Anche alle società pubbliche si applicano le norme moralizzatrici introdotte dal Dlgs 39/2013, in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico.
Tuttavia non tutte le società rientrano nell’applicazione del decreto, ma solo quelle che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche (le società strumentali) o di gestione di servizi pubblici, purché siano sottoposte a controllo ai sensi dell’articolo 2359 c.c.(controllo di diritto, di fatto, indiretto) da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi.
Le norme non si applicano invece a «enti di diritto privato regolati o finanziati», ossia alle società e gli altri enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, nei confronti dei quali l’amministrazione che conferisce l’incarico: 1) svolga funzioni di regolazione dell’attività principale che comportino, anche attraverso il rilascio di autorizzazioni o concessioni, l’esercizio continuativo di poteri di vigilanza, di controllo o di certificazione; 2) abbia una partecipazione minoritaria nel capitale; 3) finanzi le attività attraverso rapporti convenzionali, quali contratti pubblici, contratti di servizio pubblico e di concessione di beni pubblici. Sembrerebbe che tale triplice condizione vada intesa in senso cumulativo.
Inoltre l’inconferibilità e l’incompatibilità non attiene a tutti gli incarichi di gestione all’interno della società, ma solo a presidente con deleghe di gestione diretta e di amministratore delegato. È per esempio possibile indicare come consiglieri d’amministrazione senza deleghe dirigenti e dipendenti dell’ente controllante, purché non rientrino tra quanti (articolo 9, comma 1) non abbiano incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati (Delibera Civit 47/2013). Per l’incarico di presidente del CDA, quindi, l’inconferibilità non sussiste se gli sono attribuito i soli poteri organizzativi dei lavori dell’organo o i poteri codicistici di rappresentanza legale.
Sono tre le cause di inconferibilità degli incarichi: la presenza di condanne penali anche non definitive per reati contro la pubblica amministrazione, laprovenienza da incarichi e cariche in enti privati, nonchè da organi di indirizzo politico. Lo svolgimento di funzioni in organi di indirizzo politico costituirà invece causa di incompatibilità.
Esiste altresì un articolato apparato sanzionatorio: si va dalla nullità dell’atto di conferimento dell’incarico adottato in violazione di legge alla nullità dei relativi contratti, dalla decadenza dall’incarico alla risoluzione del relativo contratto dopo 15 giorni dalla contestazione della causa di incompatibilità da parte del responsabile anticorruzione. Sul versante soggettivo invece, si va dall’obbligo, per quest’ultimo, di segnalazione delle possibili violazioni alla Corte dei Conti all’Avcm e all’Autorità nazionale anticorruzione (che ha poteri di sospensione della procedura di conferimento dell’incarico) alla previsione di responsabilità erariale per le conseguenze economiche degli atti nulli adottati e, infine, alla sospensione per tre mesi dal conferimento di incarichi per i componenti degli organi interessati.