È compatibile col diritto dell’UE un rinnovo senza soluzione di continuità di contratti di lavoro a tempo determinato nelle p.a.?
La Corte di giustizia UE ha di recente fornito un’esaustiva risposta a tale quesito, profilando la corretta interpretazione della normativa di riferimento in materia. Ci si riferisce all’accordo-quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 e allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, datata 28 giugno 1999.
Adita dal Consiglio di Stato italiano con rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE, la CGUE enuclea le condizioni che le normative interne devono sancire perché possa escludersi un ricorso abusivo a plurimi contratti successivi a tempo determinato. La ratio è quella di impedire una prassi atta a dissimulare un servizio sostanzialmente continuativo che, non venendo espletato nell’ambito di un contratto a tempo indeterminato, comporterebbe un grave detrimento per le garanzie dei lavoratori.
Già il giudice del rinvio dà per assodato che i ricorrenti, facenti parte del personale in servizio temporaneo della Croce Rossa italiana, non vantino un diritto alla stabilizzazione. Essi, infatti, quantunque “militari” in senso lato, erano stati impiegati su base esclusivamente volontaria e per eseguire un lavoro gratuito. Nessun abuso dell’istituto della chiamata in servizio temporaneo può, dunque, essersi determinato, e ciò anche qualora i ricorrenti fossero stati mobilitati:
- per intervalli temporali diversi da quelli in cui perdurava l’emergenza che ne giustificava la chiamata in servizio;
- per lo svolgimento di mansioni istituzionali di carattere non soltanto straordinario e provvisorio, ma finanche ordinario.
Così, nel disporre il rinvio pregiudiziale, il Consiglio di Stato sostiene che l’espletamento di un servizio continuativo non sia, di per sé, elemento assorbente per declinare necessariamente un rapporto di lavoro come rapporto a tempo indeterminato. Anche perché quanti chiedono di entrare nella Croce Rossa sono già ab origine a conoscenza del fatto che questa non è la via per aspirare ad un impiego retribuito a tempo indeterminato.
Prendendo le mosse dall’anzidetto caso di specie, la sentenza della CGUE del 25 gennaio 2024, emessa all’esito della causa C‑389/22, fornisce importanti puntualizzazioni relativamente alla clausola 5, punto 1, dell’accordo-quadrodel 18 marzo 1999, che impone agli Stati membri, previa consultazione con le parti sociali, di adottare misure obiettive atte a giustificare il rinnovo dei suddetti contratti o rapporti, specificandone altresì durata massima e numero di rinnovi possibili. Tale previsione, di per sé, è e rimane una mera norma di principio. Essa, infatti, lungi dal dettare criteri oggettivi e trasparenti per accertare se il rinnovo dei contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale o se sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito, si limita ad assegnare un mero obiettivo generale agli Stati membri. A questi ultimi demanda la prevenzione degli anzidetti abusi; cosicché, la discrezionalità degli Stati nella scelta dei mezzi per conseguire detta finalità incontra come unico limite l’impossibilità di rimettere in discussione lo scopo o l’effetto utile dell’accordo quadro (cfr., ex multis, sentenza CGUE del 15 dicembre 2022, nelle cause riunite C‑40/20 e C‑173/20).
Orbene, la Corte precisa che in nessun caso il rinnovo di contratti a termine nel pubblico impiego può essere ammesso per lo svolgimento, in modo permanente e duraturo, di mansioni rientranti nella normale attività del settore di cui trattasi e non aventi carattere provvisorio.
Ulteriore delucidazione offerta dalla CGUE nella pronuncia in parola è la seguente: la rinnovazione dei contratti in questione – si tratti di rinnovo o di proroga in senso stretto – risulta ammissibile solo se e nella misura in cui la normativa nazionale, sulla cui scorta essa ha avuto luogo, abbia previsto apposite misure disincentivanti e, se del caso, sanzionatorie per scongiurare ogni utilizzo abusivo di una siffatta successione contrattuale.
Viceversa, integra una violazione del suddetto accordo-quadro la reiterazione continua di contratti di lavoro a tempo determinato nelle p.a. laddove la stessa, consentita dalla relativa disciplina interna, non sia assistita da idonee misure volte ad impedire e/o sanzionare le fattispecie abusive di cui alla summenzionata clausola 5, punto 1.
Infine, la CGUE chiarisce il portato del principio di non discriminazione, cristallizzato nella clausola 4, punto 1,del richiamato accordo-quadro. Tale norma va interpretata nel senso che una normativa nazionale non pone in essere una disparità di trattamento laddove, nell’ambito di un complessivo disegno di riorganizzazione dell’ente Croce Rossa, consenta soltanto a taluni dei membri del personale di continuare a svolgere sine die le loro mansioni, precludendo invece tale possibilità a quanti abbiano svolto un servizio temporaneo anteriormente ad una certa data.