L’11 ottobre è entrato in vigore il decreto flussi (d.l. n. 145/2024) che si pone come obiettivo la semplificare e digitalizzare la disciplina di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, ma non solo, in quanto interviene anche in materia di protezione internazionale, assistenza alle vittime di caporalato e gestione dei flussi migratori.
Il Capo I del decreto legge si occupa proprio di lavoratori stranieri e dell’iter di rilascio del permesso di soggiorno; si tratta di una procedura che deve essere attivata dal datore di lavoro mediante richiesta presentata telematicamente e nel rispetto dei limiti quantitativi delle assunzioni che devono essere proporzionate al rendimento dell’impresa.
Merita menzione la modifica prevista dall’articolo 1 d.l. 145/2024 all’articolo 4 del d.lgs. 286/1998, cui viene aggiunto un comma 7 bis a mente del quale “L’articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, non si applica ai procedimenti relativi ai visti di ingresso nonché al rifiuto e alla revoca del permesso di soggiorno determinati dalla revoca del visto di ingresso”.
Viene, dunque, esclusa l’applicazione del preavviso di rigetto – espressione dei principi di buona amministrazione e leale collaborazione tra pubblica amministrazione e privato – a una serie di procedimenti che hanno un impatto rilevantissimo sugli interessi privati in gioco.
Al Capo II (dedicato all’assistenza delle vittime di caporalato) viene introdotta un’ipotesi di rilascio “in casi particolari” del permesso di soggiorno, dalla durata di sei mesi e rinnovabile, a favore dei soggetti stranieri che abbiano subito violenza, abusi o comunque una condizione di sfruttamento, nel caso in cui contribuiscano all’individuazione dei responsabili.
Al Capo III viene disciplinata in maniera assai più rigorosa l’attività delle ONG, in capo alle quali è previsto un obbligo “di informare di ogni situazione di emergenza in mare, immediatamente e con priorità, l’Ente dei servizi del traffico aereo competente e il Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo responsabile per l’area in cui si svolge l’evento, nonché i Centri di coordinamento del soccorso marittimo degli Stati costieri responsabili delle aree contigue”.
Inoltre, secondo quanto stabilito dal d.l. flussi, le ONG sono tenute a seguire pedissequamente le indicazioni impartite dal Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo, perdendo, dunque, qualsiasi tipo di autonomia decisionale nell’intervento di salvataggio.
In caso di mancata ottemperanza alle predette indicazioni, il responsabile andrà incontro a sanzione pecuniaria e a fermo amministrativo, avverso cui sarà possibile proporre reclamo entro soli 10 giorni (prima erano 60).
L’articolo 13 del d.l. 145/2024 prevede una nuova ipotesi di respingimento con accompagnamento alla frontiera per coloro i quali siano stati “rintracciati, anche a seguito di operazioni di ricerca o soccorso in mare, nel corso delle attività di sorveglianza delle frontiere esterne dell’Unione europea”.
Viene introdotta un’ipotesi specifica di revoca implicita della protezione internazionale per il soggetto che si allontani senza giustificato motivo dalle strutture di accoglienza.
Seppur solo l’applicazione pratica consentirà di valutare l’adeguatezza del d.l. flussi, vale la pena sin da ora di riflettere sull’opportunità di affidare il riordino di una materia così vasta come quella in materia di immigrazione alla decretazione d’urgenza.
In realtà, si tratta di una riflessione suscettibile di essere estesa ai più recenti interventi riformatori ad opera dell’attuale governo che ha almeno due implicazioni rilevanti.
La prima riguarda il ruolo che ha oggi il Parlamento nella produzione legislativa, considerando che molti degli interventi più rilevanti dell’ultimo periodo (abolizione dell’abuso d’ufficio, d.l. “Salva Casa” in materia edilizia) il ruolo delle Camere è stato quello di intervenire a posteriori su una disciplina messa a punto dal Governo.
La seconda riflessione riguarda l’uso della decretazione d’urgenza i cui presupposti (la necessità e l’urgenza) sono andati incontro ad una interpretazione sempre più estensiva, con il rischio di allontanarsi eccessivamente dalle indicazioni della Costituzione sul sistema delle fonti del diritto.