D.P.C.M. 27 marzo 2000

D.P.C.M. 27 marzo 2000

Atto di indirizzo e coordinamento concernente l’attivita’ libero-professionale intramuraria del personale della dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Vista la legge 23 dicembre 1998, n. 448, concernente misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo;
Visto, in particolare, l’art.72, comma 11, della predetta legge n. 448 del 1998, che dispone che il direttore generale, fino alla realizzazione nell’azienda di proprie strutture e spazi distinti per l’esercizio dell’attività libero-professionale intramuraria in regime di ricovero ed ambulatoriale, è tenuto ad assumere le specifiche iniziative per reperire fuori dall’azienda spazi sostitutivi in strutture non accreditate nonché ad autorizzare l’utilizzazione di studi professionali privati ed altresì ad attivare misure atte a garantire la progressiva riduzione delle liste d’attesa per le attività istituzionali;
Visto il decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, concernente norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale;
Visto l’art.15-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal citato decreto legislativo n. 229 del 1999, che definisce le caratteristiche del rapporto di lavoro esclusivo dei dirigenti del ruolo sanitario;
Considerato che il richiamato art.15-quinquies, nel confermare al comma 2, lettera a), il diritto all’esercizio di attività libero-professionale individuale nell’ambito delle strutture aziendali, fa salvo quanto disposto dal comma 11 dell’art.72 della legge n. 448 del 1998;
Preso atto che lo stesso art.15-quinquies rimette alla disciplina contrattuale nazionale la definizione del corretto ed equilibrato rapporto tra attività istituzionale e corrispondente attività libero-professionale al fine anche di concorrere alla riduzione progressiva delle liste di attesa;
Visto l’art.15-undecies del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modifiche e integrazioni che estende la disciplina della dirigenza sanitaria al personale degli enti ed istituti classificati di cui all’art.4, comma 12, dello stesso decreto, nonché degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto privato;
Sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria del Servizio sanitario nazionale;
Vista l’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano intervenuta nella seduta del 16 marzo 2000;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, nella seduta del 17 marzo 2000;
A d o t t a
il seguente decreto:
Articolo 1

(Oggetto del provvedimento)

1. Il presente atto di indirizzo e coordinamento fissa i principi ed i criteri direttivi per le specifiche iniziative che i direttori generali, fino alla realizzazione di idonee strutture e spazi distinti all’interno delle aziende, sono tenuti ad assumere per reperire fuori dall’azienda spazi sostitutivi in strutture non accreditate nonché ad autorizzare l’utilizzazione di studi professionali privati, ivi compresi quelli per i quali è richiesta l’autorizzazione all’esercizio dell’attività.
2. Il presente atto di indirizzo e coordinamento fissa, altresì, i criteri direttivi per l’attivazione di misure atte a garantire la progressiva riduzione delle liste di attesa.
3. Le disposizioni del presente atto di indirizzo e coordinamento, salvo quelle di cui agli articoli 2, 3 e 4, cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della disciplina regionale in materia nonché, limitatamente al corretto equilibrio fra attività istituzionale e corrispondente attività libero-professionale, dall’entrata in vigore della disciplina contrattuale nazionale.
4. Le regioni definiscono le modalità di consultazione preventiva delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria prima di disciplinare le materie del presente atto di indirizzo e coordinamento.

Articolo 2

(Attività libero-professionale)

