Voto numerico: sollevata questione pregiudiziale dinanzi al CdS

Nell’ambito di un giudizio di appello dinanzi al Consiglio di Stato, lo studio legale Giurdanella&Partners ha sollevato una questione pregiudiziale relativa alla compatibilità della motivazione del giudizio negativo, negli esami di abilitazione forense, con solo voto numerico, rispetto al diritto dell’Unione europea.

Ci si chiede, in particolare, se tale motivazione si ponga in contrasto con l’art. 41, par. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, meglio conosciuta come Carta di Nizza, la quale, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ha assunto lo stesso valore giuridico dei Trattati. La norma, rubricata “Diritto ad una buona amministrazione”, al paragrafo 2 prevede, infatti, “l’obbligo per le amministrazioni di motivare le proprie decisioni”.

In passato, la questione è già stata oggetto di una serie di pronunce, che si sono espresse nel senso che l’art. 3 della L. 241/1990, che sancisce l’obbligo, per le amministrazioni, di motivare i loro provvedimenti, vada interpretato in senso favorevole alla motivazione con solo voto numerico. La stessa Corte Costituzionale, investita della questione, con sentenza n. 175 del 2011, affermava che “buon andamento, economicità ed efficacia dell’azione amministrativa rendono non esigibile una dettagliata esposizione, da parte delle commissioni esaminatrici, delle ragioni sottese ad un giudizio di non idoneità, sia per i tempi entro i quali le operazioni concorsuali o abilitative devono essere portate a compimento, sia per il numero dei partecipanti alle prove”.

Appare chiaro che una tale interpretazione della norma lascerebbe residuare, in capo agli esaminatori, un’eccessiva discrezionalità, inficiando altresì in maniera notevole il diritto dei candidati alla trasparenza delle procedure d’esame.

Si attendono, pertanto, gli sviluppi del processo, atteso che, ai sensi dell’art. 267 TFUE, par. 3, quando una questione pregiudiziale “è sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale organo giurisdizionale è tenuto a rivolgersi alla Corte“.

Redazione

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