Garanzie negli appalti, arriva la determina dell’Avcp

L’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici ha pubblicato una bozza di determinazione sulle criticità riscontrate nell’applicazione degli artt. 75 e 113 del D.Lgs. n. 163/2006 in tema di cauzioni negli appalti pubblici.

In particolare, la determinazione affronta le “difficoltà riscontrate da diverse stazioni appaltanti, sia dei settori ordinari che speciali, ad escutere la cauzione, soprattutto quando questa è prestata da talune imprese di assicurazione o intermediari finanziari, nonché le limitazioni poste da diverse imprese attive nei settori speciali ai soggetti che possono prestare cauzione”.

Le attuali limitazioni consistono nel divieto assoluto di ammettere determinate figure di garanti ovvero restringono la possibilità di assumere la qualità di garanti esclusivamente ai soggetti dotati di determinati requisiti di rating. Ciò, secondo l’AVCP, “oltre ad alterare la concorrenza nei mercati finanziari, può accrescere le difficoltà di partecipazione alle gare che vengono sperimentate da numerose imprese, specie di piccole e medie dimensioni, in un periodo di forte difficoltà di accesso al credito”.

Di seguito lo schema di determinazione

Problematiche in ordine all’uso della cauzione provvisoria e definitiva (artt. 75 e 113 del Codice)

Sommario

1. Quadro normativo di riferimento 
2. L’applicabilità degli artt. 75 e 113 ai settori speciali  
3. Sull’esclusione delle garanzie degli intermediari finanziari
4.  Sulla richiesta di livelli elevati di rating
5.  Sul contratto autonomo di garanzia
6.  Sullo svincolo della cauzione negli appalti di servizi e forniture   
Premessa  

Nell’ambito della propria attività istituzionale, sono state evidenziate all’Autorità numerose criticità per l’applicazione dell’istituto della cauzione, soprattutto quella definitiva. Tali criticità possono essere così sintetizzate:

  1. gli operatori economici sperimentano difficoltà a sottoscrivere cauzioni, specie bancarie, a causa delle limitazioni al credito esistenti;
  2. le stazioni appaltanti, operanti nei settori speciali tendono a limitare la scelta dei soggetti garanti, includendo solo banche o banche e assicurazioni ed escludendo l’estensione agli intermediari finanziari iscritti negli appositi albi (ex 107 del D.lgs. 1 settembre 1993 n. 385, Tub) tenuti dalla Banca d’Italia;
  3. oltre a limitare il novero dei soggetti ammessi a rilasciare la cauzione, è spesso previsto come requisito ulteriore il possesso di determinati livelli di rating, assegnati dalle principali agenzie internazionali;
  4. le imprese, soprattutto di dimensioni medio piccole, lamentano di essere penalizzate da quanto indicato nei punti precedenti per la partecipazione alle gare;
  5. le stazioni appaltanti, anche quelle presenti nei settori ordinari registrano, una diffusa difficoltà a riscuotere le garanzie per le resistenze opposte dalle imprese di assicurazione e per la difficoltà di escussione presso intermediari non autorizzati;
  6. le imprese di assicurazione contestano la richiesta delle stazioni appaltanti di prestare le garanzie nella forma del “contratto autonomo di garanzia” ossia nei termini di garanzia da escutersi a prima richiesta e senza eccezioni;
  7. vi sono intermediari finanziari non autorizzati che rilasciano comunque le garanzie fideiussorie;
  8. la mancanza nel settore dei servizi e delle forniture di una disciplina che regolamenti lo svincolo progressivo della cauzione ed un incameramento proporzionale al danno subito.