1. Ai fini e per gli effetti del presente atto di indirizzo e coordinamento per attività libero-professionale intramuraria del personale medico e delle altre professionalità della dirigenza del ruolo sanitario si intende l’attività che detto personale, individualmente o in équipe, esercita fuori dell’orario di lavoro e delle attività previste dall’impegno di servizio, in regime ambulatoriale, ivi comprese anche le attività di diagnostica strumentale e di laboratorio, di day hospital, di day surgery e di ricovero, sia nelle strutture ospedaliere che territoriali, in favore e su libera scelta dell’assistito e con oneri a carico dello stesso o di assicurazioni o dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale di cui all’art.9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche e integrazioni.
2. Ai fini e per gli effetti del presente atto di indirizzo e coordinamento per attività libero-professionale intramuraria si intende, altresì, la possibilità di partecipazione ai proventi di attività, richiesta a pagamento da singoli utenti e svolta individualmente o in équipe in strutture di altra azienda del Servizio sanitario nazionale nonché in altra struttura sanitaria non accreditata.
3. Ai fini e per gli effetti del presente atto di indirizzo e coordinamento per attività libero-professionale intramuraria si intende, infine, la possibilità di partecipazione ai proventi di attività professionali, richieste a pagamento da terzi all’azienda, quando le predette attività consentano la riduzione dei tempi di attesa, secondo programmi predisposti dall’azienda stessa, sentite le équipes dei servizi interessati.
4. L’attività libero-professionale, di cui ai comma precedenti, viene erogata nel rispetto dell’equilibrio tra attività istituzionali e libero professionali, secondo le previsioni di cui all’art.15-quinquies, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modifiche e integrazioni. La valutazione può essere riferita anche alla tipologia e alla complessità delle prestazioni.
5. Ai fini e per gli effetti del presente atto di indirizzo e coordinamento ed esclusivamente per le discipline che hanno una limitata possibilità di esercizio della libera professione intramuraria, si considerano prestazioni erogate in regime libero-professionale ai sensi dell’art.15-quinquies, comma 2, lettera d), del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modifiche e integrazioni anche le prestazioni richieste, ad integrazione delle attività istituzionali, dalle aziende ai propri dirigenti allo scopo di ridurre le liste di attesa o di acquisire prestazioni aggiuntive soprattutto in presenza di carenza di organico, in accordo con le équipes interessate.

Articolo 3

(Categorie professionali)

1. Le disposizioni del presente atto di indirizzo e coordinamento, relative all’attività libero-professionale intramuraria ed alle modalità per garantire la progressiva riduzione delle liste d’attesa per le attività istituzionali, si applicano a tutto il personale medico chirurgo, odontoiatra, veterinario e delle altre professionalità della dirigenza del ruolo sanitario (farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi) nonché, ai soli fini dell’attribuzione degli incentivi economici, al restante personale sanitario dell’équipe ed al personale che collabora per assicurare l’esercizio dell’attività libero-professionale.

Articolo 4

(Soggetti ed enti destinatari)

1. Le disposizioni del presente atto di indirizzo e coordinamento si applicano al personale del Servizio sanitario nazionale, dipendente dalle unita’ sanitarie locali e dalle aziende ospedaliere, e al personale degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico con personalità giuridica di diritto pubblico e degli istituti zooprofilattici sperimentali.
2. Salve le specificazioni e gli adattamenti previsti dal decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, le disposizioni del presente atto di indirizzo e coordinamento si applicano anche al personale universitario appartenente alle categorie professionali indicate all’art.2, che presta servizio presso i policlinici, le aziende ospedaliere e altre strutture di ricovero e cura convenzionate con l’Università, ivi compreso il personale laureato medico ed odontoiatra dell’area tecnico-scientifica e socio-sanitaria di cui all’art.6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche e integrazioni.
3. Gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico con personalità giuridica di diritto privato, gli enti ed istituti di cui all’art.4, commi 12 e 13, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche e integrazioni, nonché le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, che svolgono attività sanitaria, e gli enti pubblici, che già applicano al proprio personale la disciplina dell’attività libero-professionale intramuraria e extramuraria della dirigenza del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi gli istituti normativi contrattuali di carattere economico, adeguano i propri ordinamenti ai principi di cui all’art.1, commi da 5 a 19, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, alle disposizioni del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, e del presente atto di indirizzo e coordinamento.

