La decisione di non aggiudicare un appalto nel nuovo Codice

Secondo il Tar Catania, anche nella fase precedente all’aggiudicazione sussiste un legittimo affidamento dell’operatore circa il corretto esercizio del potere da parte della stazione appaltante

Segnaliamo la sentenza n. 3683/2024 del T.A.R. Catania (presidente estensore Pancrazio Savasta) in materia di annullamento in autotutela di della procedura di gara e degli atti ad essa connessi.

L’impresa ricorrente ha contestato, in primo luogo, la circostanza che il predetto provvedimento fosse stato adottato dalla Commissione aggiudicatrice e non dalla stazione appaltante.
In secondo luogo, la ricorrente ha censurato l’illegittimità dell’annullamento della procedura – rispetto alla quale era risultata aggiudicataria provvisoria – per eccesso di potere e violazione dei principi di buon andamento e correttezza.

Rispetto alla prima censura, il Collegio ha rilevato che, sebbene il ritiro in autotutela fosse stato disposto dalla Commissione, il provvedimento impugnato era stato successivamente fatto proprio dalla stessa Stazione appaltante in persona del R.U.P. che lo ha sottoscritto e ulteriormente motivato.
In particolare, i Giudici hanno chiarito che “dall’articolato motivazionale proveniente dall’ASP deriva che l’arresto della procedura non è atto esclusivo della Commissione, così come lamentato con la censura in esame, che, quindi, come premesso, va respinta”.

Rispetto al secondo profilo di censura, il T.A.R. ha dato atto della circostanza che “nel passato si è espressa nel senso (cfr. TAR Brescia, 07.12.2020 n. 86) che nelle gare pubbliche la decisione della Pubblica amministrazione di procedere alla revoca dell’aggiudicazione provvisoria non è da classificare come attività di secondo grado (diversamente dal ritiro dell’aggiudicazione definitiva), atteso che, nei confronti di tale determinazione, l’aggiudicatario provvisorio vanta solo un’aspettativa non qualificata o di mero fatto alla conclusione del procedimento”.

Peraltro, sempre secondo precedenti orientamenti giurisprudenziali “la revoca della proposta di aggiudicazione non è soggetta ad un particolare aggravio motivazionale rispetto al contenuto minimo prescritto dall’art. 3 della L. n. 241 del 1990 ed all’obbligo di comparazione tra l’interesse pubblico e quello privato per difetto di una situazione di affidamento degna di tutela, non trovando applicazione, quindi, la disciplina dettata dagli art. 21- quinquies e 21-nonies della L. n. 241 del 1990” (T.A.R. Abruzzo L’Aquila Sez. I, 21/9/2020, n. 320).

In altri termini, la indiscussa discrezionalità posta in capo alla Stazione appaltante rispetto alla decisione di revocare una procedura di gara in corso giustificherebbe l’inesistenza di un onere motivazionale assai gravoso in capo all’amministrazione, la quale non è neanche obbligata a emettere la comunicazione di avvio del procedimento di revoca (cfr. (Cons. Stato, sez. V, 10 ottobre 2018, n. 5834).

Tuttavia, secondo il Collegio, questo orientamento deve essere rivisto alla luce del nuovo Codice degli Appalti approvato con d.lgs. 36/2023.

Innanzitutto, l’articolo 90 del nuovo Codice prevede un obbligo informativo in capo alla stazione appaltante laddove stabilisce che:
“1. Nel rispetto delle modalità previste dal codice, le stazioni appaltanti comunicano entro cinque giorni dall’adozione:
a) la motivata decisione di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro, o di riavviare la procedura o di non attuare un sistema dinamico di acquisizione, corredata di relativi motivi, a tutti i candidati o offerenti”.
Dalla lettera della norma, per il Collegio deriverebbe l’obbligo in capo alla P.A. di comunicare la decisione di non procedere all’aggiudicazione, peraltro motivandola adeguatamente.

Ma il passaggio argomentativo decisivo all’interno della sentenza in analisi riguarda quello in cui viene richiamato l’articolo 5 del codice dedicato ai “Principi di buona fede e di tutela dell’affidamento”.
Ebbene, anche nella fase precedente all’aggiudicazione sussiste un legittimo affidamento dell’operatore circa il corretto esercizio del potere da parte della stazione appaltante.
La tutela dell’affidamento, ovviamente, dipende dalla sua legittimità e non colpevolezza, ossia dalla sussistenza di circostanze obiettive che possano ragionevolmente fondare l’affidamento stesso.

Il T.A.R. ha richiamato la relazione al codice degli appalti, laddove, rispetto all’articolo 5, stabilisce che “ il comma 2 recepisce i principi sulla tutela dell’affidamento incolpevole (anche con riferimento al danno da provvedimento favorevole poi annullato) enunciati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con le sentenze n. 5 del 2018 e nn. 19 e 20 del 2021. In linea con tale giurisprudenza, il senso della norma è quello di evidenziare che l’affidamento rappresenta un limite al potere amministrativo che può venire in considerazione sia in materia di diritti soggettivi che di interessi legittimi ed inerire, pertanto, anche ai rapporti connotati da un collegamento con l’esercizio del potere”.

Nel caso di specie, invero, la stazione appaltante non aveva adeguatamente coinvolto l’impresa prima della revoca degli atti di gara e, inoltre, si era limitata a motivare genericamente la sua decisione contravvenendo al predetto principio della tutela della buona fede e del legittimo affidamento.
Per queste ragioni, il T.A.R. Catania ha annullato i provvedimenti impugnati.

Redazione

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