“POS: un onere, piuttosto che un obbligo giuridico, cui non risulta associata alcuna sanzione“. Ne dà atto il Governo, tramite il sottosegretario al Ministero dell’Economia, Enrico Zanetti, in risposta all’interrogazione presentata dal deputato Marco Causi.
Riportiamo di seguito il testo dell’interrogazione, che ripercorre le questioni sollevate di recente sulle conseguenze dell’entrata in vigore, dal 30 giugno, dell’obbligo per professionisti e artigiani di dotarsi di POS per ricevere i pagamenti sopra i 30 euro e la risposta scritta del Ministero dell’Economia.
A) Interrogazione Causi
“Al Ministro dell’economia e delle finanze
Per sapere
Premesso che:
l’articolo 15, comma 4, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, come da ultimo modificato dall’articolo 9, comma 15-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, prevede che a decorrere dal 30 giugno 2014, i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito;
in attuazione della citata disposizione che ha funzione antiriciclaggio e di tracciabilità dei pagamenti il decreto ministeriale del 24 gennaio 2014, emanato dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, ha disciplinato le definizioni e l’ambito di applicazione dei pagamenti mediante carte di debito, in particolare prevedendo l’obbligo di accettare pagamenti effettuati attraverso «strumenti di pagamento che consentono al titolare di effettuare transazioni presso un esercente abilitato all’accettazione della medesima carta, emessa da un istituto di credito, previo deposito di fondi in via anticipata da parte dell’utilizzatore, che non finanzia l’acquisto ma consente l’addebito in tempo reale», a tutti i pagamenti di importo superiore a trenta euro disposti a favore dei soggetti esercenti l’attività di impresa o professionisti, per l’acquisto di prodotti o la prestazione di servizi;
in sede di prima applicazione della disposizione ministeriale, ovvero dal 28 marzo 2014, e fino al 30 giugno 2014, il citato obbligo si applica limitatamente ai pagamenti effettuati a favore dei soggetti il cui fatturato dell’anno precedente a quello nel corso del quale è effettuato il pagamento sia superiore a duecentomila euro;
con successivo decreto, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del citato decreto ministeriale possono essere individuate nuove soglie e nuovi limiti minimi di fatturato rispetto a quelli già individuati;
secondo l’ordine degli architetti tale norma è insensatamente vessatoria e costosa e il suo scopo primario, cioè quello di contrastare elusione ed evasione, può essere raggiunto attraverso pagamenti tracciati (bonifico o assegni) senza obbligare i professionisti ad attivare i costosi Pos;
il Tar del Lazio, sezione III, con ordinanza n.01932/2014 depositata il 30 aprile 2014, ha rigettato l’istanza presentata dal Consiglio nazionale degli architetti diretta all’annullamento del decreto ministeriale del 24 gennaio, ritenendo inesistente il «fumus boni juris» atteso che il decreto impugnato sembra rispettare i limiti contenutistici ed i criteri direttivi fissati dalla richiamata fonte legislativa;
con la circolare interpretativa del 20 maggio 2014, il Presidente del Consiglio nazionale forense, in merito all’obbligo di dotarsi di POS (point of sale) stabilito per legge, ritiene che la disposizione in parola introduca un onere, piuttosto che un obbligo giuridico, ed il suo campo di applicazione sia necessariamente limitato ai casi nei quali saranno i clienti a richiedere al professionista di potersi liberare dall’obbligazione pecuniaria a proprio carico per il tramite di carta di debito; in ogni caso, qualora il cliente dovesse effettivamente richiedere di effettuare il pagamento tramite carta di debito, e il professionista ne fosse sprovvisto, si determinerebbe semplicemente la fattispecie della mora del creditore, che non libera il debitore dall’obbligazione;
in altre parole, salvi i limiti vigenti nell’ordinamento (perché previsti da altre fonti; si pensi ad esempio al divieto di pagamento in contanti oltre la soglia di mille euro, previsto dalla normativa antiriciclaggio), la volontà della parti del contratto d’opera professionale (cliente e professionista) resta ancora il riferimento principale per la individuazione delle forme di pagamento; nessuna sanzione è prevista in caso di rifiuto di accettare il pagamento tramite carta di debito –:
come intenda intervenire per quanto di propria competenza al fine di chiarire gli effetti dell’applicazione della norma recante l’obbligo per gli esercenti attività di impresa e professioni di accettare anche i pagamenti effettuati attraverso carte di debito in tal modo evitando l’insorgere del possibile contenzioso che i singoli contribuenti, i professionisti, gli ordini professionali e le associazioni di categoria intendono scongiurare. (5-02936)
B) Questa la risposta scritta del MEF, attraverso il sottosegretario, dell’11 giugno scorso:
“Con l’interrogazione a risposta orale in Commissione n. 5-02936 l’Onorevole Causi chiede come si intenda intervenire, al fine di chiarire gli effetti dell’applicazione della norma recante l’obbligo per gli esercenti attività d’impresa e professioni di accettare anche i pagamenti effettuati attraverso carte di debito.