Articolo 5

(Organizzazione dell’attività intramuraria)

1. I direttori generali delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, avvalendosi del collegio di direzione, adottano, in conformità alle direttive regionali, alle previsioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro e del presente atto di indirizzo e coordinamento, un apposito atto aziendale per definire le modalità organizzative dell’attività libero-professionale del personale medico e delle altre professionalità della dirigenza del ruolo sanitario, con riferimento alle prestazioni individuali o in équipe, sia in regime ambulatoriale che di ricovero.
2. L’atto aziendale, in particolare, si conforma ai seguenti criteri:
a) nell’ambito dell’azienda, devono essere individuate proprie idonee strutture e spazi separati e distinti, da utilizzare per l’esercizio dell’attività libero-professionale intramuraria;
b) fino alla realizzazione di quanto previsto alla lettera a) vanno individuati, fuori dell’azienda, spazi sostitutivi in case di cura ed altre strutture, pubbliche e private non accreditate, con le quali stipulare apposite convenzioni;
c) in relazione a quanto previsto alle lettere a) e b), va indicato il numero dei dirigenti a rapporto esclusivo, distinti per profilo e posizione funzionale, che possono potenzialmente operare in regime libero-professionale, nelle proprie strutture e spazi distinti ovvero negli spazi sostitutivi individuati fuori dall’azienda; l’assegnazione dei dirigenti alle strutture e agli spazi all’interno e all’esterno dell’azienda è disposta previa contrattazione aziendale;
d) il personale di supporto all’attività libero-professionale va individuato e quantificato;
e) i criteri per la determinazione delle tariffe e le modalità della loro ripartizione, sono stabiliti in conformità ai contratti collettivi nazionali di lavoro e alla contrattazione decentrata, garantendo, comunque, una percentuale pari al 5% della massa dei proventi dell’attività libero-professionale, al netto delle quote a favore dell’azienda, quale fondo aziendale da destinare alla perequazione per quelle discipline mediche e veterinarie che abbiano una limitata possibilità di esercizio della libera professione intramuraria; analogo fondo è costituito per le restanti categorie;
f) vanno definite le modalità per le prenotazioni, attraverso un apposito sistema di prenotazione e distinti uffici e personale addetto, per la tenuta delle relative liste di attesa e per le turnazioni del personale che svolge attività libero-professionale, nonché le modalità per l’utilizzazione dei posti letto, degli ambulatori ospedalieri e territoriali, delle sale operatorie e delle apparecchiature da utilizzare per tale attività, garantendo comunque all’attività istituzionale carattere prioritario rispetto a quella libero-professionale;
g) sulla base delle disposizioni attuative del comma 3 dell’art.15-quinquies del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modifiche e integrazioni, sono fissati i criteri e le modalità per assicurare un corretto ed equilibrato rapporto tra attività istituzionale e corrispondente attività libero-professionale;
h) vanno istituiti appositi organismi di promozione e verifica, costituiti in forma paritetica fra dirigenti sanitari rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria e rappresentanti dell’azienda.
3. Gli spazi utilizzabili per l’attività libero-professionale, individuati anche come disponibilità temporale degli stessi, non possono essere inferiori al 10% e superiori al 20% di quelli destinati all’attività istituzionale. La quota di posti letto da utilizzare per l’attività libero-professionale non può essere inferiore al 5% e, in relazione alla effettiva richiesta, superiore al 10% dei posti letto della struttura.
4. L’attività libero-professionale è prestata nella disciplina di appartenenza. Il personale che, in ragione delle funzioni svolte o della disciplina di appartenenza, non può esercitare l’attività libero-professionale nella propria struttura o nella propria disciplina, può essere autorizzato dal direttore generale, con il parere favorevole del collegio di direzione e delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria, ad esercitare l’attività in altra struttura dell’azienda o in una disciplina equipollente a quella di appartenenza, sempre che sia in possesso della specializzazione o di una anzianità di servizio di cinque anni nella disciplina stessa.
L’autorizzazione è concessa per l’esercizio delle attività di prevenzione di cui al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, salvo quanto previsto dall’art.11.
5. Il personale che, da almeno un biennio alla data del presente atto di indirizzo e coordinamento, svolgeva attività libero-professionale in una disciplina equipollente può essere autorizzato dal direttore generale, sentito il collegio di direzione e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria, a continuare la predetta attività fino al 30 giugno 2001, sempre che sia in possesso della specializzazione o di una anzianità di servizio di cinque anni nella disciplina.
6. Le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria formulano proposte al collegio di direzione in ordine alla programmazione, gestione e verifica, dell’attività libero-professionale intramuraria. Gli adempimenti di cui al comma 2, lettere a), c) ed e), sono adottati nel rispetto delle modalità di consultazione preventiva delle organizzazioni sindacali previste dalle disposizioni regionali di cui all’art.1, comma 4.

