Su chi grava il malfunzionamento della piattaforma tecnologica predisposta dall’ente locale per presentare la domanda di partecipazione ad un bando di concorso territoriale?
Il Tar Trento, con sentenza del 15 aprile 2015 n° 149, si è espresso in merito a tale quesito.
La questione su cui i giudici trentini si sono pronunciati verteva sulla legittimità di un provvedimento implicito, pronunciato on-line, con cui è stata negata al ricorrente l’ammissione ad un concorso per l’assegnazione di una farmacia nella provincia di Trento, cui faceva seguito la presentazione di un’istanza alla provincia.
In realtà, la piattaforma non permise al ricorrente di trasmettere la domanda alla provincia, in quanto lo stesso risultava avere già presentato due domande ai concorsi banditi da due regioni, che tuttavia erano state dichiarate inammissibili in virtù del fatto che lo stesso aveva omesso di indicare un indirizzo di posta elettronica.
Giova precisare che il limite di due domande è stato posto con il d.l. 1/2012, avente per oggetto la fissazione dei criteri per l’apertura delle farmacie, nonché l’obbligo per le regioni e la province autonome di Trento e Bolzano di bandire concorsi straordinari per l’apertura delle nuove sedi rese disponibili, e che invece con il d.l. 95/2012 si è sancita la realizzazione di una piattaforma tecnologica ed applicativa unica per lo svolgimento delle predette procedure.
Ebbene il Tar, nel ritenere fondato il ricorso proposto dal ricorrente, in quanto la presentazione della domanda, poi dichiarata inammissibile, non può essere equiparata ad una partecipazione effettiva, si è pronunciato in relazione alla responsabilità della pubblica amministrazione.
Secondo i giudici trentini il procedimento informatico non va considerato alla stregua di un’ amministrazione parallela, che opera in un regime di indipendenza da mezzi e uomini, con la conseguenze che l’insorgere di eventuali errori o criticità in seno allo stesso, ma più in generale tutte le risposte del sistema informatico sono invece oggettivamente imputabili all’Amministrazione, come plesso, e dunque alle persone che ne hanno la responsabilità.
Pertanto “se lo strumento informatico determina situazioni anomale, vi è anzitutto una responsabilità di chi ne ha predisposto il funzionamento senza considerare tali conseguenze; ma v’è altresì la responsabilità, almeno omissiva, del dipendente che, tempestivamente informato, non si è adoperato per svolgere, secondo i principi di legalità e imparzialità, tutte quelle attività che, in concreto, possano soddisfare le legittime pretese dell’istante, nel rispetto, comunque recessivo, delle procedure informatiche”.