Linee guida codici comportamento PA
Il codice di comportamento dei dipendenti pubblici dovrà essere adottato da ciascuna amministrazione entro il 31 dicembre 2013 e, comunque, in tempo per consentire l’idoneo collegamento con il Piano triennale per la prevenzione della corruzione, da adottarsi entro il prossimo 31 gennaio 2014.
Si tratta di obbligo previsto dall’art. 54, comma 5, del decreto legislativo n. 165/2001 e dal codice generale di cui al D.P.R. del 16 aprile 2013 n. 62, cui sono tenute anche le amministrazioni che abbiano già adottato in passato codici etici o manuali di comportamento; dovranno essere riformulati in base alla nuova normativa.
L’Autorità Nazionale Anticorruzione per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche ha reso noto, lo scorso 7 novembre, di avere adottato in via definitiva, con la delibera n. 75/2013, apposite Linee guida per la redazione dei codici di comportamento da parte delle pubbliche amministrazioni.
Di seguito, riportiamo il testo integrale delle linee guida.
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CIVIT (Commissione indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle amministrazioni pubbliche)
[ora: Autorità Nazionale Anticorruzione per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche]
Delibera n. 75/2013
Linee guida in materia di codici di comportamento delle pubbliche amministrazioni (art. 54, comma 5, d.lgs. n. 165/2001)
Premessa.
La Commissione, ai sensi dell’art. 54, comma 5, d.lgs. n. 165/2001, definisce linee guida, criteri e modelli uniformi per singoli settori o tipologie di amministrazione, ai fini dell’adozione dei singoli codici di comportamento da parte di ciascuna amministrazione.
L’adozione di tali codici deve tenere conto, in via primaria, delle regole contenute nel d.p.r. 16 aprile 2013, n. 62, intitolato “Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165” (da ora in poi “codice generale”). Tale regolamento, che rappresenta, dunque, il codice di comportamento generalmente applicabile nel pubblico impiego privatizzato, deve costituire la base minima e indefettibile di ciascun codice di comportamento adottato dalle varie amministrazioni.
Questo significa che, a prescindere dai contenuti specifici di ciascun codice, il regolamento n. 62/2013 trova applicazione in via integrale in ogni amministrazione inclusa nel relativo ambito soggettivo di applicazione (art. 2).
Potrebbe, comunque, rivelarsi utile, anche a fini conoscitivi, la previsione nella parte introduttiva di ciascun codice di un rinvio generale ai contenuti del predetto regolamento, a cui si aggiungeranno le previsioni più specifiche formulate secondo quanto riportato nella presente delibera.
L’adozione del codice di comportamento da parte di ciascuna amministrazione rappresenta una delle “azioni e misure” principali di attuazione delle strategie di prevenzione della corruzione a livello decentrato, secondo quanto indicato nel Piano nazionale anticorruzione, approvato con delibera della Commissione n. 72 del 2013. A tal fine, il codice costituisce elemento essenziale del Piano triennale per la prevenzione della corruzione di ogni amministrazione (si v. infra)
Le linee guida costituiscono un primo documento che consente alle amministrazioni di procedere all’adozione dei singoli codici di comportamento. A tal riguardo, la Commissione auspica che, ove possibile, il codice sia adottato da ciascuna amministrazione entro il 31 dicembre 2013 e, comunque, in tempo per consentire l’idoneo collegamento con il Piano triennale per la prevenzione della corruzione.
Per le amministrazioni che, anche sulla base di previsioni speciali, hanno proceduto all’adozione di codici etici, manuali di comportamento o documenti similari, è auspicabile che le presenti linee guida siano utilizzate al fine della riformulazione e integrazione di tali testi, che possibilmente dovranno divenire parte integrante del nuovo codice. Questo consentirebbe alle amministrazioni non solo di seguire un metodo di predisposizione e attuazione dei codici il più possibile uniforme e rigoroso, ma soprattutto di tenere conto delle esigenze sottese alla nuova disciplina dei codici di comportamento e legate alle finalità di prevenzione della corruzione. In tutti i casi, è bene evidenziare che, a prescindere dalla denominazione attribuita da ogni singola amministrazione al proprio codice, si applica il nuovo regime degli effetti e delle responsabilità conseguenti alla violazione delle regole comportamentali, previsto dal comma 3, art. 54, del d.lgs. n. 165 del 2001, così come modificato dall’art. 1, comma 44, della legge n. 190 del 2012 (si v. infra).