Articolo 6

(Attività di ricovero)

1. Nei presidi ospedalieri delle U.S.L. e delle aziende ospedaliere il ricovero in regime libero-professionale è garantito in idonee strutture e spazi separati e distinti. La idoneità della struttura è determinata con riferimento alle dotazioni strumentali, che devono essere di norma corrispondenti a quelle utilizzate per l’esercizio ordinario dell’attività istituzionale, ed alle condizioni logistiche, che devono consentire l’attività in spazi distinti rispetto a quelli delle attività istituzionali.
2. La disponibilità di posti letto per l’attività libero professionale programmata deve essere assicurata entro i limiti fissati dall’art.5, comma 3, fermo restando che il mancato utilizzo dei predetti posti letto consente l’impiego degli stessi per l’attività istituzionale d’urgenza qualora siano occupati i posti letto per il ricovero nelle rispettive aree dipartimentali.
3. Fino alla realizzazione nell’azienda di proprie strutture e spazi distinti per l’attività libero-professionale intramuraria in regime di ricovero, le aziende, in attuazione dell’atto aziendale di cui all’art.5, reperiscono, con gli strumenti contrattuali più idonei, la disponibilità di spazi esterni sostitutivi (camere di ricovero e spazi orari per l’utilizzo di attrezzature di diagnostica strumentale e di laboratorio e riabilitative o sale operatorie) presso strutture non accreditate, da destinare ad attività professionale intramuraria.
4. In relazione ai limiti strutturali ed organizzativi della struttura convenzionata in rapporto alle specifiche esigenze derivanti dalle diverse discipline nelle quali attivare l’attività libero-professionale nonché alle dimensioni dell’azienda ed al numero del personale interessato, gli spazi assistenziali esterni sono reperiti, almeno per ciascuna area dipartimentale, di norma in una unica struttura. Nella stessa struttura devono, se necessario, essere attivati anche gli spazi per l’attività libero-professionale intramuraria in regime ambulatoriale.
5. I posti letto, individuati per l’attività libero-professionale, concorrono ai fini dello standard dei posti letto per mille abitanti, previsto dall’art.2, comma 5, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.

Articolo 7

(Attività ambulatoriale)

