La materia degli appalti pubblici e, in particolare, la disciplina normativa relativa alle modalità dell’affidamento delle commesse pubbliche da parte degli enti locali, ha subito negli ultimi tempi delle importanti modifiche. Trattandosi di interventi normativi disaggregati e non omogenei, appare quanto mai utile cercare di fare il punto della situazione.
Dal 31 marzo 2013, ai sensi e per gli effetti del nuovo comma 3-bis dell’art. 33 del Codice dei contratti pubblici (Dlgs 163/2006), la Centrale unica di committenza rappresenta la principale modalità organizzativa attraverso cui i piccoli Comuni (con popolazione fino a 5mila abitanti) devono obbligatoriamente affidare gli acquisti di lavori servizi e forniture. La lettera della norma si riferisce in alternativa alla stipulazione di un “accordo consortile” (art. 31 TUEL) tra i Comuni interessati, ma secondo l’interpretazione prevalente – che non può prescindere dal dato dell’intervenuta soppressione dei consorzi di funzioni tra comuni ad opera della L. n. 191/2009 – l’espressione utilizzata dal legislatore è da intendersi in senso atecnico, come cioè riferita alle convenzioni tra Comuni di cui all’art. 30 TUEL. Quindi le vie percorribili dai piccoli Comuni sono due: o Centrale di committenza o convenzione.
Laddove non fosse possibile mettere in piedi né una Centrale di committenza né una convenzione a causa di resistenze e/o attriti dei piccoli Comuni di un particolare ambito territoriale, allora rimane pur sempre praticabile una terza via, rappresentata dalla possibilità di effettuare gli acquisti attraverso i mercati elettronici regionali oppure, a livello nazionale, il MePA gestito dalla Consip.
Tra l’altro, mentre le amministrazioni statali sono obbligate a ricorrere ai mercati elettronici per gli acquisti di beni e servizi al di sotto della soglia comunitaria, gli enti locali invece non sono obbligate ad aderire alle convenzioni Consip (tranne che per le forniture di energia, gas, combustibili e telefonia), purchè siano in ogni caso rispettati i parametri qualità-prezzo desunti dalle convenzioni stipulate dalle centrali di committenza.
Natura giuridica di centrali di committenza hanno le Sua, Stazioni uniche appaltanti, la cui istituzione in ambito regionale è stata promossa già con il cd. Piano Straordinario contro le mafie (art. 13 L. 1356/2010), per assicurare trasparenza regolarità economicità della gestione dei contratti pubblici e per prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose. La principale conseguenza della loro istituzione è lo “spacchettamento” del ciclo degli appalti pubblici così come descritto dal Codice dei contratti pubblici tra due soggetti diversi e due responsabili diversi, da un lato il Rup (responsabile unico del procedimento) dell’ente locale dall’altro la Cdc (Centrale di committenza).
Nel caso in cui la verifica di disponibilità di quel bene o servizio presso il MePA abbia esito negativo, dovendosi procedere mediante gara pubblica, i Rup comunali mantengono la titolarità delle fasi a monte della programmazione e della progettazione di lavori servizi e forniture, così come le fasi a valle della stipulazione ed esecuzione del contratto, mentre la fase dell’affidamento diventa di competenza della Cdc.
Infine, stando al parere della Corte dei Conti Piemonte, sez. controllo, n. 271/2012, l’obbligo della gestione centralizzata di cui all’art. 33 comma 3-bis Dlgs 163/2006, sussiste solo per le procedure con confronto concorrenziale, e non anche per le acquisizioni in economia e per le procedure negoziate dirette, che possono tranquillamente essere gestite autonomamente dai singoli Comuni.
Per ulteriori approfondimenti, si rende disponibile il testo integrale del parere della Corte dei Conti Piemonte, sez. controllo, n. 271/2012.