Al riguardo, sentito il Ministero dello sviluppo economico, si fa presente che il comma 4, dell’articolo 15, del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito con modificazioni nella legge n. 221 del 2012, ha stabilito che a decorrere dal 1o gennaio 2014, i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito.
Il successivo comma 5 ha stabilito che, con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, vengono disciplinati gli eventuali importi minimi, le modalità e i termini, anche in relazione ai soggetti interessati, per l’attuazione della disposizione di cui al comma 4. Con i medesimi decreti può essere disposta l’estensione degli obblighi a ulteriori strumenti di pagamento elettronici anche con tecnologie mobili.
Ai sensi del citato comma 5 è stato adottato il decreto 24 gennaio 2014 del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, recante «Definizioni e ambito di applicazione dei pagamenti mediante carte di debito», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 27 gennaio 2014.
Detto decreto interministeriale, la cui efficacia avrebbe dovuto decorrere trascorsi sessanta giorni dalla pubblicazione, ha previsto l’accettazione obbligatoria delle carte di debito degli utenti nel caso di pagamenti di importo superiore ai trenta euro, sia per l’acquisto di prodotti che per la fornitura di servizi, anche professionali.
Tenuto conto del rilevante numero di soggetti destinatari delle disposizioni ed allo scopo di individuare criteri di gradualità e di sostenibilità per l’entrata a regime del precetto normativo, il predetto decreto aveva stabilito che fino al 30 giugno 2014 l’obbligo di accettazione sarebbe valso solo per le attività commerciali o professionali aventi un fatturato superiore a 200 mila euro.
Lo stesso provvedimento ha anche previsto che, entro novanta giorni dalla sua entrata in vigore, con successivo decreto possono essere individuate nuove soglie e nuovi limiti minimi di fatturato, nonché può essere disposta l’estensione degli obblighi ad ulteriori strumenti di pagamento anche con tecnologie mobili.
In tale contesto normativo, è intervenuto l’articolo 9, comma 15-bis, del decreto-legge n. 150 del 2013, convertito con modificazioni nella legge n. 15 del 2014, con il quale è stato prorogato al 30 giugno 2014 il termine di entrata in vigore dell’obbligo di accettazione dei pagamenti mediante carte di debito.
Allo stato, pertanto, l’efficacia delle disposizioni introdotte con il citato decreto ministeriale del 24 gennaio 2014, per effetto della suddetta proroga, è stata vanificata per quanto riguarda le disposizioni transitorie ed è stata sospesa per quelle a regime fino al 30 giugno 2014, data in cui, in mancanza degli eventuali decreti – di cui al comma 1, dell’articolo 3 del citato decreto ministeriale 24 gennaio 2014 – che potrebbero ridefinire modalità e termini di attuazione della norma primaria, introducendo anche ulteriori meccanismi di gradualità e le relative decorrenze, ovvero in mancanza di ulteriori proroghe, entrerà in vigore l’obbligo di accettazione dei pagamenti mediante carte di debito per tutti i pagamenti superiori ai trenta euro.
Sulla questione, la Banca d’Italia, tramite la Segreteria del Comitato Interministeriale per il credito ed il risparmio, ha comunicato che il nostro Paese si caratterizza nel contesto europeo per un’elevata propensione all’utilizzo del contante. In Italia, nel 2013, sono state regolate 74 operazioni pro-capite con strumenti alternativi al contante contro le 194 dei Paesi dell’area dell’euro (ultimo dato disponibile al 2012).