La Commissione procederà, altresì, alla consultazione delle amministrazioni e alla costituzione di tavoli tecnici per gruppi di amministrazioni, nella prospettiva di una graduale integrazione e dell’aggiornamento dei codici stessi, al fine di tenere conto delle funzioni più esposte al rischio di corruzione di carattere tendenzialmente trasversale svolte nelle pubbliche amministrazioni, nonché di quelle invece maggiormente legate alle caratteristiche di ciascun settore. In questo modo, si favorirà, dunque, la predisposizione di modelli specifici rispondenti alle caratteristiche dei diversi gruppi di amministrazioni e dei settori.
Ambito soggettivo di applicazione.
Come previsto dal comma 5 dell’art. 54 del d.lgs. n. 165/2001, le presenti linee guida sono rivolte, innanzi tutto, alle amministrazioni tenute all’adozione dei singoli codici che, in virtù dello stesso d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 2 del codice generale, corrispondono alle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del citato decreto, il cui rapporto di lavoro è disciplinato in base al successivo art. 2, commi 2 e 3.
Le presenti linee guida possono, inoltre, costituire un parametro di riferimento per l’elaborazione di codici di comportamento ed etici da parte degli ulteriori soggetti considerati dalla legge n. 190/2012 (enti pubblici economici, enti di diritto privato in controllo pubblico, enti di diritto privato regolati o finanziati, autorità indipendenti), nella misura in cui l’adozione dei codici di comportamento costituisce uno strumento fondamentale ai fini della prevenzione della corruzione.
Con riferimento alle regioni e agli enti locali, si ricorda che, per quanto riguarda l’attività di vigilanza e di monitoraggio, l’art. 15, comma 6 del codice generale ha previsto che detti enti “definiscono, nell’ambito della propria autonomia organizzativa, le linee guida necessarie per l’attuazione dei principi di cui al presente articolo”. Con riferimento, infine, al termine entro il quale il codice deve essere adottato, l’intesa raggiunta in data 24 luglio 2013 in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’art.1, commi 60 e 61 della legge n. 190/2012, ha stabilito che detti enti “adottano un proprio codice di comportamento ai sensi dell’art. 54 del d. lgs. n. 165 del 2001 entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del codice approvato con d.p.r. n. 62 del 2013, tenendo conto della disciplina dettata da quest’ultimo”.
Competenze.
L’adozione dei singoli codici di comportamento richiede il coinvolgimento di diversi soggetti, presenti all’interno e all’esterno dell’amministrazione, con distinti ruoli e funzioni.
Posto che, sulla base di quanto previsto dal Piano nazionale anticorruzione, il codice di comportamento rappresenta uno degli strumenti essenziali del Piano triennale di prevenzione della corruzione di ciascuna amministrazione, va adottato dall’organo di indirizzo politico- amministrativo su proposta del Responsabile per la prevenzione della corruzione, è da attribuirsi a quest’ultima figura un ruolo centrale ai fini della predisposizione, diffusione della conoscenza e monitoraggio del codice di comportamento.
Per quanto attiene alla predisposizione del codice, il Responsabile si avvale del supporto e della collaborazione dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari (UPD), che deve essere costituito obbligatoriamente presso ciascuna amministrazione, per l’esercizio delle funzioni previste dall’art. 55 bis e dell’art. 15, comma 3, del codice generale. A questi stessi soggetti compete anche, al momento della predisposizione del codice, la definizione di alcuni profili applicativi sul piano sanzionatorio (si v. infra). Nell’ambito delle funzioni indicate dal citato art. 15, il Responsabile deve verificare annualmente il livello di attuazione del codice, rilevando, ad esempio, il numero e il tipo delle violazioni accertate e sanzionate delle regole del codice, in quali aree dell’amministrazione si concentra il più alto tasso di violazioni. Il Responsabile, inoltre, provvedendo alla comunicazione di tali dati ricavati dal monitoraggio all’Autorità nazionale anticorruzione, assicura che gli stessi siano considerati in sede di aggiornamento sia del Piano triennale di prevenzione della corruzione, sia del codice, ne dà pubblicità sul sito istituzionale, utilizza tali dati al fine della formulazione di eventuali interventi volti a correggere i fattori che hanno contributo a determinare le cattive condotte. Tra i generali poteri di segnalazione del Responsabile rientra, altresì, in relazione alle violazioni accertate e sanzionate, il potere di attivare, in raccordo con l’UPD, le autorità giudiziarie competenti per i profili di responsabilità contabile, amministrativa, civile e penale.
