Con sentenza del 9 febbraio 2024, n. 1337, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello proposto dall’amministrazione comunale, condividendo le conclusioni già raggiunte dai giudici di prime cure che avevano ritenuto fondato il ricorso introduttivo “avuto riguardo all’impiego illegittimo, da parte del Comune, di uno strumento di autotutela esecutiva per conseguire il recupero di un bene appartenente al patrimonio disponibile dell’Ente civico”.
Il Comune appellante, infatti, aveva tentato di sostenere che il provvedimento impugnato dai ricorrenti in primo grado rappresentasse “il terminale esecutivo dei provvedimenti di demolizione e di acquisizione al patrimonio comunale dell’opera abusiva” e che un tale potere di sgombero, disciplinato dall’art. 31, d.P.R. n. 380/2001, fosse espressione di un potere di vigilanza e di repressione urbanistico-ediliza sul territorio connotato da esecutorietà, sicché – a dire dell’ente comunale – era da ritenere legittima l’adozione dell’ordinanza di sgombero.
Secondo tale ragionamento, quindi, era del tutto privo di rilievo che il recupero avesse ad oggetto un bene appartenente al patrimonio disponibile del Comune, poiché è irrilevante quale sia la natura del bene oggetto dell’ordinanza di sgombero ove detta ordinanza si collochi all’interno del procedimento di cui all’art. 31, d.P.R. n. 380/2001.
I Giudici di Palazzo Spada, tuttavia, hanno rilevato che dal provvedimento impugnato non emergeva in alcun modo che fosse in corso un procedimento repressivo degli abusi edilizi ai sensi dell’art. 31, del d.P.R. n. 380/2001, né in esso veniva fatto un riferimento, neppure generico, ad un’accertata abusività dei manufatti.
Il Collegio ha dunque precisato i seguenti principi:
a) è vero che l’amministrazione può agire autoritativamente ordinando lo sgombero nell’ambito del procedimento repressivo-ripristinatorio degli abusi edilizi, così come tratteggiato dalla disciplina del d.P.R. n. 380/2001, per il rilascio dell’immobile occupato da soggetti privati, al fine di conseguirne l’immissione in possesso e procedere da sé alla demolizione;
b) ma fuori dall’ipotesi sub a), ossia nei casi in cui non si applichi la disciplina contenuta nel d.P.R. n. 380/2001, l’amministrazione può ricorrere ai poteri di autotutela di cui all’art. 823, comma 2, c.c., e può dunque agire autoritativamente, solo quando i beni siano demaniali o – per come ribadito a più riprese dalla giurisprudenza amministrativa – indisponibili;
c) da ultimo, fuori dall’ipotesi sub a) – ossia nei casi in cui non si applichi la disciplina contenuta nel d.P.R. n. 380/2001 – e sub b)- ossia nei casi in cui non ci si trovi in presenza di beni demaniali o appartenenti al patrimonio indisponibile -, l’amministrazione può recuperare i beni appartenenti al patrimonio disponibile solo e soltanto ricorrendo agli strumenti giurisdizionali ordinari, mediante le azioni possessorie o l’azione di rivendica, da esperire dinanzi al giudice ordinario.
Ciò premesso, il Consiglio di Stato ha poi ricordato quali siano i presupposti in presenza dei quali il giudice amministrativo può procedere all’accertamento in via incidentale di un diritto soggettivo.
Più nel dettaglio, gli appellati avevano riproposto dinanzi al Collegio la questione dell’intervenuta usucapione, chiedendo di accertarla incidenter tantum ai sensi dell’art. 8, comma 1, c.p.a., così da appurare l’acquisizione della proprietà dell’immobile oggetto dell’ordinanza di sgombero in capo ad essi.
Ora, ai sensi dell’art. 8, comma 1, c.p.a.: “il giudice amministrativo nelle materie in cui non ha giurisdizione esclusiva conosce, senza efficacia di giudicato, di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale”.
Tuttavia, il Consiglio di Stato ha ritenuto inapplicabile la norma in questione nel caso sottoposto al suo vaglio, giacché “respinto l’appello con la conferma della sentenza che ha annullato l’ordinanza di sgombero, la questione dell’intervenuta usucapione non è […] [più] una questione pregiudiziale, necessaria per definire il giudizio”.
In altre parole, il Collegio ha inteso specificare che esula dalla giurisdizione amministrativa l’accertamento incidentale di questioni relative a diritti soggettivi, ogniqualvolta tale accertamento non sia strettamente funzionale alla risoluzione della questione principale ovvero ogniqualvolta la questione principale si possa risolvere senza che i diritti soggettivi siano oggetto di accertamento incidentale.