Ddl Diffamazione, la Camera approva. La scheda
La Camera ha approvato la proposta di legge recante modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, al codice penale e al codice di procedura penale in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante (C. 925-A e abb.). Il provvedimento passa ora all’esame del Senato.
Di seguito, la scheda del testo approvato
Modifiche alla legge sulla stampa
L’articolo 1 del nuovo testo della proposta di legge n. 925 propone una serie di modifiche alla legge sulla stampa (L. n. 47 del 1948).
La prima riguarda l’art. 1 della legge (la cui rubrica reca “Definizione di stampa o stampato”) cui è aggiunto un comma cheestende l’ambito di applicazione della legge sulla stampa sia alle testate giornalistiche on line (registrate presso le cancellerie dei tribunali ex art. 5 della stessa legge 47/1948) che alle testate giornalistiche radiotelevisive.
Numerose modifiche sono, poi, introdotte alla disciplina del diritto di rettifica di cui all’art. 8 della legge 47/1948.
Il primo comma dell’art. 8 è novellato, in particolare, con la previsione che le dichiarazioni o le rettifiche della persona offesa devono essere pubblicate senza commento (art. 1, comma 1, lett. 0c).
Le ulteriori modifiche al citato primo comma (art. 1, comma 1, lett. 0a) e 0b)) sono finalizzate, da un lato, ad una sua migliore formulazione (il riferimento agli obblighi del direttore del giornale di “pubblicare” anziché “fare inserire” la rettifica) dall’altro, al suo coordinamento con l’estensione della disciplina della legge sulla stampa alle testate giornalistiche on line registrate. Un’integrazione al primo comma (lett. 0c-bis) prevede che ove l’articolo o il servizio (in caso di trasmissione radio o TV) sia firmato, il direttore debba informare l’autore della richiesta di rettifica.
Una integrazione del secondo comma dell’art. 8 detta la necessaria disciplina delle rettifiche sulle testate giornalistiche on line precisando che gli obblighi di pubblicazione vanno assolti entro 2 giorni dalla richiesta (come i quotidiani cartacei), con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia rettificata, in testa alla pagina dell’articolo relativo alla notizia stessa, senza modificarne la URL (ovvero l’Uniform Resource Locator, cioè la sequenza di caratteri che identifica univocamente l’indirizzo Internet della testata on line) e con caratteristiche grafiche che rendano evidente l’avvenuta modifica. (art. 1, comma 1, lett. a-bis).
Sono, poi, introdotti nell’art. 8 della legge sulla stampa due commi (rispettivamente dopo il terzo e dopo il quarto) relativi al diritto di rettifica con riferimento, rispettivamente, alle trasmissioni televisive o radiofoniche e alla stampa non periodica (ad es. i libri).
In particolare, la lett. b) del comma 1 dell’art. 1 prevede che per le trasmissioni televisive o radiofoniche, il diritto alle dichiarazioni e alla rettifica è esercitato ai sensi dell’art. 32 del T.U. radiotelevisione (D.Lgs 177/2005).
Il riferimento dovrebbe essere più correttamente all’art. 32-quinquies del TU radiotelevisione, in base a cui chiunque si ritenga leso nei suoi interessi morali, quali in particolare l’onore e la reputazione, o materiali da trasmissioni contrarie a verità ha diritto di chiedere al fornitore di servizi di media audiovisivi lineari, incluse la concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, all’emittente radiofonica ovvero alle persone da loro delegate al controllo della trasmissione, che sia trasmessa apposita rettifica, purché questa ultima non abbia contenuto che possa dar luogo a responsabilità penali.
La lett. c) del comma 1 dell’art. 1 introduce un comma dopo il quarto estendendo il diritto di rettifica alla stampa non periodica. Si prevede, a richiesta dell’offeso, che l’autore dello scritto, ovvero i soggetti di cui all’articolo 57-bis del codice penale (editore, se l’autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile, ovvero lo stampatore, se l’editore non è indicato o non è imputabile), provvedono, in caso di ristampa o nuova diffusione anche in versione elettronica e, in ogni caso, sul proprio sito ufficiale alla pubblicazione, delle dichiarazioni o delle rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti fatti o atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro reputazione o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale. La pubblicazione in rettifica deve essere effettuata sul sito e nelle nuove pubblicazioni elettroniche entro due giorni dalla richiesta e nella prima ristampa utile, con idonea collocazione e caratteristica grafica e deve inoltre fare chiaro riferimento allo scritto che l’ha determinata.
