Con sentenza 65/2024, la Corte Costituzionale è intervenuta a dirimere un conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera dei Deputati nei confronti della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato, i quali si erano pronunciati su una controversia riguardante una procedura ristretta di selezione promossa dalla stessa Camera.
Nello specifico, uno dei concorrenti aveva proposto ricorso innanzi il Consiglio di Stato lamentando l’illegittimità del provvedimento con cui era stato escluso dalla procedura selettiva. Già in quella sede la Camera dei Deputati aveva eccepito il difetto di giurisdizione, denunciando la lesione della propria sfera di attribuzioni da parte del giudice amministrativo e invocando l’intervento della Corte di Cassazione sulla questione.
Il giudice di legittimità, dal canto suo, rigettando il ricorso della Camera, aveva ribadito la giurisdizione del giudice amministrativo in quella controversia.
A questo punto, la Camera ha promosso conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti della Cassazione e del Consiglio di Stato, richiedendo l’intervento della Corte Costituzionale.
La Consulta ha ribadito l’esistenza di poteri di autodichia in capo agli organi costituzionali, la quale è espressione “della sfera di autonomia riconosciuta agli organi costituzionali, a quest’ultima strettamente legata nella concreta esperienza costituzionale (Corte Cost.sentenza n. 262 del 2017)”. Tale potere, per quanto riguarda le due Camere del parlamento, ha un fondamento costituzionale espresso rinvenibile all’art. 64 Cost.
L’autonomia del Senato e della Camera dei Deputati si traduce, in primis, in potere di produrre norme regolamentari (cd. autonomia) inerenti alla propria attività interna, e dunque anche al rapporto con i propri dipendenti; in secondo luogo, all’autonomia si lega “l’autodichia” ossia il potere di giudicare direttamente, attraverso propri organi, delle controversie relative all’applicazione di tali norme al fine di rafforzare l’autonomia di tali organi costituzionali, evitando ingerenze da parte dei giudici comuni.
Il fondamento dell’autonomia – ossia la tutela dell’indipendenza degli organi costituzionali al fine di garantire loro il libero ed efficiente svolgimento delle loro funzioni – ne rappresenta anche il limite: laddove le controversie non attengano ad attività interne, bensì a rapporti con soggetti terzi, l’organo non potrà ricorrere ai propri poteri regolamentari né tantomeno all’autodichia.
Alla luce di queste osservazioni, la Consulta ha ritenuto che la controversia oggetto del caso concreto – inerente la materia dei contratti pubblici – esorbitasse dalla sfera di attribuzioni della Camera dei deputati e che fosse suscettibile di rientrare nella sfera di competenza del giudice amministrativo, il quale ha peraltro giurisdizione esclusiva sulla materia degli appalti.
Rispetto all’esigenza di garantire indipendenza e autonomia delle Camere dal sindacato giurisdizionale, la Corte Costituzionale ha chiarito che “le esigenze di tutela degli interessi legittimi – anch’esse fondate sulla Costituzione, e in particolare sull’art. 103 – implichino sempre, per forza di cose, significative limitazioni dei poteri pubblici con i quali essi si trovino a interagire: sia che si tratti della generalità delle pubbliche amministrazioni, sia che si tratti di organi costituzionali, come nel caso ora all’esame.”
Il potere di autodichia, costituzionalmente attribuito agli organi costituzionali, ha natura eccezionale rispetto alla “grande regola” dello Stato di diritto per la quale tutti i diritti e i beni giuridici sono sottoposti al regime giurisdizionale.
Questa impostazione è condivisa dalla Corte Edu e dalla Corte di Giustizia europea, le quali propugnano un modello ordinamentale che garantista a chiunque l’accesso a un equo giudizio e, dunque, a un giudice “indipendente”.
La giurisdizione domestica degli organi costituzionali sulle controversie aventi ad oggetto i rapporti con i propri dipendenti è da sempre ritenuta coerente alla Costituzione, in quanto finalizzata a garantire l’indipendenza e l’autonomia dell’organo.
Tuttavia, aggiunge la Consulta, “Estendere tale deroga oltre la sfera dei soggetti “interni” (o aspiranti tali) agli organi costituzionali, sino a comprendere le imprese che concorrano per aggiudicarsi un appalto bandito dagli organi stessi, comporterebbe un sacrificio sproporzionato al diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, nel senso ampio appena precisato, a carico di soggetti del tutto estranei alla struttura organizzativa degli organi costituzionali stessi, e titolari come qualsiasi altro soggetto del diritto di accedere al giudice “naturale” stabilito dall’ordinamento, sulla base dei principi costituzionali.”
In chiusura, giudice delle leggi ha chiarito che il potere regolamentare e quello di autodichia non sempre hanno il medesimo ambito di operatività, in quanto è possibile per gli organi costituzionali disciplinare materie sulle quali non potranno esercitare il potere di autodichia.