1. Quadro normativo di riferimento  

Partendo dal dato normativo, in tema di cauzioni, l’art. 75 del Codice stabilisce per gli appalti di lavori, servizi e forniture l’obbligo di corredare l’offerta di una cauzione, detta cauzione provvisoria, in misura pari al 2% dell’importo indicato nel bando di gara o nella lettera d’invito, il cui scopo è quello di garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta stessa. La norma in commento consente al partecipante di prestare a garanzia dell’offerta, a sua scelta, garanzie reali e/o personali. La cauzione provvisoria può essere costituita, infatti, in contanti ovvero in titoli del debito pubblico garantiti dallo Stato oppure sotto forma di fideiussione. Quest’ultima può essere bancaria o assicurativa o rilasciata da intermediari finanziari purché questi siano iscritti negli appositi albi (ex art. 106 e art. 107), tenuti dalla Banca d’Italia, di cui al D.Lgs. 1 settembre 1993 n. 385 (Testo Unico Bancario), i quali svolgono in via esclusiva e prevalente attività di rilascio di garanzie, a ciò autorizzati dal Ministero dell’economia e delle finanze.
L’art. 113 del Codice disciplina invece la cauzione definitiva il cui scopo è garantire la corretta esecuzione dell’appalto, imponendo all’esecutore del contratto la costituzione di una garanzia fideiussoria pari al 10% dell’importo contrattuale con cui il fideiussore si impegna a risarcire la stazione appaltante del mancato o inesatto adempimento del contraente (art. 113 comma 5). L’ammontare di questa cauzione deve essere pari al 10% dell’importo del contratto, ma variabile, nel caso vi sia un ribasso d’asta superiore al 10%, in base ad un particolare tipo di calcolo che consente di quantificare l’importo della cauzione alle condizioni di aggiudicazione, imponendo all’aggiudicatario che ha formulato un ingente ribasso d’asta la presentazione di garanzie direttamente proporzionate allo sconto praticato in sede di offerta.
La garanzia deve necessariamente essere prestata sotto forma di fideiussione e “deve prevedere espressamente la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale, la rinuncia all’eccezione di cui all’articolo 1957, comma 2, del codice civile, nonché l’operatività della garanzia medesima entro quindici giorni, a semplice richiesta scritta della stazione appaltante”.
A sua volta, l’art. 113 richiama espressamente l’art. 75, comma 3, il quale, come detto, estende l’ambito dei soggetti che possono prestare la cauzione, oltre che a banche e ad imprese di assicurazioni, a tutti gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie. Tale garanzia fideiussoria sarà progressivamente svincolata a misura dell’esecuzione nel limite massimo dell’80% dell’iniziale importo garantito. Lo svincolo del residuo 20% dell’iniziale importo garantito va effettuato secondo quanto previsto dalla normativa vigente. Entrambi gli strumenti (cauzione provvisoria e cauzione definitiva) sono indispensabili a garantire il corretto svolgersi della procedura concorsuale sicché la mancata costituzione della garanzia porta – in modo sostanzialmente automatico – alla perdita di effetti dell’aggiudicazione.
In realtà, per quanto concerne la cauzione provvisoria non vi è uniformità di vedute circa la possibilità di sanare una cauzione presentata in modo non conforme a quanto previsto dall’art. 75; l’Autorità nella Determinazione n. 4 del 10 ottobre 2012, ha affermato che: “più complessa appare l’ipotesi di presentazione di una cauzione provvisoria di importo deficitario, giacché parte della giurisprudenza ammette, in tal caso, l’esercizio del soccorso istruttorio volto a fare integrare la garanzia. Si ritiene che la questione vada ricondotta ai principi generali che presiedono l’applicazione dell’art. 46, comma 1, del Codice in tema di integrazione documentale, ammissibile solo ove non incida sulla parità di trattamento tra i concorrenti e, quindi, nel caso di specie, in ipotesi di evidente errore formale”.

