Ha suscitato una certa polemica politica e sindacale l’atto con cui il Ministro per l’Istruzione e il merito aveva adottato lo schema di linee guida per l’insegnamento dell’Educazione civica, a seguito dell’emanazione del parere negativo del Consiglio superiore della pubblica istruzione.
La polemica ha riguardato le scelte ideologiche che trasparivano dallo schema di linee guida, confrontate con il parere.
Il 7 settembre il Ministro ha comunque adottato le linee guida, recependo solo alcune indicazioni marginali del parere. Tale parere, peraltro, era obbligatorio ma non vincolante.
Qui ci limiteremo ad alcune osservazioni di portata strettamente giuridica.
L’insegnamento dell’Educazione civica è stato regolato dalla legge n. 92/2019: esso mira alla condivisione e promozione dei principi di legalità, cittadinanza attiva e digitale, sostenibilità ambientale e diritto alla salute, al benessere della persona, al risparmio e all’investimento, all’educazione finanziaria e assicurativa e alla pianificazione previdenziale, anche con riferimento all’utilizzo delle nuove tecnologie digitali di gestione del denaro, alle nuove forme di economia e finanza sostenibile e alla cultura d’impresa (art. 1, comma 2).
Il successivo art. 3, comma 1, definisce le nove tematiche che vanno approfondite appunto dalle linee guida ministeriali: sono nove e spaziano dalla Costituzione alla protezione civile, passando per il contrasto alle mafie e l’educazione ambientale. Spetta a tale atto la fissazione di traguardi per l’insegnamento.
Delle nove tematiche le linee guida ne hanno trattate tre: Costituzione, sviluppo economico e sostenibilità, cittadinanza digitale; poi hanno fissato otto traguardi.
Tra le premesse le linee guida sottolineano “il carattere personalistico della nostra Costituzione” da cui “discende la necessità di sottolineare la centralità della persona umana”.
In verità la Costituzione italiana recepisce le diverse visioni della società e dei rapporti sociali che erano proprie delle tre principali forze politiche partecipanti all’assemblea costituente: comunisti, democristiani e liberali.
Il carattere personalistico è certamente di origine cattolica ma la Costituzione è ispirata anche dalla solidarietà sociale e dalla promozione dell’intervento statale per attuarla; ispirazione introdotta dalle forze di sinistra.
Nel noto discorso del 28 gennaio 1955 Piero Calamandrei, illustre giurista e costituente, osservò che: “c’è una parte della nostra costituzione che è una polemica contro il presente, contro la società presente. Perché quando l’articolo 3 vi dice: ‘È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana’, riconosce che questi ostacoli oggi vi sono di fatto e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la costituzione, un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale, che la costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani”.
Tale prospettiva si pone in tensione dialettica rispetto alla considerazione isolata della persona umana.
Dal punto di vista strettamente giuridico, dunque, si può concludere che le linee guida hanno fatto una scelta di campo molto netta, circoscrivendo l’ispirazione al personalismo e tralasciando l’impegno solidaristico.
E infatti il parere osserva che: “si rileva la mancanza di un riferimento alla relazione sociale tra individuo e collettività, che trova significato e centralità nel pieno sviluppo della persona umana che la Costituzione riconosce nella seconda parte dell’art. 3”.
Tra i traguardi che sono indicati dalle linee guida, si nota il numero 5 che comprende tra l’altro: “Conoscere le condizioni della crescita economica. Comprenderne l’importanza per il miglioramento della qualità della vita e ai fini della lotta alla povertà”.
In proposito il parere osserva: “la competenza n. 5 e i connessi obiettivi di apprendimento andrebbero riformulati, per essere rispondenti al dettato della L. n. 92/2019, che non prevede alcun riferimento al tema della crescita economica, del lavoro e dello sviluppo economico, quanto piuttosto allo sviluppo sostenibile collegato all’Agenda 2030”.
Noi possiamo notare che l’art. 41 della Costituzione riconosce sì la libertà d’impresa (primo comma), ma vieta che possa svolgersi in contrasto con l’utilità sociale (secondo comma) e prevede che essa sia inserita in programmi e controlli opportuni affinché possa essere coordinata a fini sociali e ambientali.
Le linee guida sembrano ispirate esclusivamente dal primo comma dell’art. 41, escludendo implicitamente che faccia parte dell’Educazione civica anche la considerazione di eventuali programmi e coordinamenti dell’attività imprenditoriale perché ritiene che quest’ultima lasciata libera porti benefici anche sociali.