Qualora nell’amministrazione fossero stati istituiti organismi con funzioni in materia di etica pubblica (comitati, uffici, commissioni, ecc.), è opportuno, anche alla luce di quanto previsto dal Piano nazionale anticorruzione che l’amministrazione valuti l’opportunità di mantenere tali organismi, posto che le relative funzioni potrebbero risultare oramai attribuite dalla legge all’UPD, in modo da garantire il corretto ed efficace funzionamento, soprattutto sul piano degli effetti giuridici, dell’applicazione del codice. Nel caso in cui l’amministrazione decidesse comunque di continuare a garantire l’operatività di tali strutture, dovranno essere previste adeguate forme di coordinamento e di collaborazione con l’UPD e il Responsabile per la prevenzione della corruzione. In questa ipotesi, inoltre, dovrà essere precisato il valore sul piano del diritto delle misure adottate da tali organismi, nonché l’individuazione delle conseguenze giuridiche di una loro eventuale violazione.
L’OIV è chiamato ad emettere parere obbligatorio nell’ambito della procedura di adozione del codice, verificando che il codice sia conforme a quanto previsto nelle linee guida della Commissione. In sede di attuazione. Inoltre, l’OIV, anche sulla base dei dati rilevati dall’UPD e delle informazioni trasmesse dal Responsabile per la prevenzione della corruzione, svolge un’attività di supervisione sull’applicazione del codice (ex comma 6 dell’art. 54 del d.lgs. n. 165 del 2001, così come modificato dall’art. 1, comma 44, della legge n. 190 del 2012), riferendone nella relazione annuale sul funzionamento complessivo del Sistema di valutazione, trasparenza e integrità dei controlli interni.
Procedura.
Il comma 5 dell’art. 54 del d.lgs. n. 165/2001 stabilisce che ciascuna amministrazione definisce il proprio codice di comportamento “con procedura aperta alla partecipazione”. Con tale espressione si vuole intendere che l’adozione dei codici, nonché il loro aggiornamento periodico, dovrà avvenire con il coinvolgimento degli stakeholder, la cui identificazione può variare a seconda delle peculiarità di ogni singola amministrazione.
In via generale, il coinvolgimento dovrà riguardare, oltre alle organizzazioni sindacali rappresentative presenti all’interno dell’amministrazione o dell’ente, le associazioni rappresentate nel Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti che operano nel settore, nonché le associazioni o altre forme di organizzazioni rappresentative di particolari interessi e dei soggetti che operano nel settore e che fruiscono delle attività e dei servizi prestati dalla specifica amministrazione.
A tale scopo, l’amministrazione dovrà procedere alla pubblicazione sul sito istituzionale di un avviso pubblico, contenente le principali indicazioni del codice da emanare alla luce del quadro normativo di riferimento, con invito a far pervenire eventuali proposte od osservazioni entro il termine a tal fine fissato. A tal fine, è utile che sia pubblicata una prima bozza di codice, con invito a presentare proposte e integrazioni, predisponendo anche un modulo idoneo alla raccolta delle osservazioni. Di tali proposte l’amministrazione terrà conto nella relazione illustrativa di accompagnamento del codice, indicando altresì le modalità e i soggetti coinvolti nella procedura e sottoponendo tali dati alla massima trasparenza.
Anche per consentire la consapevole formulazione dei pareri richiesti ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. d) della legge n. 190/2012 e il pieno esercizio delle funzioni, il codice deve essere inviato all’Autorità nazionale anticorruzione, unitamente alla relazione illustrativa, secondo modalità che saranno successivamente stabilite.
Il codice, una volta definitivamente approvato, dovrà essere pubblicato, innanzi tutto, sul sito istituzionale dell’amministrazione, unitamente alla relazione illustrativa.
Controlli.