In caso di inerzia nella pubblicazione della smentita o rettifica da parte degli obbligati, la lett. c-bis) del comma 1 dell’art. 1 modifica il quinto comma dell’art. 8 della legge 47/1948, stabilendo che – qualora siano decorsi i diversi termini per la rettifica oppure la rettifica sia stata effettuata in violazione delle prescrizioni legislative – l’autore della richiesta della rettifica può richiedere al “giudice” (in luogo del “pretore”) di ordinare la pubblicazione adottando un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c.
Della stessa procedura può avvalersi l’autore dell’offesa nel caso di interzia del direttore del giornale o periodico o della testata on line o del responsabile della trasmissione radio-tv (nuovo comma dopo il quinto dell’art. 8 della legge 47, inserito dall’art. 1, comma 1, lettera d) del testo in esame). Il direttore (o comunque il responsabile) – in caso di richiesta dell’autore – è comunque obbligato a far inserire la smentita o rettifica.
La lett. d-bis) del comma 1 dell’art. 1 modifica l’importo della sanzione amministrativa per la mancata o incompleta ottemperanza all’obbligo di rettifica: l’attuale importo di lire 15 milioni nel minimo e 25 milioni di lire nel massimo è sostituito da euro 8.000 (minimo) e euro 16.000 (massimo).
Il comma 2 dell’articolo 1 del nuovo testo della p.d.l. introduce l’articolo 11-bis della legge sulla stampa relativo al risarcimento del danno. La Commissione Giustizia ha soppresso il limite al risarcimento del danno patrimoniale previsto dalla p.d.l. 925. Ha invece previsto che, nella determinazione del danno derivante da diffamazione commessa con il mezzo della stampa o radiotelevisivo, il giudice tiene conto della diffusione quantitativa e della rilevanza nazionale o locale del mezzo di comunicazione usato per compiere il reato, della gravità dell’offesa, nonché dell’effetto riparatorio della pubblicazione o della diffusione della rettifica. L’azione di prescrive in due anni.
E’ conseguentemente prevista l’abrogazione dell’art. 12 della legge 47/1948, in base al quale per la diffamazione a mezzo stampa la persona offesa può chiedere – oltre il risarcimento dei danni – una somma a titolo di riparazione, determinata in relazione alla gravità dell’offesa e alla diffusione dello stampato (comma 3, articolo 1).
Il comma 4 dell’articolo 1 del testo in esame sostituisce l’art. 13 della legge sulla stampa, riunendo in tale articolo le diverse fattispecie sanzionatorie relative alla diffamazione a mezzo stampa, per le quali viene eliminata la pena della reclusione.
Al comma 1 del nuovo art. 13 la diffamazione a mezzo stampa o a mezzo radiotelevisione è sanzionata con la sola multa da 5.000 a 10.000 euro. Oggi la sanzione per la diffamazione a mezzo stampa è punita dall’art. 595, terzo comma, c.p., con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa non inferiore a 516 euro.
In base al secondo periodo del comma 1 del nuovo art. 13, se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato falso, la cui diffusione sia avvenuta con la consapevolezza delle sua falsità, la pena è della multa da 20.000 euro a 60.000 euro. Attualmente, l’art. 13, primo comma, fa riferimento alla semplice attribuzione di un fatto determinato e prevede la sanzione della reclusione da uno a sei anni e della multa non inferiore a lire 500.000.
Sono poi aggiunti quattro commi all’art. 13.
Il comma 2 prevede che alla condanna per il delitto di cui al comma 1 (quindi per entrambe le ipotesi di diffamazione a mezzo stampa) consegue la pena accessoria della pubblicazione della sentenza nei modi stabiliti dall’articolo 36 del codice penale (affissione al comune e pubblicazione su uno o più giornali e sul sito Internet del Ministero della giustizia). Nelle ipotesi di cui all’articolo 99, secondo comma, n.1), c.p. (recidiva con nuovo delitto non colposo della stessa indole) si applica la pena accessoria dell’interdizione dalla professione di giornalista per un periodo da un mese a sei mesi
Il comma 3 stabilisce la non punibilità dell’autore dell’offesa che provvede alla rettifica secondo quanto previsto dall’art. 8. Ai fini della non punibilità, il giudice valuta la rispondenza della rettifica alla legge (comma 4).
In fine, con la sentenza di condanna il giudice dispone la trasmissione degli atti al competente ordine professionale per le determinazioni relative alle sanzioni disciplinari (comma 5).
Modifiche al codice penale
L’articolo 2 del nuovo testo della proposta di legge modifica il codice penale.
Il comma 1 sostituisce l’art 57 c.p., la cui rubrica non fa più riferimento alla sola stampa periodica, bensì ai reati commessi con il mezzo della stampa, della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione.
