Questo Governo intende intervenire sulla Giustizia Amministrativa, ritenendola nei fatti un “ostacolo” allo sviluppo economico del Paese. L’interesse legittimo non sarebbe più una risorsa per il sistema Italia, una garanzia di maggiore legalità, trasparenza e buon andamento, ma (solo) un intralcio. E pazienza se il sistema Abruzzi, l’Expo 2015 e, da ultimo, il Mose, siano lì a spiegare che l’unico vero ostacolo allo sviluppo economico (dai tempi di Tangentopoli come adesso) “deriva dalla farraginosità delle leggi, dal loro numero, dalla loro incomprensibilità, e da una diffusione di competenze che rende difficile individuare le varie responsabilità” (dalle dichiarazioni del procuratore aggiunto di Venezia, Carlo Nordio). Responsabilità dunque non dei giudici, ma dei politici “cattivi legislatori”, gli stessi che ora dichiarano di voler rimediare al “problema” della giustizia amministrativa e dei suoi “controlli”.
L’avvocato Carmelo Giurdanella, fondatore nel 2011 del quotidiano giuridico online LeggiOggi.it di Maggioli editore, ha chiesto al Presidente dell’ANMA (Associazione Nazionale Magistrati Amministrativi), Giampiero Lo Presti, ed al Presidente dell’ UNA (Unione Nazionale degli Avvocati Amministrativisti), Umberto Fantigrossi, un parere in merito al dibattito in corso, attraverso un’intervista doppia, pubblicata qui, che riportiamo di seguito, per gentile concessione dell’editore:
1) Tra le idee del governo per riformare l’amministrazione e la giustizia amministrativa, ne ritiene alcune particolarmente interessanti e utili?
Fantigrossi: In primo luogo devo dire che ho apprezzato il metodo di Renzi e del Ministro Madia. Mi pare sia la prima volta che venga svolta una consultazione aperta e telematica su temi di tale rilevanza e la rispondenza (circa 40 mila risposte) testimonia l’apprezzamento del paese, confermato peraltro dalle urne. Nel merito, l lettera ai dipendenti coglie la stretta relazione tra amministrazione e giustizia amministrativa, che è la ragione stessa, storica ma anche attuale, di mantenere una giurisdizione specializzata per gli atti amministrativi. Nello specifico ho apprezzato anche il riferimento alla tematica degli incarichi extragiudiziari dei giudici amministrativi, che va regolata in modo più stringente.
Lo Presti: L’attenzione rivolta dal Governo alla giustizia amministrativa è vissuta dai giudici dei Tar, come un’opportunità per risolvere le problematiche che affliggono il plesso, anche sul piano ordinamentale. I piani sui quali intervenire sono diversi per garantire una risposta di giustizia che sia sempre più pronta ed efficace. Una delle esigenze prioritarie, fra l’altro, sulle quali occorre intervenire, riguarda il riparto delle giurisdizioni, alla ricerca di soluzioni normative più chiare che consentano di risolvere i tanti dubbi che hanno caratterizzato in questi anni il rapporto fra le giurisdizioni.
2) Mi pare che si tenda sempre a confondere l’esigenza di semplificazione e snellimento della macchina amministrativa con quella di smantellamento del (residuo) sistema di controlli esterni alla PA, tra i quali il controllo del Giudice amministrativo. Cosa ne pensate?
Fantigrossi: Intervenire solo sul processo amministrativo ha poco senso, perché Pubblica Amministrazione e giustizia sulla stessa sono fenomeni legati. Il ricorso agli strumenti del contenzioso si deve innanzitutto prevenire, operando per rafforzare i presidi di legalità e correttezza dell’azione amministrativa, in primo luogo ripristinando un sistema efficace di controlli. Lo smantellamento dei controlli è stato un effetto collaterale della voglia di semplificazione degli scorsi anni. Per rendere la Pubblica Amministrazione sempre più simile alle aziende in termini di efficienza, occorre che lo sia anche da un punto di vista decisionale, liberandola da un eccesso di norme speciali. Va ridata centralità ed uniformità alla disciplina generale del procedimento amministrativo, rafforzando la figura del funzionario responsabile. In altri paesi, come in Germania, molti contenziosi sono evitati perché la PA riconosce le proprie mancanze prima dell’inizio del giudizio.