2. L’applicabilità degli artt. 75 e 113 ai settori speciali  

Le disposizioni normative di cui agli artt. 75 e 113 del Codice in tema di cauzioni negli appalti pubblici, ai sensi dell’art. 206 del medesimo Codice, non rientrano tra le norme di diretta applicazione ai settori cd. “speciali”. L’art. 206, infatti, effettua una puntuale ricognizione delle norme applicabili a tali settori, ed essendo una norma di stretta interpretazione, il mancato riferimento espresso alla cauzione comporta che soltanto con la lex specialis di gara, la stazione appaltante possa discrezionalmente derogare alla previsione legislativa introducendo indicazioni che recepiscano la normativa in tema di fideiussioni prevista per i settori ordinari. A tale proposito, occorre ricordare che quando si tratti di amministrazioni aggiudicatrici o di organismi di diritto pubblico ex art. 3 del Codice, l’applicazione del regime semplificato previsto dalla terza parte del Codice è strettamente condizionata alla circostanza che essi operino nei settori definiti “speciali”. Al di fuori delle attività summenzionate, per ogni appalto non strumentalmente connesso al settore specifico, torna applicabile la disciplina di carattere generale (vd. Consiglio di Stato n. 2919/2011). Viceversa, per le imprese pubbliche che non rientrino nel novero dei soggetti sopra indicati, l’Adunanza Plenaria n. 16/2011 ha definitivamente chiarito che esse sono tenute all’osservanza della disciplina degli appalti pubblici solo nei settori speciali.
Quando un’impresa pubblica o organismo di diritto pubblico attivi nei settori speciali decidono di richiedere una cauzione, provvisoria o definitiva, necessariamente devono trovare applicazione i principi stabiliti all’art. 2 del Codice, di cui gli artt. 75 e 113 rappresentano delle esplicitazioni per il caso delle cauzioni. La situazione ideale è quella per cui la stazione appaltante nel richiedere una cauzione si auto vincoli al rispetto di quanto previsto dal Codice. In ogni caso, anche in assenza di un esplicito richiamo agli articoli del Codice, la stazione appaltante deve necessariamente adottare dei criteri che siano conformi ai principi di proporzionalità, concorrenza, parità di trattamento, ecc.
In questo senso, l’operazione di applicare “altre” regole rispetto a quelle elencate nell’art. 206 non può condurre le stazioni appaltanti a dettare regole “più severe e più stringenti” che, anziché semplificare e aprire la partecipazione limitano, di fatto, l’ambito partecipativo, vanificando la stessa specialità per come intesa dal legislatore (Parere del Consiglio di Stato al Codice dei contratti Sezione consultiva – Adunanza del 6 febbraio 2006).
L’art. 206, comma 3, del Codice dei Contratti Pubblici, come pure l’art. 339, comma 2, del Regolamento (D.P.R 207/2010), consente agli enti aggiudicatori nei settori speciali di applicare parzialmente o di far riferimento ad altre disposizione dell’ordinamento giuridico degli appalti, dandone preventiva comunicazione nella lex specialis, a patto però che sussista una giusta proporzione tra dette “regole” e la natura, la complessità e l’importanza dell’appalto, senza che ulteriori vincoli procedimentali e sostanziali possano ostacolare la massima concorrenza nell’affidamento.
In buona sostanza la discrezionalità accordata dal legislatore agli enti aggiudicatori che indicono appalti nei settori speciali incontra necessariamente dei limiti, poiché se da un lato consente di gestire le procedure di gara in modo più elastico e semplificato, dall’altro è chiaro che tale discrezionalità deve essere gestita secondo criteri non discriminatori, di logicità e ragionevolezza, rispettando il principio di proporzionalità e di congrua motivazione, rispettando altresì i principi e le disposizioni comuni a tutti gli appalti sia dei settori ordinari che di quelli speciali per come definiti nell’art. 2 comma 1 del Codice.
Viceversa, nel contenuto dei bandi, si riscontra una prassi largamente diffusa tra le stazioni appaltanti di richiedere dei requisiti che potrebbero produrre discriminazioni tra i concorrenti impedendo un corretto svolgimento delle procedure. Le stazioni appaltanti, infatti:

  1. tendono a limitare la scelta dei soggetti garanti, includendo solo banche o banche e assicurazioni ed escludendo l’estensione agli intermediari finanziari iscritti negli appositi albi (ex art. 107 del D.lgs. 1 settembre 1993 n. 385, TUB) tenuti dalla Banca d’Italia; (vd. par. 4)
  2. richiedono il possesso di determinati livelli di rating, come assegnati dalle principali agenzie internazionali. (vd. par. 5)

Le imprese di assicurazioni contestano anche la prassi di richiedere che le garanzie siano prestate nella forma del “contratto autonomo di garanzia” ossia nei termini di garanzia da escutersi a prima richiesta e senza eccezioni. (vd. par. 6)
Le imprese, soprattutto di dimensioni medio piccole, lamentano di essere penalizzate dalle indicazioni operative sopra richiamate e dal rifiuto, di fatto, delle imprese di assicurazione di accettare di sottoscrivere un contratto autonomo di garanzia; ciò le porrebbe in una situazione di svantaggio nella competizione in violazione del principio di ampia partecipazione alle procedure selettive.

