Con sentenza n. 5789/2024, il Consiglio di Stato è intervenuto in materia di appalti, con specifico riguardo al funzionamento delle piattaforme digitali di e-procurement.
Nel caso concreto, la stazione appaltante aveva indetto una procedura ad evidenza pubblica cui avevano partecipato solo due operatori economici.
In un primo momento, la lex spexialis non aveva richiesto la presentazione di un progetto definitivo, bensì di una versione sintetica dello stesso da presentare con modalità telematica, mediante busta telematica con capacità massima di 100 MB.
Sennonché, con una delibera successiva, la stazione appaltate ha deciso di apportare una serie di modifiche ala lex specialis con riguardo alla documentazione di gara da produrre; in particolare, era richiesta la presentazione di un progetto definitivo, con evidente aumento degli allegati da caricare sulla piattaforma digitale, nonostante l’invariata capacità della busta elettronica.
In fase di caricamento dei documenti richiesti ai fini della partecipazione alla procedura di selezione, l’impresa appellante ha riscontrato dei problemi, dovuti alla limitata capienza della busta digitale; per questo motivo, e per evitare di presentare un’offerta incompleta, l’operatore economico ha spedito mediante pec la sola cartella contenente gli elementi relativi all’offerta tecnica.
L’amministrazione, ritenendo che l’impresa avesse violato il principio di segretezza dell’offerta tecnica, ha escluso la concorrente.
Il Consiglio di Stato ha censurato il provvedimento di esclusione, ritenendolo contrario ai principi del risultato e della fiducia.
Il Collegio è consapevole che i predetti principi sono stati codificati solo con il d.lgs. 36/2023, ma ha privilegiato il fatto che si tratti di regole immanenti il nostro ordinamento.
Del resto, il principio del risultato, inteso come dovere delle stazioni appaltanti di concludere e procedure di affidamento con la massima tempestività e con il miglior rapporto qualità/prezzo, non è che il precipitato dei principi di efficienza, efficacia e economicità consacrati all’art. 97 della Costituzione.
Sul punto, il Consiglio di Stato afferma che “Il principio del risultato, secondo la declinazione datane dal legislatore:
– costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità ed è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea;
– costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto.”
Il suddetto principio si applica congiuntamente a quello della fiducia, che amplia i poteri valutativi dell’amministrazione aggiudicatrice in un’ottica di migliore realizzazione dell’interesse pubblico.
Secondo il Collegio, dunque, “Il principio del risultato e quello della fiducia sono avvinti inestricabilmente: la gara è funzionale a portare a compimento l’intervento pubblico nel modo più rispondente agli interessi della collettività nel pieno rispetto delle regole che governano il ciclo di vita dell’intervento medesimo” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 febbraio 2024, n. 1924).
Dunque, “l’eccessiva “rigidità” della piattaforma informatica approntata per la presentazione delle offerte, unita all’eccessivo “formalismo” con cui la stazione appaltante ha gestito la gara, arrestata sul nascere, abbiano nella sostanza frustrato i riportati principi che, val bene ricordarlo, sebbene codificati soltanto con il decreto legislativo n. 36 del 2023, non applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, rappresentano comunque principi già immanenti dell’ordinamento.”
È quantomeno interessante la scelta ermeneutica, e dunque applicativa, effettuata dal Consiglio di Stato laddove ha ritenuto che principi espressamente previsti solo con il d.lgs. 36 /2023 siano applicabili anche a procedure disciplinate dal previgente codice dei contratti pubblici.