Legge sull’equo compenso: i riflessi sui codici deontologici

La legge sull’equo compenso è stata introdotta ormai un anno fa e mira a tutelare il professionista che spesso è “parte debole” nella contrattazione con clienti quali Pubbliche amministrazioni, banche e società di notevoli dimensioni; l’obiettivo è quello di impedire la pattuizione di compensi eccessivamente bassi, non solo a garanzia del professionista, ma anche per salvaguardare il confronto concorrenziale all’interno del mercato.

L’art. 1 della L. 49/2023 definisce equo il compenso che sia “proporzionato alla quantità e alla qualita’ del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonche’ conforme ai compensi previsti rispettivamente:

  1. a) per gli avvocati, dal decreto del Ministro della giustizia emanato ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247;
  2. b) per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27;
  3. c) per i professionisti di cui al comma 2 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 2013, n. 4, dal decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e, successivamente, con cadenza biennale, sentite le associazioni iscritte nell’elenco di cui al comma 7 dell’articolo 2 della medesima legge n. 4 del 2013.”

Quanto all’ambito oggettivo di applicazione, la legge riguarda “rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale di cui all’articolo 2230 del codice civile” regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento di attività professionali anche in forma associata e societaria e svolte nei confronti di imprese bancarie o assicurative o in generale di imprese che, nell’anno precedente, abbiano occupato 50 o più lavoratori ovvero che abbiano avuto ricavi annui superiori a 10 milioni di euro. La normativa trova altresì applicazione alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.

Nonostante si attenda un’interpretazione autentica da parte del legislatore, Anac ritiene che la legge sull’equo compenso non si applichi agli appalti pubblici integrati e a quelli che riguardano servizi di architettura e ingegneria.

Il rischio, secondo l’Autorità anticorruzione, sarebbe quello di frustrare il confronto competitivo, scoraggiando i professionisti più giovani che non possono contare sui requisiti dell’esperienza professionale maturata o sull’organizzazione degli studi.

La legge stabilisce che sono nulle quelle clausole contrattuali che attribuiscano al cliente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto o del servizio reso, nonché le clausole e le pattuizioni che prevedano, ad esempio, la facoltà per il cliente di modificare unilateralmente il contenuto contrattuale, che impongano al  professionista di anticipare tutte le spese necessarie per l’attività o che consentano al cliente di pretendere prestazioni aggiuntive senza contropartita economica.

Oltre alla sanzione delle nullità delle clausole, sono previste sanzioni a carico del professionista che concluda contratti in violazione della regola sull’equo compenso; la legge stabilisce che i consigli nazionali si adeguino inserendo all’interno dei vari codici deontologici tali norme sanzionatorie.

Il primo Consiglio a recepire i dettami della l. 49/2023 è stato quello degli Ingegneri, il cui codice rinvia ai parametri previsti dalla legge per stabilire l’equità del compenso.

Dal canto suo il Consiglio nazionale forense ha introdotto una norma ad hoc all’interno del codice deontologico, la quale entrerà in vigore decorsi tre mesi dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Il CNF ha sposato una linea più morbida, prevedendo la sanzione della censura per chi concorda un compenso non equo e quella dell’ammonimento per il caso del legale che predispone il contratto senza avvisare il cliente dell’obbligo di equo compenso.

Infine, è stato istituito con decreto del Ministro della Giustizia n. 6/2024 l’Osservatorio nazionale sull’equo compenso. L’organismo dovrà vigilare sull’osservanza della corretta determinazione ed applicazione della giusta remunerazione dei liberi professionisti e raccogliere le istanze delle libere professioni. Fanno parte dell’Osservatorio i rappresentanti di tutti i Consigli nazionali degli Ordini professionali.

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Redazione

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