3. Sull’esclusione delle garanzie degli intermediari finanziari  

Gli intermediari finanziari sono stati definitivamente abilitati a prestare la garanzia di esecuzione del contratto dalla modifica al Codice introdotta dal DLgs n. 113 del 2007 (secondo decreto correttivo) 1.
Tale novella, come ricordato, riguarda solo i settori ordinari e non ha integrato la disciplina dei settori speciali. Diverse stazioni appaltanti, operanti nei settori speciali, adducendo una ritenuta persistente minore affidabilità della categoria degli intermediari rispetto alle banche ed alle assicurazioni, hanno ritenuto così di non inserirla nel novero dei potenziali garanti.
Nella valutazione del legislatore riferita ai settori ordinari, invece, tale affidabilità è stata pienamente recuperata, in quanto l’operatività degli intermediari finanziari è sottoposta al controllo di Banca d’Italia e a uno specifico assenso ministeriale.
Tra l’altro la Banca d’Italia ha segnalato un fenomeno “allarmante” rappresentato dalle gravi difficoltà incontrate dalle stazioni appaltanti, anche quelle attive nei settori ordinari, nell’escussione della garanzia ricevuta a garanzia del contratto da parte di intermediari finanziari. Si tratta di rischi assunti da intermediari non commisurati alle loro strutture patrimoniali ed organizzative, o anche da soggetti non autorizzati a svolgere tali attività in quanto non iscritti nell’elenco speciale di cui al richiamato art. 107 del TUB, né assoggettati a vigilanza prudenziale da parte di Banca d’Italia bensì sottoposti a forme di controllo più blande (confidi ex art 155, c.4  e intermediari ex art. 106 TUB).
Per superare tali criticità appare necessario che le stazioni appaltanti richiedano che, nel caso del ricorso ad intermediari finanziari, il modulo di fideiussione contenga gli estremi dell’autorizzazione di cui all’art. 127 comma 3 del Regolamento.
D’altro canto, occorre considerare che la normativa vigente in materia è contenuta nel D.lgs n. 141 del 2010 (TUB) di recente modificato dal D.lgs. n. 169 del 2012. La riforma ha unificato l’elenco dei soggetti di cui all’art. 107 e sono state potenziate le misure sanzionatorie che la Banca d’Italia, nell’ambito della propria attività di vigilanza sugli intermediari finanziari, è facultata ad adottare. Il nuovo art. 108, infatti, prevede che ciascun intermediario dovrà strutturarsi secondo i dettami del disposto di cui al D.Lgs. 141/2010 nonché nel rispetto delle disposizioni attuative che la Banca d’Italia è tenuta ad emanare e che interesseranno “il governo societario, l’adeguatezza patrimoniale, il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni, l’organizzazione amministrativa e contabile, i controlli interni ed i sistemi di remunerazione e incentivazione nonché l’informativa da rendere al pubblico sulle predette materie”.
Si deve quindi ritenere che la nuova normativa possa offrire strumenti nel complesso adeguati per la valutazione e il controllo dell’affidabilità dei soggetti che operano sul mercato, facendo venire meno le resistenze delle stazioni appaltanti ad estendere la previsione normativa che ammette la possibilità che la cauzione definitiva possa essere rilasciata dagli intermediari finanziari iscritti nell’elenco “107” per i settori ordinari anche ai settori cd. speciali.
In ogni caso si ritiene che, almeno in una prima fase di attuazione della nuova normativa sugli intermediari finanziari persista la necessità di verificare la loro idoneità a rilasciare fideiussioni mediante l’inserimento degli estremi dell’autorizzazione.

