Alla luce della recente udienza dinanzi ai giudici europei sul contributo unificato appalti, è utile porre l’attenzione su un interessante rimedio giurisdizionale: il ricorso diretto in Corte di giustizia dell’Unione europea. Esso è un procedimento inquadrabile nella giurisdizione contenziosa, che si caratterizza per l’azione diretta dei soggetti interessati davanti alla CGUE (o al Tribunale di primo grado, o al Tribunale della funzione pubblica) e, dunque, si differenzia dal rinvio pregiudiziale, che è un procedimento di giurisdizione non contenziosa legato ad un processo instauratosi dinanzi al giudice nazionale, il quale decida, poi, di portare all’esame dei giudici europei questioni ad esso collegate, inerenti la compatibilità delle norme nazionali con il diritto dell’Unione.
Sostanzialmente, escludendo gli Stati Membri e le Istituzioni, i privati e le imprese possono presentare quattro tipi di ricorso diretto in Corte di Giustizia – General Court:
- Ricorsi in annullamento di atti delle istituzioni dell’Unione, presentati qualora si ritenga che il diritto dell’UE violi i trattati o i diritti fondamentali dell’UE. Tali ricorsi possono essere proposti da privati ed imprese per annullare un atto giuridico che li riguardi direttamente ed individualmente e arrechi loro pregiudizio. Se il ricorso è fondato, ossia l’atto è stato effettivamente adottato in violazione delle forme sostanziali o dei trattati, la Corte lo dichiara nullo e non avvenuto.
- Ricorsi per responsabilità civile delle istituzioni dell’Unione. Tale ricorso permette ai privati o agli Stati membri che hanno subito un danno di ottenere un risarcimento da parte dell’istituzione che ne è all’origine. Il ricorso per responsabilità permette di ottenere un indennizzo per un danno di cui è responsabile l’Unione europea. Esistono, infatti, due tipi di ricorso per responsabilità:
il ricorso che chiama in causa la responsabilità contrattuale dell’Unione, quando essa è parte di un contratto; la CGUE non è, però, sempre competente per giudicare le controversie derivanti da tali contratti. Infatti, il ricorso per responsabilità può essere intentato presso la CGUE solamente se previsto da una clausola compromissoria. Ciò significa che il contratto di cui è parte l’Unione deve comportare, obbligatoriamente, una clausola che preveda la competenza della CGUE in caso di controversia. In caso contrario, la competenza per statuire sulla controversia derivante dal contratto ricadrà sui giudici nazionali;
il ricorso che chiama in causa la responsabilità extracontrattuale dell’Unione a causa di un danno cagionato dai suoi organi o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni. La Corte di giustizia riconosce la responsabilità dell’Unione se si verificano tre condizioni:
a) il ricorrente ha subito un danno;
b) le istituzioni europee o i loro agenti hanno tenuto un comportamento illegale rispetto al diritto europeo;
c) esiste una relazione di causalità diretta tra il danno subito dal ricorrente e il comportamento illegale delle istituzioni europee o dei loro agenti. - Ricorsi in materia di lavoro per funzionari delle istituzioni europee; essi sono di competenza esclusiva del Tribunale della funzione pubblica, che, in pratica, funge da tribunale europeo del lavoro.
- Ricorsi in materia di marchio o modello comunitario.
Da quanto finora detto, emerge come sia data ampia possibilità alle imprese di agire a tutela dei propri diritti ed interessi quando essi siano lesi da norme comunitarie o dall’azione di istituzioni o agenti europei.
Ma non è tutto: ciò che di tale possibilità va assolutamente evidenziato è il costo, infinitamente più basso di quello previsto per la tutela dinanzi al giudice nazionale. Infatti, un’impresa italiana che, in materia di appalti pubblici, voglia far valere i propri diritti, rispetto all’amministrazione, dinanzi ad un giudice, si troverà a dover affrontare costi elevatissimi se l’amministrazione ed il giudice in questione siano nazionali, e costi nulli – o quasi – nel caso in cui, ricorrendone i presupposti, proponga un ricorso diretto dinanzi ai giudici europei.
Torna, dunque, a prospettarsi come assolutamente irragionevole la previsione di un elevatissimo contributo unificato, dovuto dalle imprese quando adiscano il giudice amministrativo nazionale in materia di appalti, stante il fatto che nessun simile onere è previsto, per ricorsi diretti sulla stessa materia, dinanzi alla Corte di giustizia europea.
Il ricorso diretto in Corte di Giustizia, pertanto, configura una nuova prospettiva di tutela per le imprese italiane, garantendo un mezzo di tutela giurisdizionale di certo non alternativo a quello nazionale, ma sicuramente importante – e più economico – in tutti quei settori in cui l’Unione possa incidere direttamente sui loro diritti ed interessi (appalti, finanziamenti, concorrenza in primis).
Si auspica, quindi, che ad esso venga riconosciuta la giusta importanza, in un sistema che, invece, tenta sempre più spesso di limitare il diritto alla difesa, frapponendo al suo esercizio, purtroppo, spesso insormontabili ostacoli di natura economica.