Nel confronto internazionale e tra le regioni italiane emerge che tra le principali determinanti del basso utilizzo di strumenti di pagamento elettronici figurano le differenze nel reddito pro capite e nel grado di sviluppo e di diffusione dei punti di accettazione delle carte di pagamento presso le imprese e i liberi professionisti.
Un impulso alla diffusione di strumenti elettronici è in grado di produrre effetti benefici per i consumatori, le imprese, le Amministrazioni pubbliche e l’economia nel suo complesso. Infatti, il sommerso e l’economia criminale sono fortemente correlati con l’uso del contante e incidono per oltre il 27 per cento del PIL.
La carta di debito assicura il buon fine dell’operazione di pagamento e richiede minori attività procedurali e di riconciliazione contabile rispetto agli altri strumenti elettronici (esempio bonifico).
Nell’uso del contante, degli assegni e degli altri strumenti cartacei prevalgono, infatti, i costi variabili, connessi con le esigenze di movimentazione e di sicurezza. Per le carte di debito è invece prevalente la quota dei costi fissi di emissione degli strumenti e di gestione delle infrastrutture. Ne deriva che al crescere delle operazioni con carte di debito si riducono più che proporzionalmente i costi unitari. Sulla base della diversa struttura dei costi, si possono calcolare anche le soglie di importo di convenienza per i diversi strumenti di pagamento: per le operazioni superiori a 20-30 euro, la carta di debito si conferma essere lo strumento più conveniente sia rispetto al contante sia rispetto agli altri strumenti di pagamento.
La Banca d’Italia ha precisato, infine, che il citato decreto del MISE si inserisce nell’ambito dei provvedimenti governativi volti a sostenere una maggiore diffusione dei terminali di accettazione di strumenti elettronici, anche con tecnologie innovative, e ad accrescere la trasparenza e la riduzione delle commissioni di accettazione di carte di pagamento (cosiddetto decreto «Merchant fee», decreto Ministero economia e finanze 14 febbraio 2014 n. 51), al fine di favorire l’efficienza degli strumenti di pagamento.
Nel ribadire la necessità di promuovere la diffusione e l’uso dei pagamenti con carte di debito e credito su vasta scala, anche in considerazione della scarsa incidenza dei pagamenti elettronici in Italia, rispetto alla media degli altri Paesi europei, nonché l’eccessivo costo dell’uso del contante per il sistema economico e per i singoli imprenditori, si ritiene opportuno che – al fine di massimizzare i vantaggi connessi all’implementazione della tecnologia nei sistemi di pagamento e, nel contempo, minimizzare l’incidenza degli oneri a carico delle imprese, commercianti e professionisti – vengano attivati una serie di tavoli di confronto con le banche e con gli altri operatori di mercato per ridurre i costi legati alla disponibilità e all’utilizzo dei POS, e sfruttare a vantaggio del sistema i margini di efficienza esistenti, ottenendo così una significativa compressione dei costi ed una soluzione che consenta di superare le difficoltà insite nel cambiamento prospettato.
Con specifico riferimento all’istanza presentata dal Consiglio nazionale degli architetti per ottenere l’annullamento del citato decreto ministeriale del 24 gennaio 2014, di cui è cenno nell’interrogazione, si fa presente che il TAR Lazio ha respinto l’istanza cautelare ritenendo inesistente il fumus boni iuris atteso che il «Decreto impugnato sembra rispettare i limiti contenutistici ed i criteri direttivi fissati dalla richiamata fonte legislativa».
Per quanto riguarda la circolare interpretativa del Consiglio nazionale forense, ugualmente citata nell’interrogazione, essa interpreterebbe la normativa nel senso di introdurre un onere, piuttosto che un obbligo giuridico, il cui campo di applicazione sarebbe limitato ai casi nei quali sarebbero i clienti a richiedere al professionista la forma di pagamento tramite carta di debito.
In tal senso, sembra in effetti deporre il fatto che non risulta associata alcuna sanzione a carico dei professionisti che non dovessero predisporre della necessaria strumentazione a garanzia dei pagamenti effettuabili con moneta elettronica.