1. Nelle strutture delle USL e delle aziende ospedaliere, le aziende reperiscono idonee strutture e spazi distinti per l’esercizio della libera attività professionale intramuraria. L’attività ambulatoriale, ivi compresa quella di diagnostica strumentale e di laboratorio, esercitata in regime di attività libero-professionale può essere svolta anche nelle strutture e negli spazi utilizzati per l’attività istituzionale fermo restando che l’organizzazione del servizio deve assicurare orari diversi per le due attività (istituzionale e libero-professionale), privilegiando comunque l’attività istituzionale.
2. Nei casi in cui non sia possibile reperire all’interno della azienda, in misura esauriente, idonee strutture e spazi per lo svolgimento dell’attività libero-professionale in regime ambulatoriale, gli spazi necessari sono temporaneamente reperiti all’esterno dell’azienda in strutture non accreditate.
3. Fino alla realizzazione di strutture e spazi idonei alle necessità connesse allo svolgimento delle attività libero-professionali in regime ambulatoriale, i direttori generali prevedono specifiche disposizioni transitorie per autorizzare il personale della dirigenza sanitaria a rapporto esclusivo ad utilizzare, senza oneri aggiuntivi a carico dell’azienda sanitaria, studi professionali per lo svolgimento di tale attività, nel rispetto delle norme che regolano l’attività professionale intramurale. Nei predetti studi i dirigenti conservano le autorizzazioni esistenti per l’esercizio della propria attività professionale specialistica.
4. L’esercizio straordinario dell’attività libero-professionale intramuraria in studi professionali è informato ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) l’attività deve essere preventivamente autorizzata dall’azienda, che ne definisce i volumi con riferimento all’art.2, comma 4, nel rispetto delle esigenze di servizio;
b) l’attività deve essere svolta in una unica sede nell’ambito del territorio della regione; qualora il dirigente interessato svolga, da almeno un biennio, attività professionale in più sedi della stessa regione, il direttore generale, sentito il collegio di direzione, può autorizzare, tenuto conto della specifica attività svolta, della frequenza degli accessi e degli investimenti che il dirigente ha sopportato per l’attivazione delle singole sedi, la prosecuzione dell’attività, oltre che nella sede ubicata nel territorio della U.S.L. territorialmente competente, anche in altra sede fino al 30 giugno 2001; la regione disciplina l’ambito territoriale in cui devono essere ubicati gli studi professionali dei dirigenti delle aziende ospedaliere nonché, per i dirigenti delle U.S.L.; gli specifici casi in cui può essere autorizzata la prosecuzione, fino al 30 giugno 2001, dell’attività in una sede ubicata nel territorio di una Unita’ sanitaria locale diversa da quella di appartenenza;
c) gli orari di svolgimento dell’attività libero-professionale individuale sono definiti d’intesa fra l’azienda ed il dirigente compatibilmente con le esigenze di servizio;
d) la prenotazione delle prestazioni avviene tramite l’azienda per mezzo di un apposito sistema di prenotazione e distinti uffici e personale addetto;
e) le tariffe sono definite dall’azienda, d’intesa con i dirigenti interessati, secondo il regolamento aziendale; la tariffa deve essere articolata in modo da evidenziare gli oneri per l’eventuale utilizzazione, preventivamente autorizzata, di altro personale sanitario da parte del dirigente e per la fornitura di dispositivi medici all’assistito (per esempio, manufatti protesici e/o ortodontici); i predetti oneri sono posti a carico dell’azienda che vi provvede con i proventi tariffari del dirigente e fino alla concorrenza degli stessi;
f) le ricevute o fatture sono emesse su bollettario dell’azienda e gli importi corrisposti dagli utenti sono riscossi dal dirigente, il quale, detratte, a titolo di acconto, le quote di sua spettanza nel limite massimo del 50%, li versa, entro i successivi trenta giorni, nelle casse dell’azienda che provvederà alle trattenute di legge ed ai relativi conguagli;
g) una quota della tariffa è acquisita dall’azienda, in conformità a quanto previsto dal vigente C.C.N.L. in relazione alle varie tipologie di attività ed ai costi diretti ed indiretti sostenuti dall’azienda.
5. La gestione dell’attività è soggetta alle norme di cui all’art.3, commi 6 e 7, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, in materia di obbligo di specifica contabilizzazione.