4. Sulla richiesta di livelli elevati di rating  

Il rating è la valutazione della qualità di una società o delle sue emissioni di titoli di debito sulla base della solidità finanziaria della società stessa e delle sue prospettive. Letteralmente vuol dire “classificazione”: valutazione e classificazione della solvibilità e redditività di debitore, società o ente pubblico, espressa da una società specializzata attraverso un voto che fa parte di una scala di gradazione. Il voto assegnato dalle agenzie qualificate è tenuto in grande considerazione dagli investitori istituzionali, spesso vincolati anche dalle normative di vigilanza ad investire solamente in titoli dotati di un rating minimo. La valutazione, infatti, può essere effettuata anche su titoli azionari ed obbligazionari. L`assegnazione di un rating agevola per gli emittenti il processo di fissazione del prezzo e di collocamento dei titoli emessi. Per questi motivi, i soggetti che desiderano collocare titoli sui mercati finanziari internazionali sono indotti a richiedere una valutazione del loro merito di credito alle aziende di rating.
Alcune stazioni appaltanti attive nei settori speciali ammettono sia per la cauzione provvisoria, sia per la cauzione definitiva, solo fideiubenti con un rating di lungo periodo uguale o superiore a determinati livelli stabiliti ad esempio da Fitch, Standard & Poor’s o Moody’s Investor Service. In generale, le ragioni addotte dalle SA interpellate, per giustificare la richiesta di rating ai garanti, hanno evidenziato che nell’ottica dell’ente appaltante il “rating” è considerato quale elemento “tranquillizzante” sul livello del patrimonio di un’impresa o di una banca libero da impegni ed in grado di garantire la correttezza e l’affidabilità e, soprattutto, la solvibilità dello stesso fideiussore.
Se sono comprensibili le ragioni che spingono le stazioni appaltanti ad una tale richiesta, lo strumento utilizzato allo scopo non appare sufficiente a garantirle e potrebbe introdurre elementi di distorsione nel mercato degli appalti pubblici. Infatti, la richiesta di rating ai garanti inserita nei bandi di gara appare in grado di discriminare perché determina disparità tra i soggetti che operano nel mercato creditizio/finanziario (intermediari, banche, assicurazioni) e potrebbe limitare la partecipazione alle gare delle imprese che segnalano difficoltà a reperire le garanzie necessarie per accedere alla gara d’appalto.
Per quanto concerne il mercato finanziario, alcuni possibili fideiussori, anche se in possesso di margini di solvibilità elevati, non sempre hanno un rating in quanto non procedono al collocamento di titoli sul mercato; inoltre, come confermano anche i giudizi della Banca d’Italia e dell’ABI, non sempre il rating costituisce un indice certo di riferimento nella stima dei parametri rilevanti per la determinazione dei requisiti patrimoniali di un dato soggetto. Gli approfondimenti condotti nel tavolo tecnico non hanno dimostrato l’esistenza di una correlazione tra la mancata corresponsione della cauzione e l’indice di rating che la Società può vantare. Le segnalazioni pervenute all’Autorità mostrano che spesso il mancato pagamento della cauzione è, in diversi casi, riferibile anche ad aziende con rating elevato. Inoltre, il problema degli inadempimenti non è proporzionalmente correlato alle dimensioni dell’appalto, anzi spesso si verifica in appalti di entità medio piccole non in grado di incidere sulla situazione finanziaria complessiva del garante.

In ogni caso, anche ammessa la legittimità di introdurre vincoli sulla natura e qualità dei fideiussori, attualmente non consentita dal Codice, il rating non rappresenta un criterio di valutazione attendibile per stabilire la solvibilità dell’azienda. L’Autorità nella Determinazione n. 2 del 13 marzo 2013, Questioni concernenti l’affidamento dei servizi assicurativi e di intermediazione assicurativa, ha osservato che, piuttosto che valutare la qualità delle imprese di assicurazione sulla base del rating, è preferibile ricorrere ad altri indicatori quali l’indice di solvibilità, congiuntamente alla raccolta premi specifica.
Per quanto riguarda le piccole e medie imprese, le limitazioni poste ai garanti in merito alla possibilità di rilasciare garanzie potrebbero introdurre ostacoli elevati alla partecipazione alle gare. Infatti, in tal modo aumentano sicuramente i costi di ricerca e gli oneri per la garanzie; ad esempio, le garanzie bancarie sono assimilabili a tutti gli effetti ai crediti e ciò potrebbe introdurre una barriera insormontabile in un periodo caratterizzato da restrizioni al credito.
Si deve, infine, osservare che la recente crisi economica ha determinato continue riduzioni nel rating riconosciuto all’intera economia italiana e, di conseguenza, alle imprese finanziarie. Ciò imporrebbe almeno la necessità di aggiornare costantemente il livello di rating richiesto, proprio al fine di preservare un numero minimo di soggetti a cui le imprese che vogliono partecipare alle gare possono rivolgersi.
In conclusione, la richiesta da parte delle Stazioni appaltanti di rating pari o superiore ad un determinato minimo attribuito dalle società di certificazione internazionale è una previsione che si impone in violazione dei principi di cui all’articolo 2 del Codice. Infatti, introduce restrizioni non previste dal Codice che non appaiono neppure correlate e proporzionate con gli obiettivi che si intende perseguire.