Lo Presti: Sono convinto che, al di là di qualche slogan, il Governo si muoverà nella direzione del rafforzamento della giustizia amministrativa che, nel nostro Paese, ha svolto e continua a svolgere il ruolo di garante della legalità nel settore delle attività pubbliche e amministrative. La giurisprudenza amministrativa ha contribuito in maniera fondamentale , nella storia d’Italia, ad indirizzare l’azione delle pubbliche amministrazione verso i canoni della legalità e del buon andamento. Mi sento di dire che oggi il Paese ha bisogno di più giustizia amministrativa, e non certo di un depotenziamento del controllo di legittimità rimessa a noi giudici amministrativi: specie nei settori più delicati, come quello degli appalti pubblici, troppo spesso all’attenzione delle cronache per gravi episodi di illegalità.
3) Si parla tanto di giurisdizione unica. Quale é il bilancio secondo voi dell’esperienza (ormai quasi decennale) di devoluzione del pubblico impiego al Giudice ordinario?
Fantigrossi: Il principio dell’unitarietà della giurisdizione è da intendersi in senso funzionale e non organico, con la divisione dei giudici in vari ordini indipendenti. Questo principio è di origine costituzionale e risponde all’esigenza della tutela giurisdizionale nei confronti della PA nel rispetto del principio di separazione dei poteri. Da ciò si evince che il confluire della Giustizia Amministrativa in quella Civile sarebbe un grave errore, che porterebbe anche a un allungamento notevole dei tempi processuali. Nella mia esperienza i lavoratori pubblici non ci hanno guadagnato, in termini di tutela effettiva, nel passaggio al giudice del lavoro, anzi per molti versi si è ampliata l’insindacabilità di certe scelte organizzative, che non vengono più valutate e messe in discussione con gli stringenti parametri dell’atto amministrativo.
Lo Presti: Le privatizzazioni non hanno mai significato la cancellazione della rilevanza pubblica degli interessi in gioco in determinati settori della vita pubblica. Il giudice amministrativo, per formazione e professionalità, è il giudice in possesso delle migliori competenze per fornire una risposta di giustizia adeguata anche laddove sia intervenuta una scelta di privatizzazione del soggetto agente o del rapporto. Specie oggi che la giurisprudenza amministrativa ha superato alcune timidezze del passato, muovendo decisa nella direzione dell’effettività della tutela giurisdizionale delle posizioni soggettive incise dall’azione di rilevanza pubblicistica. La giurisdizione unica non è garanzia di una tutela migliore o più incisiva dei diritti dei cittadini.
4) Il documento Renzi-Madia sulla riforma della PA propone, al punto 33, “l’inasprimento delle sanzioni, nelle controversie amministrative, a carico dei ricorrenti e degli avvocati per le liti temerarie“. Secondo voi è legittimo prevedere sanzioni per lite temeraria solo a carico di una delle parti del processo?
Fantigrossi: La misura principale per combattere le liti ingiustificate resta l’esercizio accorto e prudente dalla decisione sulle spese di lite, ma questo deve valere anche quando al ricorrente è riconosciuta la ragione: ora troppo spesso i giudici amministrativi compensano le spese anche in caso di accoglimento e questa abitudine va senz’altro modificata. Quanto alle sanzioni per gli avvocati che promuovono liti temerarie mi sembra una “sparata” con scarsi effetti pratici, ma che indubbiamente infastidisce perché sottende un giudizio eticamente negativo per tutta la categoria.
Lo Presti: L’art. 26, secondo comma, cod. proc. amm. già prevede la condanna della parte soccombente (cittadino ricorrente oppure P.A. resistente) al pagamento di una sanzione pecuniaria, quando abbia agito o resistito “temerariamente”. La sanzione, secondo la norma oggi vigente, è irrogata alla parte (privata o pubblica) e non al difensore. La proposta di estensione della sanzione al difensore, in solido con la parte, richiederebbe una rigorosa verifica di compatibilità costituzionale ed un coordinamento con la disciplina del processo civile. Inoltre, dovrebbe considerarsi il fatto che la proposta estensione, per esigenze di parità di trattamento, dovrebbe riguardare anche il difensore della P.A. (Avvocatura dello Stato, Avvocatura dell’ente pubblico, Avvocato del libero foro incaricato dall’ente pubblico).
