Corruzione: il testo di Papa Francesco   …

Corruzione: il testo di Papa Francesco

 

Papa Francesco

Meditazione nella cappella della Domus Santa Marta sulla figura dell’amministratore disonesto descritta nel Vangelo di Luca (16, 1-8).

Venerdì, 8 novembre 2013

 

Il Signore torna un’altra volta a parlarci dello spirito del mondo, della mondanità: come agisce questa mondanità e quanto pericolosa sia. E Gesù, proprio lui, nella preghiera dopo la cena del giovedì santo pregava il Padre perché i suoi discepoli non cadessero nella mondanità, nello spirito del mondo.

La mondanità è il nemico. Ed è proprio l’atmosfera, lo stile di vita tipico della mondanità — ossia il vivere secondo i valori del mondo — che piace tanto al demonio. Del resto quando noi pensiamo al nostro nemico pensiamo prima al demonio, perché è proprio quello che ci fa male.

Un esempio di mondanità è l’amministratore descritto nella pagina evangelica. Qualcuno di voi potrà dire: ma quest’uomo ha fatto quello che fanno tutti.

In realtà, tutti no!; questo è il modo di fare di alcuni amministratori, amministratori di aziende, amministratori pubblici, alcuni amministratori del governo. Forse non sono tanti. Nella sostanza è un po’ quell’atteggiamento della strada più breve, più comoda per guadagnarsi la vita. Il Vangelo racconta che il padrone lodò quell’amministratore disonesto. E questa è una lode alla tangente.

L’abitudine delle tangenti è un’abitudine mondana e fortemente peccatrice. Certamente è un’abitudine che non ha nulla a che vedere con Dio.

Dio ci ha comandato: portare il pane a casa con il nostro lavoro onesto.

Invece questo amministratore dava da mangiare ai suoi figli pane sporco. E i suoi figli, forse educati in collegi costosi, forse cresciuti in ambienti colti, avevano ricevuto dal loro papà come pasto sporcizia. Perché il loro papà portando pane sporco a casa aveva perso la dignità. E questo è un peccato grave.

Magari s’incomincia forse con una piccola bustarella, ma è come la droga.

E anche se la prima bustarella è piccola, poi viene quell’altra e quell’altra: e si finisce con la malattia dell’assuefazione alle tangenti.

Siamo davanti a un peccato tanto grave perché va contro la dignità. Quella dignità con la quale noi siamo unti col lavoro. Non con la tangente, non con questa assuefazione alla furbizia mondana. Quando noi leggiamo nei giornali o guardiamo sulla tv uno che scrive o parla di corruzione, forse pensiamo che la corruzione è una parola. Corruzione è questo: è non guadagnare il pane con dignità.

C’è però un’altra strada, quella della furbizia cristiana – tra virgolette – che permette di fare le cose un po’ svelte ma non con lo spirito del mondo. Lo stesso Gesù ce l’ha detto: astuti come i serpenti, puri come le colombe.

Mettere insieme queste due realtà è una grazia e un dono dello Spirito Santo.

Per questo dobbiamo chiedere al Signore di essere capaci di praticare l’onestà nella vita, quella onestà che ci fa lavorare come si deve lavorare, senza entrare in queste cose.

Questa furbizia cristiana — l’astuzia del serpente e la purezza della colomba — è un dono, è una grazia che il Signore ci dà. Ma dobbiamo chiederla.

Forse oggi farà bene a tutti noi pregare per tanti bambini e ragazzi che ricevono dai loro genitori pane sporco. Anche questi sono affamati. Sono affamati di dignità.

Pregare perché il Signore cambi il cuore di questi devoti della dea tangente, perché comprendano che la dignità viene dal lavoro degno, dal lavoro onesto, dal lavoro di ogni giorno, e non da queste strade più facili che alla fine tolgono tutto.

Anche perché c’è il rischio di finire come quella persona di cui parla il Vangelo che aveva tanti granai, tanti sili, tutti pieni e non sapeva che fare.

“Questa notte dovrai morire” ha detto il Signore. Questa povera gente che ha perso la dignità nella pratica delle tangenti, porta con sé non il denaro che ha guadagnato, ma soltanto la mancanza di dignità. Preghiamo per loro.

Redazione

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