La Corte costituzionale sull’abuso della decretazione d’urgenza

Con sentenza n. 146/2024, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla questione di legittimità avente ad oggetto l’art. 2, comma 3, del d.l. n. 51 del 2023, come convertito, che così dispone “I sovrintendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, hanno compiuto il settantesimo anno di età, cessano anticipatamente dalla carica a decorrere dal 1° giugno 2023, indipendentemente dalla data di scadenza degli eventuali contratti in corso”.

In particolare, il Giudice a quo aveva rilevato la contrarietà della suddetta norma all’articolo 3 Cost., in quanto misura sproporzionata e incongrua rispetto all’obiettivo di assicurare un ricambio generazionale.

In secondo luogo, secondo il rimettente, la disposizione avrebbe violato  gli articoli 97 e 98 della Costituzione, poiché comprometterebbe il buon andamento e la continuità dell’azione amministrativa.

Infine, la norme censurata configgerebbe con l’articolo 77 della Costituzione, per via dell’assenza di una situazione di fatto di urgenza e necessità che legittimerebbe l’adozione di una misura del genere mediante decreto-legge.

Proprio quest’ultima censura ha assunto rilievo predominante nel punto in diritto della sentenza analizzata, in quanto avente carattere assorbente rispetto alle altre.

Secondo il nostro modello di democrazia parlamentare, sebbene il potere legislativo appartenga al Parlamento, il Governo può esercitare limitate funzioni normative che “devono svolgersi nel rispetto delle condizioni stabilite dalla Costituzione a garanzia delle funzioni legislative delle due Camere.

L’articolo 77 della Costituzione riconosce al Governo il potere di adottare atti aventi valore di legge, efficaci per 60 giorni, entro i quali deve intervenire l’adozione in Parlamento della legge di conversione, la quale – eventualmente – potrebbe apportare delle modifiche al testo del decreto legge.

Il decreto legge – come ha ricordato la Consulta – può essere adottato solo quando sussistano circostanze di necessità e urgenza che richiedano un celere intervento legislativo.

Richiamando un suo precedente, la Corte ha affermato “la pre-esistenza di una situazione di fatto comportante la necessità e l’urgenza di provvedere tramite l’utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validità costituzionale dell’adozione del predetto atto, di modo che l’eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura tanto un vizio di legittimità costituzionale del decreto-legge, in ipotesi adottato al di fuori dell’ambito delle possibilità applicative costituzionalmente previste, quanto un vizio in procedendo della stessa legge di conversione”.

Sicché, la Corte costituzionale – chiamata a sindacare della legittimità di un decreto legge o di una legge di conversione – potrà rilevare l’assenza di un requisito indefettibile quale è la condizione di “necessità e urgenza”, senza sconfinare nell’ambito strettamente riservato alla discrezionalità politica. 

Ciò chiarito, la Consulta ha specificato che uno degli indici per verificare la sussistenza delle condizioni di validità costituzionale dei decreti legge è l’omogeneità delle misure in essi contenuti, ossia “un’intrinseca coerenza delle norme  contenute nel decreto-legge dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico”.

Dunque, il decreto-legge deve contenere misure che attengano alla medesima materia (omogeneità oggettiva) ovvero che, pur attenendo ad ambiti differenti tra loro, siano finalizzate a fronteggiare una situazione “straordinaria e complessa”.

Un decreto legge che contenga norme caratterizzate da una finalità differente da quella ispiratrice dell’intero testo rappresenta una violazione dei limiti posti al potere legislativo riconosciuto al Governo, oltre a concorrere alla produzione di un tessuto normativo frammentario e caotico, contrario al principio di certezza del diritto.

Sulla base di queste considerazioni, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 3, d.l. 51/2023.

Innanzitutto, la previsione della immediata cessazione dagli incarichi per i sovraintendenti che abbiano superato i 70 anni d’età non pare essere coordinata alla finalità del decreto legge che attiene alla “straordinaria necessità e urgenza di stabilire misure volte a garantire l’efficienza dell’organizzazione degli enti previdenziali pubblici, nonché delle fondazioni lirico-sinfoniche

In secondo luogo, non solo la norma censurata è distonica rispetto al preambolo, ma è priva di coerenza anche rispetto al contenuto del decreto, dacché la Consulta ha affermato che “Non si può scorgere, dunque, una traiettoria finalistica comune, capace di disvelare, per una disposizione contrassegnata da un puntuale contenuto precettivo, una ratio unitaria, che valga a raccordarla alle altre previsioni del decreto-legge, pur nella pluralità e nella diversità degli ambiti materiali coinvolti.

La sentenza analizzata, sebbene confermi quanto sancito nella carta costituzionale, rappresenta un monito importante in un periodo di iper-produzione legislativa ad opera del Governo.

La Consulta ha ribadito la necessità che l’attività legislativa del Governo si muova secondo le coordinate tracciate dalla Costituzione, nel rispetto del “requisito di validità” rappresentato dalla “preesistente condizione di necessità e urgenza”; il predetto requisito dovrà poi evincersi dall’esistenza di un disegno unitario (e omogeneo)  sotteso al testo del decreto legge.

Le “norme intruse”, come ha affermato la Corte, tradiscono l’intento di inserire all’interno del decreto legge misure diverse tra loro nella speranza che la legge di conversione ne consolidi l’efficacia.

Il rischio di abusare della decretazione d’urgenza consiste nel progressivo svilimento del ruolo del Parlamento, che – in quanto massima espressione della sovranità popolare – dovrebbe mantenere un ruolo centrale nella produzione legislativa.

Redazione

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