E’ di ieri una nuova pronuncia del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in tema di tracciabilità di flussi finanziari negli appalti pubblici, ed in particolare se ai fini della nullità, anche d’ufficio, del bando di gara per mancata previsione della clausola di tracciabilità, si debba applicare l’art. 2 della legge regionale n. 15/2008 “Misure di contrasto alla criminalità organizzata – Conto unico per gli appalti”, o il più recente art. 3 della legge statale n. 136/ 2010 “Piano straordinario contro le mafie”.
La diatriba ha dato luogo ha più pronunce tra loro contrastanti, riassumibili nella formazione di due orientamenti: il primo tendente a riconoscere la nullità, rilevabile anche d’ufficio, dei bandi di gara che non contemplano la previsione del conto corrente unico (C.G.A. 721/2012; Tar Palermo 2406/2011); il secondo, più recente (Tar Palermo 468/2013) che invece ritiene superata la previsione di legge regionale, per incompatibilità con la legislazione nazionale (L. 136/2010), e che in tali casi si limita a prevedere l’obbligo di inserire una apposita clausola nel contratto (e non nel bando), sancendone in caso contrario la nullità, e prevedendo la risoluzione del contratto in caso di mancato utilizzo in concreto degli strumenti di tracciabilità finanziaria.
Con l’ordinanza n. 786 del 16 ottobre 2013 (Ermanno de Francisco, Presidente – Giuseppe Mineo, Consigliere Estensore) il Consiglio di Giustizia Amministrativa aderisce al primo orientamento e accoglie l’appello di una società di servizi per sorveglianza che chiedeva la declaratoria ex officio di nullità di un bando di gara predisposto da un’Azienda Ospedaliera per violazione della normativa di cui all’art. 2 della L.R. n.15/2008. Si lamentava infatti la totale omissione nel bando di qualsiasi riferimento alla legge regionale, contemplando solamente, in ordine alla tracciabilità dei flussi finanziari connessi all’appalto, l’art. 3 della legge statale n. 136/2010, nonostante ci fosse in gioco un appalto di valore superiore a € 100.000,00.
In primo grado, il TAR di Catania, aderendo invece all’altro orientamento giurisprudenziale, aveva rigettato il ricorso e salvato la legittimità del bando, in quanto quest’ultimo, “pur non riproducendo pedissequamente la norma regionale, ha imposto comunque gli obblighi di tracciabilità previsti dall’art. 3 della legge n. 136/2010, per cui lo scopo della tracciabilità (voluto dalle leggi in questione per evidenti ragioni di ordine pubblico e prevenzione della criminalità) è sostanzialmente garantito”.
I giudici amministrativi d’appello siciliani ribaltano però la decisione del Tar e riaffermano l’orientamento secondo cui la norma regionale resta pienamente in vigore anche dopo l’entrata in vigore della legge statale 13 agosto 2010, n. 136, in quanto, sebbene entrambe le norme trovino applicazione in Sicilia, non sarebbe sufficiente il rilievo di una “certa simiglianza tra le due discipline a supportare l’affermazione che la sopravvenienza di quella posteriore abbia tacitamente abrogato quella anteriore”.
Per il CGA infatti la legge regionale è da considerarsi lex specialis rispetto a quella statale successiva, e, in quanto tale, si esclude che la legge generale successiva possa derogare alla legge speciale anteriore.
Tra l’altro, aggiunge il Supremo Collegio, “è in proposito dirimente il rilievo che la normativa statalesi applica, oltre che ai finanziamenti pubblici, agli appalti senza ulteriori specificazioni; laddove, invece, la norma regionale riguarda unicamente gli appalti di importo superiore a 100 migliaia di euro”.
Pertanto non si lascia spazio ad alcun dubbio: “l’art. 3 della legge n. 136 debba trovare applicazione, anche in Sicilia in tutti gli appalti di importo non superiore a € 100.000; laddove invece, al di sopra di detta soglia, per il già ricordato principio di specialità, è giocoforza affermare che debba trovare applicazione (solo) l’art. 2, comma 1, della citata legge regionale”.
Una pronuncia che lascia alquanto perplessi, soprattutto in ordine alla vexata quaestio delle competenze legislative esclusive della Sicilia e dello Stato. L’orientamento seguito dal CGA ribadisce infatti la piena competenza legislativa esclusiva della Regione Sicilia in tema di “lavori pubblici”, riconosciuta e garantita dall’art. 14, lett. g, dello Statuto regionale, che non può quindi essere “invasa” (con modifiche e/o abrogazioni) da quella nazionale. Quando, in verità, la tracciabilità dei flussi finanziari è materia attinente all’ordine pubblico e sicurezza, e come tale sottratta alla competenza legislativa delle Regioni, come ci ricorda la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 35/2012.
Articolo pubblicato su LeggiOggi.it il 17/10/2013