Il nuovo primo comma è riferito alla responsabilità del direttore o vicedirettore responsabile del quotidiano, del periodico o della testata giornalistica, radiofonica o televisiva, nonché – per coordinamento – delle testate giornalistiche on-line registrate ai sensi dell’articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47: egli risponde dei delitti commessi con il mezzo della stampa, della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione se il delitto è conseguenza della violazione dei doveri di vigilanza sul contenuto della pubblicazione. La pena è in ogni caso ridotta di un terzo. Non si applica la pena accessoria dell’interdizione della professione di giornalista.
Pertanto, in luogo della responsabilità “a titolo di colpa” attuale il primo comma precisa il nesso di causalità che deve intercorrere tra la violazione dei doveri di vigilanza sul contenuto della pubblicazione e il reato commesso a mezzo stampa o altri mezzi di comunicazione.
Il nuovo secondo comma dell’art. 57 prevede la possibile delega delle funzioni di vigilanza da parte del direttore ad uno o più giornalisti professionisti idonei a svolgere le funzioni di cui al primo comma. Tale ipotesi è prevista in relazione alle dimensioni organizzative e alla diffusione del quotidiano, del periodico o della testata giornalistica, radiofonica o televisiva nonché delle testate giornalistiche on-line registrate ai sensi dell’articolo 5 della legge sulla stampa: La delega deve risultare da atto scritto avente data certa ed accettazione del delegato.
Il comma 2 dell’articolo 2 sostituisce l’art. 594 c.p. sull’ingiuria, la cui fattispecie base (comma 1) è attualmente punita con la pena della reclusione fino a sei mesi o della multa fino a 516 euro. Il nuovo comma 1 elimina la previsione della reclusione sanzionando l’ingiuria con la sola pena della multa fino ad un massimo di 5.000 euro.
Si prevede inoltre l’inserimento della fattispecie commessa tramite comunicazione “telematica” e l’aumento delle pene fino alla metà qualora l’offesa consista nell’attribuzione di un fatto determinato ovvero sia commessa in presenza di più persone (attualmente l’aumento riguarda solo la seconda ipotesi, mentre l’attribuzione di un fatto determinato è punita con la reclusione fino a un anno o la multa fino a euro 1.032).
Il comma 3 dell’articolo 2 del nuovo testo sostituisce l’art. 595 c.p. in tema di diffamazione: l’attuale sanzione della reclusione fino a un anno o della multa fino a euro 1.032 è sostituita dalla multa da 3.000 a 10.000 euro. In caso di attribuzione di un fatto determinato la pena è della sola multa fino a euro 15.000 (oggi tale fattispecie è sanzionata con la reclusione fino a due anni o la multa fino a euro 2.065).
Nell’ipotesi che la diffamazione sia arrecata con qualsiasi mezzo di pubblicità, per via telematica o in atto pubblico la pena è aumentata della metà.
Il comma quarto del vigente art. 595 c.p. risulta abrogato: esso riguarda l’ipotesi aggravata dell’offesa recata a un corpo politico, amministrativo o giudiziario o a una sua rappresentanza o a un’autorità costituita in collegio.
Modifiche al codice di procedura penale
L’articolo 3 del nuovo testo della p.d.l. n. 925 aggiunge un comma all’art. 427 del codice di procedura penale, relativo allacondanna del querelante alle spese e ai danni.
L’attuale art. 427 c.p.p. prevede che, nei reati a querela dell’offeso, con la sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso il giudice condanna il querelante al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato (comma 1). La ratio della disposizione risiede nella dimostrazione della temerarietà della querela. In tali ipotesi, dietro domanda, il giudice condanna inoltre il querelante alla rifusione delle spese sostenute dall’imputato e, se il querelante si è costituito parte civile, anche di quelle sostenute dal responsabile civile citato o intervenuto; in presenza di giusti motivi, le spese possono essere compensate in tutto o in parte (comma 2). Se vi è colpa grave, il giudice può condannare il querelante a risarcire i danni all’imputato e al responsabile civile che ne abbiano fatto domanda (comma 3).
Il comma aggiuntivo 3-bis dell’art. 427 – introdotto dal testo in esame – prevede che il giudice possa irrogare al querelante una sanzione pecuniaria da 1.000 a 10.000 euro in caso di querela temeraria, in favore della cassa delle ammende.
L’articolo 3-bis del testo modifica l’art. 200 c.p.p. estendendo la disciplina del segreto professionale anche ai giornalisti pubblicisti iscritti al rispettivo albo.