5. Sul contratto autonomo di garanzia  

Contrariamente a quanto sostenuto dalle imprese di assicurazione, la richiesta di rilascio di garanzie dal contenuto di contratto autonomo appare compatibile con quanto previsto in materia dal Codice.
La normativa primaria, riferibile ai settori ordinari, con riferimento alla “cauzione definitiva” stabilisce al comma 2 dell’art. 113, analogamente a quanto già stabilito dall’art. 75, comma 4, che le garanzie a corredo dell’offerta rechino le seguenti clausole: 1) la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale; 2) la rinuncia, all’eccezione di cui all’art. 1957 c.c., comma 2, e cioè all’eccezione di intervenuta scadenza della fideiussione; 3) l’operatività della garanzia medesima entro quindici giorni, a semplice richiesta scritta della stazione appaltante. Può dunque dirsi che è già il legislatore a configurare obbligatoriamente la cauzione nelle forme di una garanzia sostanzialmente autonoma ed astratta, a differenza della fideiussione, priva del vincolo dell’accessorietà; e questo perché intende tutelare la fase di esecuzione del contratto e, quindi, gli interessi pubblici e le esigenze della stazione appaltante.
Non vale, invece, quanto sostenuto dalle imprese di assicurazione circa la possibilità riconosciuta al fideiussore dall’art. 1945 c.c., di opporre al creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale salvo quella derivante dall’incapacità. Le imprese invocano tale possibilità perché è proprio la rinuncia all’eccezione tout court (piuttosto che il pagamento a prima richiesta o a semplice richiesta o l’esigibilità nei 15 giorni) a rappresentare il principale punto di distacco dallo schema tipico della fideiussione codificato dal codice civile (Cass. Civ. III, 3 ottobre 2005, n.19300, id. 20 aprile 2004, n.7502). L’assicurazione, mantenendo salva la facoltà di invocare eccezioni previste dal contratto fideiussorio, conserverebbe la possibilità di indennizzare solo a condizione di aver verificato in concreto la presenza del danno o viceversa rifiutare il pagamento in caso di sua riscontrata assenza o inferiore entità rispetto al denunciato.
La tesi non sembra accoglibile, laddove si consideri che il legislatore, nel prevedere l’assimilabilità delle cauzioni ex artt. 75 e 113 alle garanzie autonome, ha inteso tutelare prevalentemente l’interesse pubblico e gli interessi delle stazioni appaltanti. L’Autorità si è più volte pronunciata sul tema in fase di precontenzioso e, in presenza di bandi o lettere di invito nell’ambito di settori specialiche prevedevano la prestazione di cauzione definitiva con rinuncia alle eccezioni sulla validità ed efficacia del contratto di appalto, secondo lo schema del contratto autonomo di garanzia, affermandone la piena legittimità, (vd. Prec. Avcp n. 173 e n. 178 del 2012). Sulla questione, che ha prodotto un acceso dibattito in dottrina, è intervenuta anche la pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite (Cass. Civ., Sez. Un., 18 febbraio 2010, n.3947), nella quale si definisce il contratto autonomo di garanzia “una fattispecie atipica ai sensi dell’art. 1322 c.c. comma 2 che persegue un interesse “meritevole di tutela, identificabile nell’esigenza condivisa di assicurare l’integrale soddisfacimento dell’interesse economico del beneficiario vulnerato dall’inadempimento del debitore originario e, di conseguenza, di conferire maggiore certezza allo scorrere dei rapporti economici.”