Il controllo sull’attuazione e sul rispetto dei codici è, innanzi tutto, assicurato dai dirigenti responsabili di ciascuna struttura. I dirigenti dovranno promuovere e accertare la conoscenza dei contenuti del codice di comportamento – sia generale, sia specifico – da parte dei dipendenti della struttura di cui sono titolari. In questa prospettiva, è necessario che i dirigenti si preoccupino della formazione e dell’aggiornamento dei dipendenti assegnati alle proprie strutture in materia di trasparenza ed integrità, soprattutto con riferimento alla conoscenza dei contenuti del codice di comportamento – sia generale, sia specifico – potendo altresì segnalare particolari esigenze nell’ambito della programmazione formativa annuale. I dirigenti provvedono, inoltre, alla costante vigilanza sul rispetto del codice di comportamento da parte dei dipendenti assegnati alla propria struttura, tenendo conto delle violazioni accertate e sanzionate ai fini della tempestiva attivazione del procedimento disciplinare e della valutazione individuale del singolo dipendente.
Per quanto attiene al controllo sul rispetto dei codici di comportamento da parte dei dirigenti, nonché alla mancata vigilanza da parte di questi ultimi sull’attuazione e sul rispetto dei codici presso le strutture di cui sono titolari, esso è svolto dal soggetto sovraordinato che attribuisce gli obiettivi ai fini della misurazione e valutazione della performance.
Ferma rimane la rilevanza delle segnalazioni da parte dei cittadini di eventuali violazioni dei codici di comportamento, non solo per l’adozione delle iniziative previste dalla legge, ma altresì per raccogliere ulteriori indicazioni ai fini dell’aggiornamento periodico dei codici stessi. A tal fine, può essere utile un raccordo tra l’ufficio per i rapporti con il pubblico e l’ufficio per i procedimenti disciplinari, che consenta la raccolta e la condivisione di tali segnalazioni da parte di tali uffici.
L’OIV, come si presume anche dalla previsione della sua consultazione in sede di predisposizione del codice, assicura il coordinamento tra i contenuti del codice e il sistema di misurazione e valutazione della performance nel senso della rilevanza del rispetto del codice ai fini della valutazione dei risultati conseguiti dal dipendente o dall’ufficio. Come si è detto (v. supra) svolge, inoltre, un’attività di supervisione sull’applicazione dei codici, secondo quanto previsto dal comma 6, art. 54 del d.lgs. n. 165 del 2001, così come modificato dall’art. 1, comma 44, della legge n. 190 del 2012 (si v. supra). Inoltre, nell’esercizio della funzione di cui all’art. 14, comma 4, lett. e) del d.lgs. n. 150/2009, l’OIV dovrà verificare il controllo sull’attuazione e sul rispetto dei codici da parte dei dirigenti di vertice, i cui risultati saranno considerati anche in sede di formulazione della proposta di valutazione annuale.
L’Autorità nazionale anticorruzione svolge un’attività di verifica della conformità dei codici adottati dalle singole amministrazioni alle linee guida adottate dalla stessa Autorità, nonché raccoglie, elabora e pubblicizza i dati del monitoraggio svolto dai Responsabili per la prevenzione di cui all’art. 15, comma 3 del codice generale e le risultanze della relazione annuale sul funzionamento complessivo del Sistema di valutazione, trasparenza e integrità dei controlli interni predisposta dagli OIV.
Con riferimento alla previsione contenuta nell’art. 15, comma 4 del codice generale, ai sensi dell’art. 54 bis del d. l. n. 69/2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 98/2013, che ha modificato l’art. 1, comma 2, lett. d) della legge n. 190/2012, l’Autorità può attualmente esprimere soltanto “parere obbligatorio sugli atti di direttiva e di indirizzo, nonché sulle circolari del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione in materia di conformità di atti e comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento e ai contratti, collettivi e individuali, regolanti il rapporto di lavoro pubblico”.
Resta fermo, comunque, che, poiché i codici di comportamento rientrano nella dizione “altre disposizioni vigenti” di cui alla lett. f) del comma 2 dell’art. 1 della legge n. 190/2012, l’Autorità potrà avvalersi dei propri poteri di vigilanza ivi previsti, nonché dei poteri ispettivi di cui al comma 3 dell’art. 1 della legge n. 190/2012.
Effetti.
Premesso che la violazione degli obblighi contenuti nel codice di comportamento – sia generale, sia specifico – costituisce fonte di responsabilità disciplinare accertata all’esito del relativo procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle sanzioni, la violazione di ciascuna regola dei codici costituisce di per sé infrazione rilevante sul piano disciplinare.
