Con la recente sentenza dello scorso 11 luglio 2024, la Terza Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione europea ha stabilito che la libertà di stabilimento di cui all’articolo 49 del TFUE non osta a una normativa nazionale che prevede – alla scadenza della concessione per l’occupazione del demanio pubblico marittimo e salva ogni diversa pattuizione contenuta nell’atto di concessione – la cessione immediata, a titolo gratuito e senza indennizzo allo Stato delle opere non amovibili realizzate dal privato nell’area concessa.
La Corte si è pronunciata nella causa C-598/22 – Società Italiana Imprese Balneari Srl (nel prosieguo SIIB) contro Comune di Rosignano Marittimo e altri, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato nel settembre 2022, ai sensi dell’art. 267 TFUE.
In particolare, la controversia traeva origine dall’impugnazione di taluni provvedimenti del Comune, mediante i quali quest’ultimo aveva accertato che – una volta scaduta una concessione di occupazione del demanio pubblico marittimo rilasciata alla SIIB – le opere inamovibili costruite dalla stessa erano state acquisite, a titolo gratuito, dallo Stato italiano, con la conseguenza, peraltro, che le successive concessioni si sarebbero caratterizzate per l’imposizione del pagamento di un canone demaniale maggiorato.
Sul punto, il Comune sosteneva di essersi limitato ad applicare:
a) l’art. 49 del codice della navigazione, rubricato “devoluzione delle opere non amovibili”, secondo cui “salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato”;
b) l’art. 1, comma 251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge finanziaria 2007), secondo cui l’acquisizione al demanio pubblico di beni costruiti dal concessionario comporta l’applicazione agli stessi di un canone maggiorato, divenendo tali beni pertinenze del demanio pubblico.
La SIIB, che gestiva uno stabilimento balneare insistente su demanio pubblico marittimo dal 1928, sosteneva che il Comune non potesse acquisire ex lege le opere, in considerazione del fatto che si erano susseguiti nel tempo svariati rinnovi delle concessioni, sempre in favore della medesima società.
In sostanza, la SIIB sosteneva che, soprattutto in caso di rinnovo di una concessione, l’acquisizione al demanio pubblico marittimo dello Stato senza indennizzo delle opere costruite dal concessionario su tale demanio fosse contraria al diritto dell’Unione europea, e segnatamente agli articoli 49 e 56 TFUE.
Alla luce di quanto precede, il Consiglio di Stato ha allora posto alla Corte dell’Unione europea la seguente questione pregiudiziale: “se gli articoli 49 e 56 TFUE, […] ove ritenuti applicabili, ostino all’interpretazione di una disposizione nazionale quale l’articolo 49 [del codice della navigazione] nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento, delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo configurare tale effetto di immediato incameramento una restrizione eccedente quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito dal legislatore nazionale e dunque sproporzionato allo scopo”.
La Corte di Giustizia, ritenuto inapplicabile al caso di specie l’art. 56 TFUE, ha esaminato la questione soltanto in relazione all’art. 49 TFUE.
I giudici, una volta ribadito che per costante giurisprudenza “devono considerarsi quali restrizioni a tale libertà tutte le misure che, seppur applicabili senza discriminazioni fondate sulla nazionalità, vietino, ostacolino o rendano meno attrattivo l’esercizio della libertà garantita dall’articolo 49 TFUE”, hanno stabilito che:
- non vìola il divieto di restrizioni alla libertà di stabilimento di cui all’art. 49 TFUE una normativa nazionale opponibile indistintamente a tutti gli operatori esercenti delle attività nel territorio dello Stato membro. Nel caso di specie, l’art. 49 del codice della navigazione si rivolge a tutti gli operatori esercenti attività nel territorio italiano, sicché “tutti gli operatori economici si trovano ad affrontare la medesima preoccupazione, che è quella di sapere se sia economicamente sostenibile presentare la propria candidatura e sottoporre un’offerta ai fini dell’attribuzione di una concessione sapendo che, alla scadenza di quest’ultima, le opere non amovibili costruite saranno acquisite al demanio pubblico”;
- l’art. 49 del codice della navigazione non attiene alle condizioni per lo stabilimento dei concessionari autorizzati a gestire un’attività turistico-ricreativa sul demanio marittimo italiano, ma si limita solo a prevedere che – “alla scadenza della concessione e salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione” – le opere non amovibili verranno incamerate immediatamente e senza alcun riconoscimento di indennizzo. L’art. 49 del codice della navigazione, in altri termini, non incide sui requisiti da rinvenire in capo all’operatore economico al fine di ottenere la concessione, riferendosi detta norma soltanto alle conseguenze che reca con sé, una volta che sia scaduta la concessione, la constatazione dell’esistenza di opere non rimovibili sul demanio marittimo;
- l’art. 49 del codice della navigazione si limita solo a trarre i fisiologici corollari dei principi fondamentali del demanio pubblico. Ed invero “l’appropriazione gratuita e senza indennizzo, da parte del soggetto pubblico concedente, delle opere non amovibili costruite dal concessionario sul demanio pubblico costituisce l’essenza stessa dell’inalienabilità del demanio pubblico. Il principio di inalienabilità implica segnatamente che il demanio pubblico resta di proprietà di soggetti pubblici e che le autorizzazioni di occupazione demaniali hanno carattere precario, nel senso che esse hanno una durata determinata e sono inoltre revocabili”;
- ancora, l’art. 49 del codice della navigazione prevede espressamente la possibilità di derogare consensualmente al principio dell’acquisizione immediata senza alcun indennizzo, sicché le parti ben potrebbero adoperarsi per inserire clausole tese ad evitare talune delle conseguenze che si produrrebbero ex lege, in assenza di apposite deroghe, allo scadere della concessione. Per tali motivi, secondo i giudici, “ne consegue che l’acquisizione immediata, gratuita e senza indennizzo delle opere non amovibili costruite dal concessionario su tale demanio non può essere considerata come una modalità di cessione forzosa delle opere suddette”;
- infine, il rinnovo di una concessione di occupazione del demanio pubblico marittimo si risolve inevitabilmente nella successione di due titoli di occupazione del demanio e mai in una proroga del primo titolo. La Corte ha inteso precisare, infatti, che “tale interpretazione è […] idonea a garantire che l’attribuzione di una concessione possa avvenire soltanto all’esito di una procedura concorrenziale che ponga tutti i candidati e gli offerenti su un piede di parità”.
In conclusione, la CGUE ha ritenuto che le normative degli Stati membri che prevedano, alla scadenza della concessione e anche ove questa venga successivamente rinnovata, l’acquisizione gratuita, immediata e senza indennizzo delle opere inamovibili costruite sul demanio pubblico marittimo dal concessionario non si pongono in contrasto con l’art. 49 del TFUE.