Articolo 8

(Attività aziendale a pagamento)

1. L’attività professionale, richiesta a pagamento da terzi all’azienda e svolta, fuori dall’orario di lavoro, sia all’interno che all’esterno delle strutture aziendali, può, a richiesta del dirigente interessato, essere considerata attività libero-professionale intramuraria e sottoposta alla disciplina prevista dal presente atto di indirizzo e coordinamento per tale attività ovvero considerata come obiettivo prestazionale incentivato con le specifiche risorse introitate, in conformità ai contratti collettivi nazionali di lavoro.
2. L’attività resa per conto dell’azienda all’esterno della struttura, se svolta in regine di attività libero-professionale, deve garantire, comunque, il rispetto dei principi della fungibilità e della rotazione di tutto il personale che eroga le prestazioni.
3. Con apposito atto aziendale, adottato nel rispetto delle modalità di consultazione preventiva delle organizzazioni sindacali previste dalle disposizioni regionali di cui all’art.1, comma 4, ed in conformità a quanto previsto dai contratti collettivi, sono stabiliti per le attività svolte per conto dell’azienda in regime libero-professionale:
a) i limiti minimi e massimi di ciascun dirigente, comprensivi anche degli eventuali tempi di raggiungimento delle sedi di servizio, compatibili con l’articolazione dell’orario di lavoro;
b) l’entità del compenso dovuto al dirigente che ha effettuato la prestazione, ove l’attività abbia luogo fuori dell’orario di lavoro e l’eventuale rimborso spese dallo stesso sostenute, ove l’attività abbia luogo nell’orario di lavoro ma fuori della struttura di appartenenza;
c) le modalità di attribuzione dei compensi e rimborsi spese. I compensi e le modalità di attribuzione sono stabiliti dai contratti collettivi nazionali di lavoro;
d) la partecipazione ai proventi per le prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio non può essere superiore al 50 per cento della tariffa per le prestazioni finalizzate alla riduzione delle liste di attesa, ai sensi del comma 2, lettera d), dell’art.15-quinquies del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modifiche e integrazioni.
4. L’atto aziendale di cui al comma 3 disciplina i casi in cui l’assistito può chiedere all’azienda che la prestazione sia resa direttamente dal dirigente scelto dall’assistito ed erogata al domicilio dell’assistito, in relazione alle particolari prestazioni assistenziali richieste o al carattere occasionale o straordinario delle prestazioni stesse o al rapporto fiduciario già esistente fra il medico e l’assistito con riferimento all’attività libero-professionale intramuraria già svolta, individualmente o in équipe, nell’ambito dell’azienda.
5. Rientra nell’attività disciplinata dal presente articolo l’attività di certificazione medico-legale resa dall’azienda per conto dell’Istituto nazionale degli infortuni sul lavoro (I.N.A.I.L.) a favore degli infortunati sul lavoro e tecnopatici, sempre che sia possibile assicurare concretamente il rispetto dei principi della fungibilità e della rotazione.

Articolo 9

(Altre attività professionali a pagamento)

1. Le attività professionali, richieste a pagamento da singoli utenti e svolte individualmente o in équipe, in strutture di altra azienda del Servizio sanitario nazionale o di altra struttura sanitaria non accreditata, sono disciplinate da convenzione dell’azienda con le predette aziende e strutture in conformità al regolamento aziendale adottato nel rispetto delle modalità di consultazione preventiva delle organizzazioni sindacali previste dalle disposizioni regionali di cui all’art.1, comma 4. Le predette attività sono consentite solo se a carattere occasionale e se preventivamente autorizzate di volta in volta dall’azienda con le modalità stabilite dalla convenzione.
2. Con apposito atto aziendale, adottato nel rispetto delle modalità di consultazione preventiva delle organizzazioni sindacali previste dalle disposizioni regionali di cui all’art.1, comma 4, ed in conformità a quanto previsto dai contratti collettivi, sono stabiliti per le attività di cui al comma 1: il limite massimo di attività di ciascun dirigente tenuto anche conto delle altre attività svolte; l’entità del compenso dovuto al dirigente e/o all’équipe che ha effettuato la prestazione; le modalità di riscossione e di attribuzione dei compensi, la quota della tariffa spettante all’azienda conformemente ai contratti collettivi nazionali di lavoro.
3. Gli onorari sono riscossi dalla struttura presso la quale il dirigente ha svolto l’attività, con bollettari forniti dall’azienda; la struttura, dedotte le quote di propria spettanza ai sensi della convenzione, versa settimanalmente all’azienda ed al dirigente le quote spettanti. La struttura presso la quale il dirigente ha effettuato la prestazione è tenuta a rilasciare ricevuta della prestazione stessa su apposito bollettino messo a disposizione dall’azienda.