In sede di predisposizione del codice, l’amministrazione può specificare, in corrispondenza di ciascuna infrazione, il tipo e l’entità della sanzione disciplinare applicabile, individuata tra quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi, oltre a quelle espulsive nei casi indicati dai commi 2 e 3 dell’art. 16 del codice generale.
Oltre agli effetti di natura disciplinare, penale, civile, amministrativo e contabile, tali violazioni rilevano, infine, anche in ordine alla misurazione e valutazione della performance secondo quanto già indicato con riferimento all’oggetto dei controlli.
Giova precisare che non si tratta di introdurre nuove sanzioni, ma soltanto e ove necessario di articolare, in relazione alle violazioni dei singoli obblighi contenuti dal codice di comportamenti, le sanzioni previste dalle legge e dalla contrattazione collettiva; e ciò al solo fine di limitare il potere discrezionale dei responsabili degli Uffici per i procedimenti disciplinari, a tutela dei singoli dipendenti.
E’ difficilmente contestabile, infatti, che le violazioni del codice di comportamento possano essere contemplate già nelle previsioni della legge e della contrattazione collettiva.
Il collegamento con il Piano triennale per la prevenzione della corruzione.
L’individuazione nel Piano triennale per la prevenzione della corruzione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione può essere considerato, per certi versi, preliminare alla specificazione, proprio con riferimento a tali uffici e alla loro tipologia, di una serie di obblighi di comportamento in sede di adozione del codice di comportamento, realizzando in tal modo un opportuno collegamento con le altre misure di prevenzione della corruzione previste dal Piano medesimo. Collegamento che – si ribadisce – è di particolare rilevanza anche in sede di individuazione di ulteriori misure da introdurre nella progressiva elaborazione degli strumenti di contrasto alla corruzione.
La struttura dei codici. Il presente paragrafo riguarda l’articolazione dei singoli codici di comportamento e indica a tal fine alcuni elementi essenziali. L’obiettivo è duplice: in primo luogo, si intende garantire che le amministrazioni adottino codici che non si risolvano in una generica ripetizione dei contenuti del codice generale; in secondo luogo, si vuole favorire la creazione di condizioni per la predisposizione di codici diversificati in funzione delle peculiarità di ciascuna amministrazione.
Con riferimento all’ambito soggettivo di applicazione, che è determinato innanzi tutto dalla legge e dal codice generale (si v. supra), i singoli codici di comportamento dovranno individuare le categorie di destinatari in rapporto alle specificità dell’amministrazione, precisando le varie tipologie di dipendenti ed eventualmente procedendo a una ricognizione esemplificativa delle strutture sottoposte all’applicazione dei codici, soprattutto nei casi di amministrazioni con articolazioni molto complesse, anche a livello periferico.
I codici di comportamento dovranno inoltre rivolgere una particolare attenzione a quelle categorie di dipendenti pubblici che svolgono attività di natura tecnico-professionale o che sono impiegati presso strutture interne di rappresentanza legale dell’amministrazione o presso gli uffici per le relazioni con il pubblico. Eguale attenzione va inoltre prestata a coloro che sono impiegati presso gli uffici di diretta collaborazione del vertice politico.
Importante innovazione è anche prevista nel comma 3 dell’art. 2 del codice generale, nella parte in cui stabilisce l’estensione, con il solo limite della compatibilità, degli obblighi previsti dal codice generale “a tutti i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, nonché nei confronti dei collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione”. Ne discende, altresì, l’applicazione a questi soggetti anche dei codici adottati dalle singole amministrazioni, che dovrà avvenire individuando in modo specifico le categorie di collaboratori e consulenti esterni ai quali estendere l’applicazione dei codici e le ipotesi da prevedere nelle clausole di risoluzione e decadenza del rapporto che dovranno essere inserite nei contratti di acquisizione delle collaborazioni, delle consulenze e dei servizi. A tal riguardo, il Piano nazionale anticorruzione prevede che è necessario predisporre o modificare «gli schemi tipo di incarico, contratto, bando, inserendo la condizione dell’osservanza dei Codici di comportamento per i collaboratori esterni a qualsiasi titolo, per i titolari di organo, per il personale impiegato negli uffici di diretta collaborazione dell’autorità politica, per i collaboratori delle ditte fornitrici di beni o servizi od opere a favore dell’amministrazione, nonché prevedendo la risoluzione o la decadenza dal rapporto in caso di violazione degli obblighi derivanti dai Codici».
