Tar Sicilia sulla revoca del project financing: è discrezionalità amministrativa

I giudici del T.A.R. Catania hanno recentemente reso un’importante sentenza in tema di project financing, chiarendo in particolare se la Pubblica Amministrazione – che abbia inizialmente deciso di affidare in concessione a operatori privati la gestione di un bene pubblico, ricorrendo a tal fine all’istituto del project financing – possa poi legittimamente procedere ad una rivalutazione dell’interesse pubblico originario e revocare la precedente decisione, ovvero se ciò le sia impedito.

Si è trattato di comprendere, in sostanza, se nell’ambito di una procedura di cui all’art. 183, d.lgs. n. 50/2016 (vecchio Codice dei contratti pubblici), venga o meno a costituirsi un autonomo rapporto precontrattuale con l’operatore economico individuato quale miglior offerente che non consenta più all’Amministrazione di revocare la precedente decisione di avvalersi dell’istituto del project financing, quanto meno non senza incorrere in forme di responsabilità precontrattuale.

Ebbene la sentenza del 1 agosto 2024, n. 2809 ha stabilito in maniera inequivocabile che l’Amministrazione procedente conserva il potere di rivalutare la rispondenza dell’operazione economica prescelta all’interesse pubblico e alle esigenze della collettività e ha difatti ribadito che “la valutazione amministrativa della perdurante attualità dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera continua a essere immanente. Si tratta infatti di considerare, sino all’affidamento, l’attualità e la convenienza della realizzazione, senza condizionamenti finanche da eventuali previ e informali contatti, finalizzati all’elaborazione della proposta da parte del promotore”.

Nel caso di specie il ricorso giurisdizionale, proposto nel 2019 proprio da un operatore economico che era già stato nominato promotore ai sensi dell’art. 183, comma 10, lett. b), d.lgs. n. 50/2016, aveva ad oggetto sia la domanda di annullamento del provvedimento di revoca della deliberazione con la quale il Comune di Comiso, nel 2016, aveva inizialmente stabilito di affidare ai privati – avvalendosi del modello del project financing ad iniziativa pubblica – la realizzazione, la riqualificazione e la gestione pluriennale del sistema cimiteriale di Comiso-Pedalino, sia la contestuale domanda di risarcimento del danno, per un verso, per l’asserito illegittimo esercizio di attività provvedimentale e, per altro verso, per responsabilità precontrattuale.

Un’operazione economica simile era (solo inizialmente) sembrata vantaggiosa per la comunità, giacché si pensava che, ove fosse stata portata a conclusione, avrebbe evitato al Comune di sostenere il considerevole esborso finanziario occorrente per la sistemazione del complesso cimiteriale e avrebbe garantito al concessionario, una volta realizzate le nuove opere cimiteriali e riqualificate le zone, di percepire per diversi anni gli oneri derivanti dalle sepolture.

Orbene la pronuncia in commento, in aderenza con l’impianto difensivo da noi sostenuto, ha innanzitutto spiegato che – nonostante la nomina del promotore determini “un’immediata posizione di vantaggio per il soggetto prescelto ed un definitivo arresto procedimentale per i concorrenti non prescelti (tant’è che tale atto è da ritenersi lesivo e deve dunque essere immediatamente impugnato dai concorrenti non prescelti, senza attendere l’esito degli ulteriori subprocedimenti di aggiudicazione della concessione” – in ogni caso, perfino quando sia già intervenuta la nomina del soggetto promotore, la Pubblica Amministrazione “non è tenuta a dare corso alla procedura di gara per l’affidamento della relativa concessione, posto che: a) tale scelta costituisce una tipica e prevalente manifestazione di discrezionalità amministrativa nella quale sono implicate ampie valutazioni in ordine all’effettiva esistenza di un interesse pubblico alla realizzazione dell’opera, tali da non potere essere rese coercibili nell’ambito del giudizio di legittimità che si svolge in sede giurisdizionale amministrativa; b) la posizione di vantaggio acquisita per effetto della dichiarazione di pubblico interesse si esplica solo all’interno della gara, una volta che la decisione di affidare la concessione sia stata assunta”.

È così fuor di dubbio che l’Amministrazione non abbia alcun dovere o obbligo di dare corso alla procedura, ben potendo scegliere – ove ciò risultasse, beninteso, maggiormente rispondente all’interesse pubblico – di rinviare la realizzazione delle opere ovvero di non procedere affatto e revocare l’intera procedura.

Il Collegio ha rimarcato che non può negarsi all’Amministrazione “la potestà di rivalutare la decisione originariamente assunta approntando soluzioni alternative che, se da un lato comporterebbero per l’ente la necessità di sostenere un immediato esborso finanziario, dall’altro possano consentire al comune di percepire gli oneri derivanti dal rilascio in concessione delle sepolture (facoltà questa a cui l’amministrazione avrebbe dovuto irrimediabilmente rinunciare in caso di affidamento in concessione delle nuove opere cimiteriali al ricorrente) e, soprattutto, di mitigare l’impatto sulla cittadinanza dell’aumento delle tariffe cimiteriali che, inevitabilmente, sarebbe conseguito in caso di realizzazione degli interventi mediante ricorso alla finanza di progetto”.

Del pari, i giudici hanno poi rigettato tanto la domanda di risarcimento del danno asseritamente derivante dall’esercizio illegittimo dell’attività provvedimentale, sul presupposto che l’azione amministrativa del Comune è apparsa totalmente esente da illegittimità, quanto quella di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale, neppure esaminata nel merito poiché del tutto sfornita di prove atte a dimostrare l’an e il quantum del prospettato danno.

Infine, il T.A.R. ha ritenuto che la disciplina sull’indennizzabilità dei pregiudizi derivanti dalla revoca legittima di cui all’art. 21-quinquies, della legge n. 241/1990, – disciplina anch’essa richiamata dal ricorrente per l’ipotesi in cui le domande risarcitorie non potessero trovare accoglimento – “è cedevole rispetto alla disciplina specifica dettata dall’art. 183, co. 12 e 15 D. Lgs. n. 50 del 2016, ove si prescrive il riconoscimento dell’interesse contrattuale negativo o dell’indennizzo per le sole ipotesi in cui il promotore non risulti aggiudicatario della gara”.

Adriana Calcaterra

Ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Trento con votazione pari a 110 e lode, discutendo una tesi dal titolo "L’onere della prova dinanzi alla Corte dei conti: ragioni e criticità della diversa gravosità nella responsabilità amministrativa e in quella contabile". Entra subito a far parte dello Studio Giurdanella&Partners e svolge un Tirocinio ex art. 73, D.L. 69/2013 presso il Tribunale di Catania, Sezione penale G.I.P./G.U.P. Si abilita all'esercizio della professione forense nel 2024. Particolarmente interessata allo studio e all’approfondimento del diritto amministrativo e del diritto della contabilità pubblica.