Le nuove regole UE per l’estrazione di idrocarburi in mare

Lo scorso 21 maggio il Parlamento europeo ha approvato in prima lettura la direttiva europea sulla sicurezza delle attività offshore di prospezione, ricerca e produzione di idrocarburi.

La direttiva, innanzitutto, ha introdotto il principio di responsabilità e di precauzione: da questo momento, le compagnie petrolifere in gioco saranno responsabili economicamente dei danni causati alla flora e alla fauna marina.

Per i danni alle acque, la zona di responsabilità viene estesa fino a coprire tutte le acque europee compresa la cosiddetta Zona Economica Esclusiva (circa 350 chilometri di costa) e la piattaforma continentale sulla quale lo Stato membro esercita la sua giurisdizione.

Le nuove norme obbligano le aziende a provare la capacità di far fronte ai danni che potrebbero derivare dalle loro attività e dovranno presentare una relazione sui possibili pericoli e soluzioni, prima che le attività prendano il via.

Le aziende – specifica la direttiva – dovranno fornire un piano di emergenza a uso interno” e “gli Stati membri dovranno preparare i piani di emergenza esterni, che devono includere tutti gli impianti di perforazione offshore sotto la loro giurisdizione. In questi piani, si dovrà dettagliare il ruolo e gli obblighi finanziari delle società di perforazione, nonché il ruolo delle autorità competenti e delle squadre di emergenza”.

Gli Stati che non hanno operazioni petrolifere in mare aperto sotto la loro diretta giurisdizione, così come i Paesi senza sbocco sul mare ma con aziende registrate nel loro territorio, dovranno applicare solamente alcune delle disposizioni contenute nella direttiva.

Un’altra importante novità riguarda la trasparenza delle informazioni. La direttiva, infatti, stabilisce che “vengano rese disponibili ai cittadini informazioni compatibili sugli standard delle performance dell’industria e sulle attività delle autorità di controllo”.

Gli operatori del settore, inoltre, dovranno rendere noti gli incidenti rilevanti verificatesi fino a quel momento sulle loro piattaforme per permettere di poterne studiare le cause al fine di evitarne altri.

In altri termini, si tratta di un insieme di norme che sicuramente da una parte soddisfa le richieste delle associazioni ambientaliste, dall’altro agevola sempre più i grandi player scoraggiando invece i piccoli player o i newcomers.

Per il recepimento della direttiva nella legislazione nazionale gli Stati membri hanno a loro disposizione ancora due anni, mentre per gli impianti già esistenti il termine di recepimento è fissato in cinque.

Per ulteriori approfondimenti si rende disponibile il testo della direttiva approvata dal Parlamento europeo in prima lettura.

 

 

Redazione

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