Incarichi PA: la Cassazione sui criteri di accesso

Incarichi PA: la Cassazione, con sentenza n. 19223 dell’ 11 settembre 2014,  si è espressa in materia.

Ha chiarito che la pubblica amministrazione quando deve conferire incarichi di posizioni organizzative può legittimamente inserire dei criteri di accesso, purché essi siano conformi alla contrattazione collettiva. Ciò perchè il bando di selezione per il conferimento delle posizioni organizzative viene qualificato non come atto amministrativo, ma come atto assunto con le capacità ed i poteri del privato datore di lavoro (ex art. 5, comma 2 del Dlgs 165/01).

Il caso di specie riguardava un dipendente comunale marchigiano, caposervizio addetto alla manutenzione stradale, che aveva chiesto al Tribunale di Macerata il riconoscimento del diritto alla collocazione dell’Area posizioni organizzative (APO) del Comune ai  sensi del CCNL 1998/2001 contestando i criteri selettivi di cui alla delibera di giunta municipale che avevano portato all’attribuzione di tre incarichi in APO a tre soggetti che avevano la posizione D3. L’amministrazione aveva richiesto come requisiti, il possesso del diploma di laurea e l’inquadramento nella categoria D3, due requisiti non posseduti dal dipendente che contestava che la previsione di tali criteri lo escludesse illegittimamente dall’attribuzione della posizione organizzativa.

Sia i giudici di primo grado che quelli di secondo grado hanno rigettato ricorso del dipendente ritenendo la delibera di giunta legittima valutando che  l’Amministrazione, operando con i poteri del datore di lavoro privato, non aveva operato alcuna discriminazione ai danni del ricorrente e aveva, anzi, seguito quanto indicato della contrattazione collettiva applicabile.

Tale valutazione ad avviso della Cassazione  appare congrua e logicamente corretta e conforme alle norme applicabili.

Inoltre ad avviso della Corte  la questione dell’eventuale carattere discriminatorio del bando di selezione è stata attentamente e correttamente esaminata dalla Corte di Appello che ha accertato che lo stesso rispondeva ai criteri indicati nel CCNL applicabile.

Cosi statuendo, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del dipendente.

Per ulteriori approfondimenti si allega il testo della sentenza 

 

Redazione

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