Un Comune ha presentato un’istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate rappresentando di aver emanato un avviso pubblico ex art. 55, co. 3, Codice del Terzo Settore (d.lgs. n. 117/2017), volto a selezionare un ETS per la co-progettazione di azioni volte alla gestione dei centri sociali e dei punti di incontro per anziani del Comune.
All’esito della procedura, l’Ente ha approvato la proposta di co-progettazione presentata da un’ATI, composta da due cooperative sociali.
Premessi tali fatti, il Comune ha chiesto all’Amministrazione finanziaria di conoscere il regime IVA dei contributi da elargire sulla base della stipulanda convenzione con l’ETS.
Al riguardo, al fine di offrire la propria soluzione interpretativa, l’Istante ha richiamato in primo luogo il Decreto del Ministero del Lavoro n. 72/2021 recante “linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del terzo settore negli artt. 55-57 del d.lgs. n.117/2017 (codice del terzo settore)”, ove viene precisato che “le risorse economiche, in ragione della natura giuridica della co-progettazione e del rapporto di collaborazione che si attiva con gli ETS, sono da ricondurre ai contributi, disciplinati dall’art. 12 della legge n. 241/1990”.
In virtù di ciò, parrebbe dunque doversi trarre la conseguenza dell’esclusione dei contributi in parola dal campo di applicazione dell’IVA, dal momento che l’Agenzia delle Entrate, a partire dalle circolari n. 34 del 2013 e n. 20 del 2015, ha sistematicamente ribadito che le sovvenzioni erogate da enti pubblici in conformità all’art. 12 della legge 241/1990 costituiscono effettivamente dei contributi, come tali da escludere dal campo di applicazione dell’imposta, e non dei “corrispettivi” derivanti da contratti (ovvero negozi aventi natura sinallagmatica e, dunque, da assoggettare a IVA).
In effetti – aggiunge l’Istante – il ruolo di collaborazione sussidiaria svolto dagli ETS nonché le finalità solidaristiche perseguite rendono inapplicabili le previsioni del Codice dei Contratti pubblici, dovendosi invece fare riferimento alle previsioni del Codice del Terzo Settore.
Sennonché, osserva il Comune che, per altro verso, la convenzione sembra presentare i contenuti tipici di un contratto a prestazioni corrispettive, laddove è previsto che l’ATI si impegna ad effettuare una serie di attività a fronte delle risorse finanziarie erogate dall’altra parte (il Comune istante).
Sarebbe emblematica, in tale direzione, la previsione all’interno della convenzione di penali e di clausole di risoluzione per inadempimento. Simili disposizioni, secondo l’orientamento dell’Agenzia dell’Entrate espresso a partire dalla circolare 34 del 2013, costituiscono infatti “spia” di un rapporto sinallagmatico. Ciò in quanto il vincolo di effettiva corrispettività tra le somme erogate e l’attività finanziata, che riconduce l’erogazione nell’ambito dei rapporti contrattuali, è sicuramente denunciato dalla presenza in convenzione di clausole risolutive o di penalità dovute per inadempimento, strumenti tipici che regolano, in via concordata, le ipotesi in cui il sinallagma contrattuale non si realizza a causa di uno dei contraenti.
Infatti, la previsione di una penalità, in quanto destinata a risarcire un danno, corrisponde necessariamente a un interesse “patrimoniale” della parte in favore della quale opera.
Eppure, precisa il Comune, sono le stesse linee guida ministeriali a raccomandare l’inserimento di siffatte disposizioni nelle convenzioni con gli ETS:
“La convenzione dovrebbe disciplinare gli elementi salienti dell’esecuzione delle attività di progetto quali:
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le eventuali sanzioni e le ipotesi di revoca del contributo a fronte di gravi irregolarità o inadempimenti degli ETS;” (cfr. cit. Decreto del Ministero del Lavoro n. 72/2021, pag. 14).
Dunque, la convenzione che il Comune intende stipulare conterrebbe clausole tipicamente contrattuali che, pur essendo indicate dal citato decreto ministeriale n. 72 del 2021 fra quelle tipiche della convenzione di co-progettazione, non sarebbero compatibili, per esplicita previsione della circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 34 del 2013, con la concessione di un contributo.
Conclusivamente, l’Istante è dell’avviso che, considerati i contenuti della stipulanda convenzione e la prassi dell’Agenzia, le sovvenzioni che verranno erogate a termini di convenzione all’ATI abbiano natura di corrispettivi riconosciuti a fronte dei servizi prestati dalla stessa ATI, e che, come tali, debbano essere assoggettati a IVA.
Di diverso avviso, invece, l’Agenzia dell’Entrate.
L’Amministrazione finanziaria, nel fornire risposta al quesito, ha in primo luogo ricordato che, in base ai documenti di prassi citati dallo stesso istante, “la qualificazione delle somme deve essere individuata innanzi tutto in base a norme di legge (…) e che “solo qualora non sia possibile riscontrare una norma di legge che qualifichi le caratteristiche dell’erogazione specifica, si potrà fare ricorso ai criteri suppletivi richiamati nel successivo paragrafo, secondo l’ordine gerarchico indicato” (cfr. circolare n. 34/2013).
Al riguardo, la natura di contributo della somma erogata è insita nella modalità con la quale si esplica l’azione amministrativa disciplinata dall’art. 12 della legge n. 241 del 1990. Tale norma postula, infatti, che la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualsiasi genere avvenga mediante i criteri di evidenza pubblica, secondo i criteri e le modalità predeterminate, a garanzia di trasparenza ed imparzialità.
D’altro canto, come indicato al paragrafo 2 della circolare n. 34/2013, “qualora non sia riscontrabile un riferimento normativo che individui la esatta qualificazione delle erogazioni, carenza che potrebbe rilevare sotto il profilo della legittimità dell’azione amministrativa, ma che non potrebbe comportare una diversa qualificazione sostanziale del rapporto, la natura giuridica, anche agli effetti tributari, delle somme erogate dall’amministrazione deve essere individuata caso per caso, alla luce dei criteri generali di seguito indicati, la cui applicazione, secondo l’ordine gerarchico/ sequenziale proposto, consentirà di riscontrare la sussistenza dei presupposti idonei alla qualificazione della fattispecie:
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a) Acquisizione da parte dell’ente erogante dei risultati dell’attività finanziata (o corrispettività tra elargizione di denaro ed attività finanziata)”.
Ciò posto, l’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che le elargizioni in esame appaiono dirette, in sostanza, a finanziare lo svolgimento di un’attività di interesse generale, a beneficio di soggetti meritevoli di attenzione sociale e non a vantaggio diretto ed esclusivo della pubblica amministrazione erogante, ragione per cui tali contributi devono ritenersi come mere movimentazioni di denaro e, come tali, escluse dell’ambito applicativo dell’IVA, ai sensi dell’art. 2, terzo comma, lettera a), del decreto IVA.
Da ultimo, precisa l’Agenzia, la qualificazione delle somme in argomento come “contributi” esclusi dall’ambito di applicazione dell’IVA non è inficiata dalla presenza, nell’ambito degli atti che ne disciplinano l’erogazione, di clausole che prevedono la trattenuta sul contributo pubblico dovuto a titolo di risarcimento del danno, o dal richiamo alla disciplina civilistica della risoluzione.
In chiusura, avverte però l’Agenzia, resta in ogni caso impregiudicato “il potere di effettuare le attività di controllo sulla natura della erogazione nelle ipotesi in cui emergano vizi o abusi del procedimento amministrativo” attributivo di vantaggi economici.