo per gli appalti di lavori, ora, lo è pure per le altre tipologie di appalti (qualora superino la soglia indicata).
A stabilirlo è l’art. 215, D.Lgs 36/2023 che, insieme agli artt. 216/219, detta la nuova disciplina valida in materia.
L’articolato del Nuovo Codice è da integrarsi con il suo All. V.2 e, nelle more dell’adozione delle nuove Linee guida del MIT, dalle vecchie Linee Guida, Decreto 17 gennaio 2022.
In tutti gli altri casi – i contratti pubblici con un valore al di sotto del milione di euro – la costituzione del CCT è facoltativa, ed avrà luogo se una delle parti ne richieda la formazione per prevenire le controversie o per consentire la rapida risoluzione delle stesse che possano insorgere nell’esecuzione dei contratti.
Il Collegio consultivo tecnico deve essere costituito a iniziativa della S.A. prima dell’avvio dell’esecuzione o comunque non oltre dieci giorni da tale data.
L’inottemperanza ovvero il ritardo nella costituzione del CCT, nel caso di affidamenti superiori alla soglia di rilevanza europea, è valutabile sia ai fini della responsabilità dirigenziale ed erariale, cfr. art. 2, all. V.2, D.Lgs 36/2023.
Il parere obbligatorio del CCT
Se, come anzi detto, la costituzione del CCT può essere facoltativa o obbligatoria, solitamente, l’attivazione di tale strumento è comunque una scelta rimesse alle parti del contratto pubblico.
Tuttavia, l’art. 216, D.Lgs 36/2023, detta una serie di casi in cui è obbligatorio richiedere una decisione al CCT, e in particolare:
- “nei casi di sospensione, volontaria o coattiva, dell’esecuzione di lavori diretti alla realizzazione delle opere pubbliche di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea di cui all’articolo 14, nonché nei casi dei contratti relativi a servizi e forniture di cui all’articolo 121, comma 11, secondo periodo“;
- “se, per qualsiasi motivo, i lavori non possono procedere con il soggetto designato, prima di risolvere il contratto la stazione appaltante acquisisce il parere del collegio consultivo tecnico, anche in ordine alla possibilità che gravi motivi tecnici ed economici rendano preferibile la prosecuzione con il medesimo soggetto“;
- “quando la sospensione è imposta da gravi ragioni di ordine tecnico, idonee a incidere sulla realizzazione a regola d’arte dell’opera, in relazione alle modalità di superamento delle quali non vi è accordo tra le parti“.
La composizione del CCT
Sarà la Stazione appaltante a decidere se il Collegio debba essere formato da tre o da cinque componenti, nel caso di motivata complessità dell’opera e di eterogeneità delle professionalità richieste, cfr. art. 1, comma 1, all. V.2 del Nuovo Codice.
Il contraente privato e la S.A. potranno nominare ciascuno uno (o due nel caso di cinque componenti totali) membri del CCT.
Il presidente verrà nominato dai due (o quattro) componenti nominati dalle parti contrattuali, o, in caso di disaccordo fra questi, dal MIT per le opere di interesse nazionale, dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano o dalle città metropolitane per le opere di rispettivo interesse.
I requisiti professionali e i casi di incompatibilità dei membri e del Presidente del Collegio consultivo tecnico, i criteri preferenziali per la loro scelta sono attualmente definiti dalle menzionate Linee Guida adottate con Decreto 17 gennaio 2022.
In questa sede ci si limita a segnalare che i componenti del CCT possono essere individuati, sia dalla S.A. che dall’operatore privato, anche tra il proprio personale dipendente ovvero tra persone a esse legate da rapporti di lavoro autonomo o di collaborazione anche continuativa.
Si dovrà comunque trattare di soggetti dotati di esperienza e qualificazione professionale adeguata alla tipologia dell’opera, tra ingegneri, architetti, giuristi ed economisti con comprovata esperienza nel settore degli appalti, delle concessioni e degli investimenti pubblici, anche in relazione allo specifico oggetto del contratto (per i dettagli, cfr. punto 2.4 delle Linee Guida).
Il CCT facoltativo nella fase antecedente alla esecuzione del contratto
Il CCT è solitamente uno strumento attinente alla fase di esecuzione del contratto.
Tuttavia, l’art. 218, D.Lgs 36/2023, ha previsto la sua costituzione facoltativa anche nella fase antecedente alla esecuzione del contratto ad opera e per scelta delle S.A. e degli enti concedenti.
In tal caso, il CCT è formato sempre da tre componenti. Due di questi saranno nominati dalla S.A., mentre il terzo dal MIT (in caso appalto di interesse nazionale) o dalle regioni, dalle città metropolitane oppure dalle province autonome di Trento e di Bolzano (per le opere o i servizi di interesse locale), cfr. art. 6, all. V.2, D.Lgs 36/2023.
La decisione del CCT e il suo regime di impugnabilità
Il secondo comma dell’art. 215, stabilisce che: “il collegio consultivo tecnico esprime pareri o, in assenza di una espressa volontà contraria, adotta determinazioni aventi natura di lodo contrattuale ex art. 808-ter c.p.c.”.
Ciò significa, che qualora una delle parti non esprima una volontà contraria, la decisione del Collegio avrà la valenza di un lodo irrituale ex art. 808-ter c.p.c.
A riguardo, si ricorda che, secondo la giurisprudenza, i lodi irrituali possono essere impugnati tassativamente per le ragioni indicate dal c.p.c. e, quindi:
“1) se la convenzione dell’arbitrato è invalida, o gli arbitri hanno pronunciato su conclusioni che esorbitano dai suoi limiti e la relativa eccezione è stata sollevata nel procedimento arbitrale;
2) se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi stabiliti dalla convenzione arbitrale;
3) se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro a norma dell’articolo 812;
4) se gli arbitri non si sono attenuti alle regole imposte dalle parti come condizione di validità del lodo;
5) se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio. Al lodo contrattuale non si applica l’articolo 825“.
Ciò significa che, diversamente dal lodo arbitrale ordinario, l’impugnazione del lodo irrituale non fa “saltare” un grado di giudizio (competente sarà il Tribunale di primo grado).
Ancora più importante è il fatto che l’eventuale annullamento giudiziale della decisione del Collegio consultivo tecnico, con valenza di lodo irrituale, comporterà necessariamente la necessità di un nuovo lodo in quanto il Giudice non potrà esprimersi sui profili di merito.
In ogni caso, sia che la decisione del Collegio abbia valore di parere che di lodo arbitrale irrituale, la sua inosservanza: “è valutata ai fini della responsabilità del soggetto agente per danno erariale e costituisce, salvo prova contraria, grave inadempimento degli obblighi contrattuali. L’osservanza delle determinazioni del collegio consultivo tecnico è causa di esclusione della responsabilità per danno erariale, salva l’ipotesi di condotta dolosa“, cfr. art. 215, comma 3, D.Lgs 36/2023.
Si era precedentemente parlato di Collegio consultivo tecnico (sotto la vigenza del vecchio codice) qui.
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