Il disegno di legge governativo sulla valutazione della condotta degli studenti presenta diverse novità.
Le novità riguardano principalmente l’aspetto del procedimento cioè in che modo la valutazione sulla condotta si inserisce nella carriera scolastica.
Il contenuto, cioè quali sono i comportamenti che l’ordinamento esige dagli studenti, è stato rimesso all’adozione di futuri regolamenti nonché alla modifica di quello finora vigente di cui al d.P.R. n. 249/1998 (statuto degli studenti) e a quello sulla valutazione della carriera di cui al d.P.R. n. 122/2009.
Menziono il disegno di legge perché ancora la legge non è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale.
Con effetto immediato sono state apportate le seguenti modifiche sulla valutazione della condotta:
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valutazione da parte dei docenti del comportamento con un giudizio sintetico (scuola primaria) e con decimi (scuola secondaria di primo grado); prima non era prevista la valutazione con voti;
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nella scuola secondaria di primo grado: non ammissione alla classe successiva o all’esame conclusivo del primo ciclo con meno di sei decimi in condotta; prima era una misura di carattere davvero eccezionale (art. 4, comma 9-bis, del citato d.P.R. n. 249/1998 del quale tratterò più avanti);
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ammissione all’esame di Stato conclusivo della scuola media di secondo grado: con il voto di sei decimi è prevista una sorta di compito di riparazione da trattare nel colloquio conclusivo dell’esame; con meno di sei decimi non ammissione all’esame di Stato;
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per la scuola secondaria di secondo grado: non può essere attribuito il punteggio di più alto nell’ambito della fascia di attribuzione del credito scolastico se il volto di condotta non è almeno nove decimi.
La normativa ha poi previsto l’emanazione di uno o più regolamenti di modifica e adeguamento dei precedenti di cui al d.P.R. n. 249/1998 e al d.P.R. n. 122/2009 al nuovo corso governativo. Sono stati delineati i seguenti contenuti generali della nuova regolamentazione tra cui:
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principi generali da attuare attraverso i regolamenti;
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maggiore peso al voto di condotta;
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nella scuola media di secondo grado: esame di riparazione con sei decimi; mancata ammissione alla classe successiva con meno di sei decimi;
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tipizzazione dei comportamenti da cui consegue un voto inferiore a sei decimi.
Il complesso dell’intervento governativo segna un sostanziale ribaltamento dell’impostazione precedente che era stata seguita nel citato d.P.R. n. 249/1998.
Infatti, in modo esattamente opposto all’attuale, l’art. 4 di tale d.P.R. prevedeva che “Nessuna infrazione disciplinare connessa al comportamento può influire sulla valutazione del profitto” (comma 3).
Tale disposizione è da ritenersi implicitamente abrogata dalla legge con riferimento alla scuola primaria e secondaria di primo grado perché il voto di condotta entra nella valutazione e può anche precludere la promozione alla classe superiore; inoltre condiziona subito l’attribuzione dei crediti.
Analogamente il regolamento prevedeva la mancata promozione o la mancata ammissione all’esame conclusivo per ragioni disciplinari solo nei casi di reati che violavano la dignità e il rispetto della persona umana o vi fosse pericolo per l’incolumità delle persone, inoltre solo se in tali casi pur gravi si riscontrassero recidiva, atti di violenza grave, o comunque connotati da una particolare gravità tale da ingenerare un elevato allarme sociale, ove non fossero esperibili interventi per un reinserimento responsabile e tempestivo dello studente nella comunità durante l’anno scolastico (art. 4, comma 9-bis).
Ora, invece, la mancata promozione o ammissione all’esame conseguono in modo vincolato all’attribuzione di un voto di condotta inferiore a sei decimi.
Come accennato, la normativa definisce i contenuti generali dei futuri ulteriori regolamenti sulla disciplina.
Essi dovranno ispirarsi agli scopi di “ripristinare la cultura del rispetto, di affermare l’autorevolezza dei docenti delle istituzioni scolastiche secondarie di primo e secondo grado del sistema nazionale di istruzione e formazione, di rimettere al centro il principio della responsabilità e di restituire piena serenità al contesto lavorativo degli insegnanti e del personale scolastico”.
Per confronto, l’art. 3, comma 2, d.P.R. n. 249/1998 in atto prevede che: “Gli studenti sono tenuti ad avere nei confronti del capo d’istituto, dei docenti, del personale tutto della scuola e dei loro compagni lo stesso rispetto, anche formale, che chiedono per se stessi”.
Analogamente, l’art. 7, comma 1, d.P.R. n. 122/2009 ha finora previsto che: “La valutazione del comportamento degli alunni nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado, di cui all’articolo 2 del decreto-legge, si propone di favorire l’acquisizione di una coscienza civile basata sulla consapevolezza che la libertà personale si realizza nell’adempimento dei propri doveri, nella conoscenza e nell’esercizio dei propri diritti, nel rispetto dei diritti altrui e delle regole che governano la convivenza civile in generale e la vita scolastica in particolare. Dette regole si ispirano ai principi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, e successive modificazioni”.
Si coglie bene la differenza della gerarchia dei valori: prima il rispetto degli studenti era il riflesso di quello da loro richiesto; da ora in poi si esigerà il rispetto senza rapporto verso i diritti degli studenti: varrà appunto la “cultura del rispetto” cioè un atteggiamento generale (e direi generalizzato) che conformerà i rapporti all’interno delle scuole.
Ne sarà inevitabilmente compresso l’esercizio delle liberà costituzionali dentro le scuole.