Affidamento diretto: gli autovincoli dell’Amministrazione lo snaturano?

L’affidamento diretto è per definizione una modalità di selezione del contraente privato ispirata a esigenze di celerità e semplificazione, che per quanto regolata e delimitata dal Codice dei contratti pubblici, è caratterizzata da ampi margini di discrezionalità dell’Amministrazione.

Attualmente, sussiste in giurisprudenza un contrasto sulle implicazioni della scelta della stazione appalti di prevedere criteri specifici selettivi dell’affidatario, se, cioè, l’acquisizione di più offerte e la loro valutazione sulla base di parametri individuati dall’amministrazione trasformi l’affidamento in una procedura competitiva.

Sull’argomento la giurisprudenza è divisa tra un orientamento più garantista che ritiene che la fissazione di criteri selettivi sia sintomatica di un confronto squisitamente competitivo e dunque da ricondurre a una procedura ordinaria; un altro orientamento, invece, sostiene che la procedimentalizzazione dell’affidamento non comporti alcun modifica del paradigma dell’affidamento diretto.

Rispetto al primo indirizzo può essere utile citare la sentenza della T.A.R. Friuli-Venezia Giulia che si è espressa con riguardo a un affidamento diretto di servizi, previo esperimento di indagine di mercato.

L’indagine di mercato può essere tanto una manifestazione di interesse ad acquisire candidature per il successivo invito alla procedura negoziata, quanto – in senso più atecnico – l’analisi di listini, il confronto di preventivi e la verifica dei prezzi applicati ad altre amministrazioni.

Nel caso concreto, la S.A. aveva invitato le imprese coinvolte a presentare le loro offerte secondo regole tecniche e di procedure, definite a monte dalla stessa amministrazione procedente.

Secondo la ditta ricorrente, la scelta dell’amministrazione sarebbe stata affetta da un vizio di motivazione, tale da rendere del tutto arbitraria e irragionevole la scelta adottata.

Per il collegio, la procedura – così per come predisposta dall’amministrazione procedente – configurerebbe un’ipotesi di procedura negoziata di cui avrebbe dovuto seguire le specifiche regole; quindi, a prescindere dal nomen iuris della procedura, quando la stazione appaltante ricorra a sistemi di comparazione tra più operatori economici deve adeguarsi alle regole comuni, cui del resto lo stesso art. 50, comma 1, fa riferimento nel prevedere il rispetto dei principi comuni contenuti all’interno del Libro I, Parti I e II del codice dei contratti pubblici.

Anche il T.A.R. Abruzzo n. 410/2022, in una sentenza meno recente, giunge a conclusioni simili a quelle esposte poc’anzi; il Collegio, infatti, ha affermato che quando l’amministrazione richiede la presentazione preliminare di offerte che vengono da essa valutate e comprate tra loro, secondo criteri tabellari di selezione della migliore offerta, “è evidente che l’amministrazione ha inteso dar corso a un confronto competitivo fra gli aderenti all’invito a offrire. Trovano pertanto piena applicazione i principi in materia di parità di trattamento degli operatori partecipanti alla gara”.

Su posizioni diverse si è attestato il T.A.R. Lombardia, con sentenza n. 2698/2023, ha ritenuto che l’individuazione da parte della stazione appaltanti di criteri valutativi per l’individuazione del miglior contraente non determini un allontanamento dal paradigma dell’affidamento diretto.

Per il Collegio, l’elemento dirimente è il fatto che la richiesta di preventivi sia stata qualificata dalla stessa amministrazione procedente alla stregua di un “mero sondaggio del mercato volto a un potenziale successivo affidamento diretto”.

Questa impostazione è stata condivisa di recente dal Consiglio di Stato, nella sentenza 503/2024 che si è espresso nei seguenti termini “la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori (secondo modalità che corrispondono alle previsioni contenute nelle Linee Guida ANAC n. 4 per gli affidamenti diretti), non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze” .

L’implicazione dell’impostazione adottata dal Consiglio di Stato consiste nel fatto che eventuali operatori che abbiano presentato i propri preventivi all’amministrazione procedente nulla potranno obiettare rispetto alla scelta dell’amministrazione procedente, trattandosi del risultato dell’esercizio di un’attività discrezionale.

Se, dunque, la procedimentalizzazione dell’affidamento diretto non lo snatura mutandolo in procedura competitiva, l’unica conseguenza dell’autovincolo si manifesterebbe unicamente sul piano del sindacato amministrativo, ove il Giudice, nel valutare la legittimità dell’affidamento, dovrebbe tenere conto dei criteri che la stazione appaltante ha scelto nel concludere la trattativa privata.

Redazione

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