L‘Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), nella sua adunanza del 16 luglio 2013, ha deliberato l’avvio di un’istruttoria, che dovrà concludersi entro il 31 ottobre 2014, nei confronti del Consiglio Nazionale Forense per accertare l’esistenza di eventuali intese restrittive della concorrenza.
Le presunte violazioni contestate al CNF da parte dell’Antitrust riguardano due distinte condotte limitative dell’autonomia dei singoli avvocati in relazione rispettivamente alla determinazione dei compensi e alla ricerca di nuova clientela.
Sotto il primo profilo, l’AGCM ha criticato la pubblicazione, sul sito istituzionale del CNF e precisamente all’interno della sezione relativa alla normativa in vigore, di due decreti ministeriali(D.M. n. 127/2004 e n. 140/2012), concernenti la determinazione delle parcelle, accompagnati dalla circolare n. 22-C/2006.
Nella suddetta circolare il CNF fornisce un’interpretazione degli interventi di liberalizzazione delle professioni operati dal decreto Bersani (decreto legge n. 223/2006), affermando che il fatto che le tariffe minime non siano più obbligatorie non esclude che le parti possano comunque concludere un accordo facendo riferimento alle tariffe previste dai sopra richiamati decreti ministeriali.
La circolare aggiunge inoltre che nel caso in cui l’avvocato concluda patti che prevedano un compenso inferiore al minimo tariffario, pur essendo il patto civilisticamente legittimo, esso può risultare in contrasto con gli articoli 5 e 43 del Codice deontologico, poiché “il compenso irrisorio, non adeguato, al di sotto della soglia ritenuta minima, lede la dignità dell’avvocato e si pone in violazione dell’art. 36 Cost.”.
A parere dell’Antitrust, il contenuto della circolare, unitamente ai parametri individuati dai due decreti ministeriali, sono idonei a costituire una illegittima restrizione della concorrenza, essendo volti a “mantenere un riferimento tariffario per gli iscritti all’Ordine forense, al fine di evitare lo sviluppo di una concorrenza di prezzo tra i professionisti. Indicazioni come quelle sopra descritte, fornite attraverso il sito web del massimo organo rappresentativo e disciplinare dell’Ordine, appaiono in grado di inibire i singoli avvocati dal richiedere compensi inferiori ai parametri tariffari, limitando l’effetto della liberalizzazione introdotta dalla normativa vigente”.
Per quanto attiene alla seconda questione, l’AGCM ha incentrato la propria attenzione sul parere del CNF n. 48/2012, nel quale si afferma che l‘utilizzo da parte degli avvocati di circuiti informatici per la promozione della propria attività professionale su internet (a condizioni economicamente vantaggiose) confligge con il divieto di accaparramento di clientela sancito dall’art. 19 del Codice deontologico forense, risultando dunque idoneo ad integrare una violazione disciplinare passibile di violazione.
Secondo il CFN l’impiego di simili siti internet comporterebbe “lo svilimento della prestazione professionale da contratto d’opera intellettuale a questioni di puro prezzo e mera convenienza economica”.
L’Autorità ha invece sostenuto che il parere del CNF limita l’impiego da parte degli avvocati di un importante canale di distribuzione dei servizi professionali che, peraltro, consente ai consumatori di avere accesso ad una più ampia offerta a condizioni vantaggiose. Sulla base di queste considerazioni, l’Antitrust ha ritenuto anche il parere n. 48/2012 come una condotta limitativa dello sviluppo di un’effettiva concorrenza sul mercato, con evidenti ricadute negative sui consumatori.
Per ulteriori approfondimenti si rende disponibile il testo integrale della delibera AGCM del 16 luglio 2013, pubblicata sul sito dell’Autorità con comunicato del 25 luglio.