Articolo 10

(Riduzione liste di attesa)

1. Al fine di assicurare che l’attività libero-professionale comporti la riduzione delle liste d’attesa per l’attività istituzionale delle singole specialità, anche in attuazione delle disposizioni regionali di cui all’art.3, comma 12, del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, il direttore generale concorda con i singoli dirigenti e con le équipe i volumi di attività istituzionale che devono essere comunque assicurati in relazione ai volumi di attività libero-professionale con particolare riferimento alle prestazioni non differibili in ragione della gravità e complessità della patologia.
2. Per la progressiva riduzione delle liste di attesa, il direttore generale, avvalendosi del collegio di direzione:
a) programma e verifica le liste di attesa con l’obiettivo di pervenire a soluzioni organizzative, tecnologiche e strutturali che ne consentano la riduzione;
b) assume le necessarie iniziative per la razionalizzazione della domanda;
c) assume interventi diretti ad aumentare i tempi di utilizzo delle apparecchiature e ad incrementare la capacità di offerta dell’azienda.
3. L’attività professionale di cui all’art.8 resa per conto dell’azienda nelle strutture aziendali, se svolta in regime libero-professionale, deve essere finalizzata alla riduzione dei tempi di attesa. A tali fini nell’autorizzare lo svolgimento dell’attività l’azienda valuta l’apporto dato dal singolo dirigente all’attività istituzionale e le concrete possibilità di incidere sui tempi di attesa.
4. Al fine di ridurre le liste di attesa, oltre che la partecipazione ai proventi ai sensi dell’art.12, i contratti aziendali prevedono specifici incentivi di carattere economico per il personale di supporto.

Articolo 11

(Attività libero-professionale dei dirigenti sanitari del dipartimento di prevenzione)

1. Le attività libero-professionali dei dirigenti sanitari del dipartimento di prevenzione costituiscono uno specifico insieme di prestazioni, non erogate in via istituzionale dal Servizio sanitario nazionale, che concorrono ad aumentare la disponibilità e a migliorare la qualità complessiva delle azioni di sanità pubblica compresa quella veterinaria, integrando l’attività istituzionale.
Per la loro peculiarità le attività dei veterinari possono essere rese anche fuori delle strutture veterinarie aziendali e presso terzi richiedenti con modalità analoghe a quelle previste dall’art.15-quinquies, comma 2, lettera d), del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modifiche e integrazioni.
2. Alle attività libero-professionali intramurarie dei dirigenti sanitari del dipartimento di prevenzione e degli istituti zooprofilattici sperimentali si applicano le disposizione del presente atto di indirizzo e coordinamento con gli adattamenti necessari in relazione alle tipologie dei destinatari ed alle specifiche caratteristiche dell’attività.
3. Le attività libero-professionali individuali dei dirigenti sanitari del dipartimento di prevenzione sono erogate presso le strutture attivate dalle aziende nonché, in via straordinaria ai sensi dell’art.7, presso gli studi professionali privati nei casi in cui non sia possibile reperire all’interno dell’azienda in maniera esauriente idonee strutture e spazi per lo svolgimento dell’attività professionale.
4. Il medico veterinario può essere autorizzato a svolgere per conto dell’azienda, all’esterno delle strutture aziendali prestazioni richieste all’azienda stessa da aziende pubbliche o private e da soggetti privati, ai sensi dell’art.15-quinquies, comma 2, lettera d), del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modifiche e integrazioni, purché lo svolgimento di tali prestazioni non sia incompatibile con le funzioni istituzionali svolte.
L’incompatibilità con le funzioni svolte è accertata per ciascun dirigente dal direttore generale dell’azienda. Non è consentito, comunque, l’esercizio di attività libero-professionale individuale in favore di soggetti pubblici e privati da parte dei medici e veterinari che svolgono nei confronti degli stessi soggetti funzioni di vigilanza o di controllo o funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria. Le regioni prevedono specifici sistemi di controllo nei confronti del personale di cui al presente comma, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative per la specifica tipologia professionale.