L’amministrazione può anche prevedere nel proprio codice e negli atti di regolazione dell’ente l’estensione di tutte o alcune regole a soggetti controllati o partecipati dalla stessa amministrazione.
Per quanto riguarda la formulazione dei singoli obblighi, i codici dovranno tendenzialmente contenere:
a) una declinazione delle regole del codice generale nella singola amministrazione;
b) la definizione di ulteriori regole elaborate sulla base delle peculiarità della specifica amministrazione.
a) Con riferimento alla declinazione delle regole del codice generale, si dovrà tenere conto, in modo particolare, delle seguenti indicazioni:
1. Regali, compensi e altre utilità (art. 4 del d.p.r. n. 62/2013).
I codici devono precisare come verranno utilizzati dall’amministrazione i regali ricevuti al di fuori dei casi consentiti. Devono altresì prevedere i criteri per la valutazione dei casi di cumulo di più regali, compensi o utilità con un valore al di sotto dei 150 euro, ferma restando la possibilità di definire un limite inferiore a 150 euro o un divieto di ricezione dei regali o di altre utilità di modico valore o la misura massima del valore economico raggiungibile nell’arco dell’anno.
Devono, poi, specificare la tipologia di incarico di collaborazione consentito e vietato ai sensi del comma 6, nonché le categorie di soggetti privati che in genere hanno interessi economici significativi in decisioni o attività inerenti all’amministrazione.
2. Partecipazione ad associazione e organizzazioni (art. 5 del d.p.r. n. 62/2013).
I codici devono individuare in modo specifico gli ambiti di interesse che possono interferire con lo svolgimento dell’attività dell’ufficio e precisare il termine entro cui effettuare la comunicazione di cui al comma 1.
3. Obbligo di astensione (art. 7 d.p.r. n. 62/2013).
I codici devono procedimentalizzare – se non fosse già disciplinata nell’ambito dei singoli procedimenti – la comunicazione dell’astensione e delle relative ragioni al responsabile dell’ufficio e prevedere un controllo da parte di quest’ultimo, stabilendo inoltre un sistema di archiviazione dei casi di astensione nell’amministrazione.
4. Prevenzione della corruzione (art. 8 del d.p.r. 62/2013).
I codici rinviano alle misure contenute nel Piano triennale di prevenzione della corruzione. Specificano, altresì, gli obblighi di collaborazione dei dipendenti con il Responsabile per la prevenzione della corruzione, soprattutto con riferimento alla comunicazione di dati, segnalazioni, ecc., e indicano le misure di tutela del dipendente che segnala un illecito nell’amministrazione, in raccordo con quanto previsto dalla legge e dal Piano triennale di prevenzione della corruzione.
5. Trasparenza e tracciabilità (art. 9 del d.p.r. n. 62/2013).
I codici devono rinviare ai contenuti del programma triennale per la trasparenza e l’integrità, prevedendo eventuali regole volte a favorire un comportamento collaborativo da parte dei titolari degli uffici tenuti a garantire la comunicazione, in modo regolare e completo, delle informazioni, dei dati e degli atti oggetto di pubblicazione.
6. Comportamento nei rapporti privati (art. 10 del d.p.r. n. 62/2013).
I codici devono individuare, anche sulla base delle peculiarità e delle esperienze registrate dalla singola amministrazione, i comportamenti tenuti dai dipendenti nei rapporti privati ritenuti lesivi della sua immagine.
7. Comportamento in servizio (art. 11 del d.p.r. n. 62/2013).
I codici individuano, in merito all’equa ripartizione dei carichi di lavoro, l’obbligo per il responsabile dell’ufficio di rilevare e tenere conto delle eventuali deviazioni dovute alla negligenza di alcuni dipendenti.
Devono prevedere, inoltre, l’obbligo per il responsabile dell’ufficio sia di controllare che l’uso dei permessi di astensione avvenga effettivamente per le ragioni e nei limiti previsti dalla legge e dai contratti collettivi, evidenziando eventuali deviazioni, sia di vigilare sulla corretta timbratura delle presenze da parte dei propri dipendenti, segnalando tempestivamente all’UPD le pratiche scorrette.
I codici devono anche stabilire regole sull’utilizzo adeguato di materiali, attrezzature, servizi e più in generale di risorse nella prospettiva dell’efficienza e dell’economicità dell’azione pubblica.
