(…) Come si è concluso nel capitolo II, la sola pubblicità degli atti e delle informazioni in materia di appalti pubblici non appare, di per se sola, uno strumento adeguato a combattere i fenomeni corruttivi, ritenendosi preferibile che vi sia anche un soggetto amministrativo, dotato di indipendenza e di poteri e compiti specifici, che possa svolgere tali funzioni in maniera più efficace.
Le nuove norme introdotte dal legislatore intendono contrastare e prevenire la corruzione, prima di tutto sotto un profilo organizzativo, in consonanza con la considerazione appena effettuata. La soluzione adottata è quella della soppressione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP), da ultimo disciplinata dall’art. 6 del codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163) e l’attribuzione delle relative funzioni all’Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza (ANAC), di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150[1].
Come detto, la nuova ANAC, pur mantenendo il medesimo acronimo, viene più sinteticamente ridenominata Autorità nazionale anticorruzione.
In tal modo si accorpano presso un soggetto unico le strategiche e fondamentali funzioni dei due soggetti sopraindicati.
L’AVCP era a sua volta derivata dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici istituita con l’articolo 4 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, la legge quadro in materia di lavori pubblici. L’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici già deteneva alcuni compiti di sicuro interesse, che comprendevano, ad esempio, la vigilanza sull’economicità dei lavori pubblici, nonché quelli sull’osservanza della disciplina legislativa e regolamentare con anche poteri di indagine sulla regolarità delle procedure di affidamento dei lavori pubblici. Alla stessa Autorità di vigilanza era anche attribuito il compito di accertare che dall’esecuzione dei lavori non derivasse un danno all’erario pubblico. Tra gli altri poteri vi erano anche quelli sanzionatori, legati alla potestà di richiedere documenti, informazioni e chiarimenti relativamente alle procedure di affidamento dei lavori pubblici nonché agli obblighi di comunicazione.
Le finalità ed i compiti di verificare la regolarità degli appalti, quantomeno per quelli relativi ai lavori pubblici, era, dunque, già presente con la legge quadro sui lavori pubblici, difettandosi, al massimo, gli strumenti per effettuare un controllo efficace e un apparato sanzionatorio adeguato.(…)
[1] Con l’art. 5, comma 3 del D.L 31 agosto 2013, n. 101, come modificato in sede di conversione dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, “la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche assume la denominazione di Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche (A.N.AC.)”. Il continuo mutamento di funzioni e di denominazione degli enti deputati allo svolgimento delle funzioni in esame evidenzia la caoticità e la emergenzialità della disciplina in materia.
Estratto dell’ebook “Appalti e trasparenza nella normativa anticorruzione” di Pani, Sanna, Braglia, ottobre 2014, edizione Cesda