Articolo 12

(Attività di supporto)

1. L’atto aziendale di cui all’art.5 deve disciplinare i criteri e le modalità per la ripartizione di una quota dei proventi derivanti dalle tariffe, in conformità ai contratti collettivi nazionali di lavoro, a favore:
a) del personale del ruolo sanitario, dirigente e non dirigente, che partecipa all’attività libero-professionale quale componente di una équipe o personale di supporto nell’ambito della normale attività di servizio;
b) del personale della dirigenza sanitaria che opera in regime di esclusività e che, in ragione delle funzioni svolte o della disciplina di appartenenza, non può esercitare l’attività libero-professionale;
c) del personale che collabora per assicurare l’esercizio dell’attività libero-professionale.

Articolo 13

(Attività diverse dall’attività libero-professionale)

1. Non rientrano fra le attività libero-professionali disciplinate dal presente atto di indirizzo e coordinamento, ancorché comportino la corresponsione di emolumenti ed indennità, le seguenti attività:
a) partecipazione ai corsi di formazione, diplomi universitari e scuole di specializzazione e diploma, in qualità di docente;
b) collaborazioni a riviste e periodici scientifici e professionali;
c) partecipazioni a commissioni presso enti e Ministeri (commissione medica di verifica del Ministero del tesoro, di cui all’art.5, comma 2, del decreto legislativo 29 giugno 1998, n. 278, ed alle commissioni invalidi civili costituite presso le aziende sanitarie di cui alla legge 15 ottobre 1990, n. 295);
d) relazioni a convegni e pubblicazione dei relativi interventi;
e) partecipazioni a comitati scientifici;
f) partecipazioni ad organismi istituzionali della propria categoria professionale o sindacale;
g) attività professionale sanitaria, resa a titolo gratuito o con rimborso delle spese sostenute, a favore di organizzazioni non lucrative di utilità sociale, organizzazioni e associazioni di volontariato o altre organizzazioni senza fine di lucro, previa comunicazione all’azienda della dichiarazione da parte dell’organizzazione interessata della totale gratuità delle prestazioni.
2. Le attività e gli incarichi di cui al comma 1, ancorché a carattere non gratuito, non rientrano fra quelli previsti dal comma 7, dell’art.72, della legge n. 448 del 1998 e possono essere svolti previa autorizzazione da parte dell’azienda, ai sensi dell’art.58, comma 7, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modifiche e integrazioni, che dovrà valutare se, in ragione della continuità o della gravosità dell’impegno richiesto o degli emolumenti conseguiti, non siano incompatibili con l’attività e gli impegni istituzionali.

Articolo 14

(Termini per l’attuazione)

1. I direttori generali attuano le disposizioni di competenza in materia di attività libero-professionale entro il termine previsto dalla disciplina regionale e, comunque, non oltre novanta giorni dall’entrata in vigore del presente atto di indirizzo. La mancata assunzione delle iniziative configura le ipotesi e dà luogo alle sanzioni di cui al comma 11, dell’art.72 , della legge n. 448 del 1998.
Il presente decreto sarà trasmesso alla Corte dei conti per la registrazione e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 27 marzo 2000
Il Presidente del Consiglio dei Ministri D’Alema
Il Ministro della sanità Bindi
Registrato alla Corte dei conti il 23 maggio 2000
Registro n. 1 Presidenza del Consiglio dei Ministri, foglio n. 337

La pubblicazione del testo non ha carattere di ufficialità.
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