6. Sullo svincolo della cauzione negli appalti di servizi e forniture  

Per gli appalti di lavori, la cauzione definitiva è progressivamente svincolata, in base al combinato disposto di cui agli art. 123 comma 1 del Regolamento e 113 del Codice. Essa garantisce l’esecuzione del contratto, e potrà essere escussa nei limiti del danno effettivo e delle ulteriori voci previste dall’art. 123 del Regolamento, ferma restando la possibilità di agire per il maggior danno, ove la somma accantonata non sia sufficiente.
Il suo svincolo è legato allo stato di avanzamento dei lavori nei limiti dell’80% dell’importo garantito e alla consegna al garante del certificato relativo allo stato di avanzamento lavori. E’ rimessa invece alla stazione appaltante la decisione sia dell’importo da svincolare, sia della fase temporale in cui svincolare, atteso che gli unici parametri offerti dal legislatore sono in ordine all’andamento progressivo dello svincolo e all’ammontare massimo dello stesso. Il residuo 20% permane oltre la conclusione dei lavori, fino alla cessazione di efficacia della cauzione che interviene solo alla data di emissione del certificato di collaudo o della verifica di conformità in caso di servizi o forniture, ai sensi dell’art. 324 del Regolamento. La durata della garanzia deve permanere fino a 12 mesi dalla data di ultimazione dei lavori risultante dal relativo certificato (art. 123, comma 1 Regolamento). Lo svincolo progressivo risponde al principio di proporzionalità e rappresenta un utile sistema per evitare agli appaltatori aggravi economici ingiustificati.
L’Autorità, come già specificato nella deliberazione n. 85 del 10 ottobre 2012, ritiene che tali previsioni siano direttamente applicabili anche agli appalti di servizi e forniture. In tale deliberazione si è, infatti, osservato: pur non essendo previsto espressamente un meccanismo di svincolo progressivo della cauzione definitiva equivalente a quello previsto dall’art. 113 del codice e disciplinato dall’art. 194 del d.p.r. n. 207/2010 (stato di avanzamento lavori), lo stesso può trovare applicazione anche nel settore dei servizi e delle forniture. Pertanto, ai fini dello svincolo parziale della polizza fideiussoria, può sopperire un’analoga attestazione sullo stato di esecuzione del servizio o della fornitura emessa dalla stazione appaltante su richiesta dell’operatore, da produrre all’istituto bancario o assicurativo che ha prestato la garanzia fideiussoria.
Un tale meccanismo potrebbe essere senz’altro di ausilio sia all’appaltatore sia al garante: infatti, da un lato consente al primo di essere tenuto a corrispondere un premio di importo inferiore rispetto a quello originariamente previsto in polizza, diminuito pro quota rispetto a quanto effettuato; dall’altro consente al secondo di svincolare parte delle somme garantite nella cauzione aumentando la propria liquidità.


1.  Con essa scompare l’inciso “fideiussione bancaria o polizza assicurativa” e viene sostituito con il rinvio alle modalità di costituzione della polizza contenute al comma 3 dell’art. 75. Prima della citata modifica, tale estensione soggettiva era espressamente esclusa (cfr. sul punto Deliberazione n. 42/2007 di questa Autorità). Tuttavia, la giurisprudenza all’indomani di questo ampliamento ha sovente avanzato dei dubbi circa l’immediata operatività della norma in riferimento al rilascio della cauzione definitiva da parte degli intermediari finanziari, per difetto di coordinamento della normativa. Infatti, il D.P.R. 30 marzo 2004, n.115, abrogato dal D.Lgs 163/2006 (contenente i criteri per il rilascio dell’autorizzazione alla prestazione, da parte di intermediari finanziari, di fideiussione in relazione all’affidamento dei lavori pubblici) al suo art.2 comma 1, prevedeva e disciplinava unicamente la cauzione provvisoria, ma non la definitiva. Il Regolamento attuativo del Codice (art. 127 rubricato in Requisiti dei Fideiussori) ha eliminato questi dubbi ed oggi ammette definitivamente la possibilità che la cauzione definitiva possa essere rilasciata dagli intermediari finanziari iscritti nell’elenco 107 del D.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, oltre che dalle banche e dalle imprese assicurative.
Redazione

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