Il parere della Commissione europea sulle tariffe dei legali approvate con decreto: il nodo-concorrenza
L’avvocato è un imprenditore che offre servizi di assistenza e consulenza giudiziale sul mercato. Il fatto che l’attività dell’avvocato sia considerata, secondo il diritto italiano, una professione liberale non è tale da escluderla dall’applicazione del diritto comunitario della concorrenza. Di conseguenza, il Consiglio nazionale forense (Cnf) è un’associazione d’imprese che, in virtù della legislazione italiana, fissa le tariffe professionali obbligatorie esclusivamente sulla base degli interessi di categoria. Pertanto, le decisioni del Cnf quali quelle che fissano tariffe obbligatorie sono decisioni di un’associazione di imprese, restrittive della concorrenza e dunque in violazione degli articoli 81 e 82 del Trattato Ce. Ma, questo è importante, gli articoli 81 e 82 del Trattato in quanto tali si applicano solo alle imprese e non agli atti della pubblica amministrazione, quali sono i decreti ministeriali con cui vengono recepite le tariffe professionali. Dunque, l’articolo 81 non si applica alle tariffe stabilite con decreto ministeriale.
Sono questi i passaggi fondamentali delle conclusioni presentate dal servizio giuridico della Commissione europea nel ricorso pregiudiziale pendente davanti alla Corte di Giustizia a seguito del rinvio operato dal pretore di Pinerolo nell’affare Arduino: il giudice aveva infatti chiesto lumi alla Corte di giustizia sulla compatibilità delle disposizioni italiane che disciplinano la fissazione delle tariffe professionali degli avvocati unicamente con riferimento all’articolo 81 del trattato. Tuttavia gli Stati membri della Ue, in ottemperanza al combinato disposto degli articoli 10 e 81 del Trattato, non possono imporre o agevolare accordi che violino l’articolo 81 o rafforzarne gli effetti. La Corte per dare effetto utile al rinvio pregiudiziale potrebbe riformulare il quesito pronunciandosi perciò su questa seconda questione. Ed è proprio sugli interessi considerati e sul ruolo del ministro della Giustizia nel procedimento di formazione dell’atto che le posizioni del servizio giuridico della Commissione si fanno un po’ incerte. Non si capisce se la Commissione ritenga che il ministro prenda in considerazione, al momento della decisione sulle tariffe tramite decreto ministeriale, solo l’interesse degli avvocati o anche quello interesse generale. Tutti gli elementi sembrano propendere per l’ipotesi che sia solo l’interesse di categoria a essere preso in considerazione poiché: il Cnf è costituito nella sua totalità da rappresentanti della categoria; i criteri per la fissazione delle tariffe sono stabiliti dal Cnf senza alcun riferimento all’interesse generale; manca il potere di sostituzione del ministro tale da consentirgli di fissare i corrispettivi delle prestazioni degli avvocati con un proprio atto qualora non ritenesse congrua la proposta del Cnf; il parere obbligatorio ma non vincolante del Consiglio di stato è di pura legittimità. Rientrano nel procedimento di formazione dell’atto amministrativo anche il parere del Comitato interministeriale prezzi e il potere di rifiuto della proposta del Cnf da parte del Ministro, che potrebbe configurare una pur non codificata presa in considerazione dell’interesse generale. Queste due considerazioni finali sono sufficienti al servizio giuridico della Commissione per escludere che le tariffe siano tali da violare gli articoli 10 ed 81 del Trattato.
Il servizio giuridico della Commissione non fa perciò propria la valutazione dell’Antitrust italiana la quale nell’indagine sugli Ordini afferma, a proposito degli avvocati, che la determinazione delle tariffe è di competenza del Cnf: il ministero della Giustizia svolge al riguardo un controllo di mera legittimità. L’Antitrust rileva come “la fissazione di una tariffa, ove quest’ultima fosse funzionale al perseguimento di interessi pubblici, non dovrebbe essere lasciata alla prevalente, e dunque determinante, volontà dell’Ordine, attribuendo ai pubblici poteri una funzione di mero controllo di legittimità, quanto piuttosto … dovrebbe essere affidata innanzitutto al regolamentatore pubblico”.
Antonio Preto
Da “Il Sole 24 ore” di sabato 28.10.2000 – Rubrica “Libere professioni”
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