5) La normativa in tema di contributo unificato sugli appalti è in atto sottoposta a molteplici attacchi giurisdizionali. Se ne contesta la legittimità costituzionale e la compatibilità con il diritto europeo. Cosa ne pensate?
Fantigrossi: Non sono particolarmente ottimista sull’esito delle azioni giudiziarie messe in campo fino ad oggi su questo problema e questo perché i parametri costituzionali e comunitari di riferimento non sono sufficientemente forti ed univoci a sostegno della tesi degli avvocati. A mio avviso vanno convinte le istituzioni (Governo e Parlamento) che l’uso dei contributi unificati come strumento di deflazione della giustizia è malsano e politicamente impresentabile (diamo giustizia solo a chi se la può permettere). Occorre invece far passare il concetto che i contributi unificati altro non sono che corrispettivi per un servizio e quindi le relative tariffe devono essere parametrate ai costi.
Lo Presti: Il contributo unificato risponde alla doppia esigenza di garantire il reperimento di risorse da investire nel rafforzamento della giustizia e di assicurare una certa deflazione del contenzioso scoraggiando l’inizio di cause con finalità meramente dilatorie o emulative: tuttavia l’inasprimento già disposto in questi ultimi anni di questa tassa , specie per quanto riguarda la giustizia amministrativa, ha di fatto impedito l’accesso alla giustizia a larghe fasce della popolazione. Vogliamo una giustizia amministrativa rapida ed efficente ma vogliamo anche che la tutela giurisdizionale possa essere garantita a tutti, dalla grande impresa fino all’ultimo cittadino, perchè tutte le istanze di giustizia nei confronti delle pubbliche amministrazioni hanno pari dignità.
6) Gli appalti non vanno in porto, per colpa dei giudici amministrativi come si legge da più parti, o (forse) per colpa del legislatore che innova la materia ormai a cadenza settimanale?
Fantigrossi: Ricordo per prima cosa che la Giustizia Amministrativa si occupa di una grande varietà ed eterogeneità di argomenti, ed i ricorsi in materia di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture sono stati nel 2013 solo il 5,8% per i TAR e il 12,3% per il Consiglio di Stato. Quindi certamente non si può sostenere che il contenzioso, che peraltro trova origine nelle patologie dell’azione amministrativa, sia la causa della crisi nel settore delle opere pubbliche. Quanto al legislatore, certamente la mancanza di un quadro di regole semplice, chiaro e stabile mette in difficoltà non solo le imprese ma anche gli stessi operatori del diritto (avvocati e magistrati). I primi sono messi in difficoltà nel rendere pareri che potrebbero meglio orientare le amministrazioni e le imprese nel corso del procedimento. I secondi i trovano a dover ricostruire sulla base dei principi istituti mal congegnati, con una conseguente mutevolezza ed imprevedibilità delle stesse sentenze. Un bel vantaggio sarebbe una pausa di riflessione del legislatore (dubito che ci sarà) ed anche, almeno per alcune materie, un ripensamento del sistema delle fonti (serve davvero la legislazione regionale?).
Lo Presti: La specialità del Tar consente di giudicare la controversie sugli appalti con un’efficacia che ha pochi eguali nel resto dell’ordinamento. La massima parte delle controversie sugli appalti è definita in primo grado nell’arco di quattro-sei mesi dalla proposizione dell’azione. Tale arco di tempo è strettamente funzionale al rispetto dei principi, imprescindibili, della completezza istruttoria e del contraddittorio (ricorsi incidentale e motivi aggiunti). Pertanto mi sembra difficile immaginare una ulteriore significativa compressione delle scansioni processuali vigenti. L’accelerazione va perseguita in sede amministrativa e , prima ancora, attraverso un’opera di semplificazione della normativa vigente in materia. Le cause della difficoltà di concludere una procedura di evidenza pubblica in tempi rapidi vanno principalmente ricondotte alla farraginosità delle regole sostanziale ad esse applicabili.
Intervista pubblicata su LeggiOggi.it di Maggioli editore, il 3 giugno 2014