Con la recente sentenza n. 1393/2024, il Tar Lazio si è pronunciato in merito alla questione sulla configurabilità di una responsabilità in capo al provider che non sia a conoscenza dell’attività illecita che avviene tramite i propri servizi.
Nel caso di specie, la società Meta Platforms Ireland Ltd. era stata sanzionata dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) per una presunta violazione del divieto di pubblicità del gioco d’azzardo previsto dall’art. 9, comma 1, del D.L. n. 87/2018.
Il Giudice amministrativo ha affermato che tale responsabilità non sia configurabile nel caso in cui il fornitore di servizi di hosting possa essere considerato un hosting provider “passivo”, ovverosia un provider che “pone in essere un’attività di prestazione di servizi di ordine meramente tecnico e automatico, con la conseguenza che detti prestatori non conoscono né controllano le informazioni trasmesse o memorizzate dalle persone alle quali forniscono i loro servizi”. Si intendono, invece, hosting provider “attivi” quei fornitori di servizi di hosting la cui attività “non è limitata a quanto sopra indicato ma ha ad oggetto anche i contenuti della prestazione resa” (cfr. Corte giust. UE, 7 agosto 2018, cit. nonché, in ambito nazionale, Cass. civ., Sez. I, n. 7708/2019 e Cons. Stato, Sez. VI, 13/09/2022, n. 7949).
I provider “passivi”, infatti, non sono responsabili delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto provider: “non sia effettivamente al corrente del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l’ illegalità dell’attività o dell’ informazione, o non appena al corrente di tali fatti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso” (art. 14, comma 1, direttiva sul commercio elettronico 2000/31 (CE).
Inoltre, il TAR ha richiamato l’art. 7 del nuovo regolamento sui servizi digitali, ai sensi del quale “i prestatori di servizi intermediari non sono considerati inammissibili all’esenzione dalla responsabilità … per il solo fatto di svolgere indagini volontarie o altre attività di propria iniziativa volte ad individuare, identificare e rimuovere contenuti illegali o a disabilitare l’accesso agli stessi”.
Infatti, non è sufficiente perché si possa considerare un provider “attivo” che lo stesso si sia dotato di un sistema di controllo automatizzato. Il solo fatto che il software in questione contempli l’astratta possibilità, in un numero limitato di casi, di sottoporre una singola inserzione a revisione umana, non è idoneo a giustificare un addebito a carico del fornitore di servizi di hosting a titolo di concorso nella commissione dell’altrui illecito.
Affinché ciò sia possibile bisognerebbe allegare e dimostrare in concreto che il provider si sia venuto a trovare in una condizione di effettiva conoscenza dell’inserzione illecita. Infatti, ai sensi dell’art. 64, comma 2, c.p.a., il quale dispone che “salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti nonché i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite”, la conoscenza dell’inserzione illecita da parte del provider deve essere provata specificamente dalla parte che ne ha interesse o, quantomeno, non contestata dal fornitore del servizio.
Nella fattispecie in esame, è stato meramente allegato che “gli standard pubblicitari adottati [dal provider] prevedono la “previa autorizzazione scritta” per la pubblicazione di inserzioni che promuovono il gioco d’azzardo”. Tale autorizzazione scritta non è sufficiente per provare la conoscenza dell’attività illecita da parte del provider in quanto non dimostra che il medesimo fosse consapevole dell’utilizzazione delle proprie piattaforme per fini non consentiti. Dunque, tale “autorizzazione scritta”, non basta per poter considerare l’hosting provider come “attivo”.