8. Rapporti con il pubblico (art. 12 del d.p.r. n. 62/2013).
I codici devono indicare termini specifici per la risposta alle varie comunicazioni degli utenti, nei casi in cui non sia già previsto, soprattutto quando si tratta di comunicazioni che non determinino l’attivazione di procedimenti amministrativi stricto sensu. Inoltre, precisano che alle comunicazioni di posta elettronica si deve rispondere generalmente con lo stesso mezzo, riportando tutti gli elementi idonei ai fini dell’identificazione del responsabile e della esaustività della risposta.
In questa parte, è opportuno inoltre che i codici stabiliscano regole puntuali sul rilascio, da parte di dirigenti o dipendenti, di dichiarazioni pubbliche o altre forme di esternazione in qualità di rappresentanti dell’amministrazione, precisando quali tipi di manifestazione sono presi in considerazione.
Per migliorare l’efficacia dell’attività delle amministrazioni e la sua rispondenza alle esigenze degli utenti, i codici devono poi assicurare il collegamento con il documento o la carta di servizi contenente gli standard di qualità secondo le linee guida formulate dalla CiVIT e specificare gli obblighi specifici di comportamento dei dipendenti degli URP, degli sportelli e di altri uffici che operano a contatto con il pubblico, a seconda delle peculiarità dell’amministrazione.
9. Disposizioni particolari per i dirigenti (art. 13 del d.p.r. n. 62/2913).
I codici devono definire le modalità di comunicazione dei dati relativi ai conflitti di interesse di cui al comma 3 del citato art. 13, prevedendo anche un obbligo di aggiornamento.
Devono altresì prevedere l’obbligo del dirigente di osservare e vigilare sul rispetto delle regole in materia di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi di lavoro da parte dei propri dipendenti, anche al fine di evitare pratiche non consentite di “doppio lavoro”.
Ai fini della equa ripartizione dei carichi di lavoro, i dirigenti tengono anche conto di quanto emerge dalle indagini sul benessere organizzativo di cui all’art. 14, comma 5, d. lgs. n. 150/2013.
10. Vigilanza, monitoraggio e attività formative (art. 14 del d.p.r. n. 62/2013).
I codici devono contenere una parte appositamente dedicata ai contratti pubblici, al fine di regolare il comportamento degli addetti ai relativi uffici, con indicazioni specifiche di carattere comportamentale. In particolare, la previsione di tali regole è ancora più rilevante per quelle amministrazioni che svolgono in via prevalente la propria attività istituzionale in stretto contatto con soggetti privati, attraverso la conclusione di contratti o altri strumenti negoziali.
b) Al fine di tenere conto del diverso livello di esposizione al rischio di corruzione delle funzioni e degli uffici dell’amministrazione – già individuato in sede di predisposizione del Piano triennale di prevenzione della corruzione –, i codici contengono anche ulteriori regole, che possono aggiungersi a quelle formulate secondo le indicazioni che precedono.
A tal fine, è necessario che l’amministrazione elabori regole dettagliate relative, in primo luogo, al comportamento del personale dirigenziale e non dirigenziale addetto alle funzioni e agli uffici individuati, innanzi tutto, in linea con il Piano nazionale anticorruzione e con il Piano triennale per la prevenzione della corruzione adottato dalla singola amministrazione.
Oltre alle predette funzioni, che in vari casi hanno carattere trasversale tra le differenti amministrazioni (si pensi alle funzioni di gestione dell’acquisizione e della progressione del personale; alle funzioni di affidamento di lavori, servizi e forniture; alle funzioni di carattere ispettivo, ecc.), i codici devono tenere conto, in secondo luogo, delle funzioni di natura settoriale che caratterizzano l’amministrazione. A questo riguardo, è necessario elaborare regole supplementari fortemente aderenti alle funzioni peculiari dell’amministrazione e dipendenti dal settore nel quale la stessa opera.
A quest’ultimo fine, come già precisato in premessa, la Commissione procederà alla consultazione delle amministrazioni interessate e alla costituzione di tavoli tecnici, per gruppi di amministrazioni, con lo scopo di elaborare indirizzi mirati e specifici modelli, che tengano conto delle caratteristiche dei singoli settori nei quali le stesse operano.
Roma, 24 ottobre 2013
Romilda Rizzo