Il Tar Lazio con sentenza n. 6186/2015, ha accolto il ricorso di una cittadina annullando il decreto del Prefetto con cui era stata rigettata l’istanza della ricorrente tesa a poter cambiare il proprio cognome in quello del defunto coniuge.
Ad avviso dei giudici amministrativi il provvedimento del Prefetto con cui è stata respinta l’istanza con la motivazione che “il nome e il cognome è un segno distintivo dell’individuo e la modifica degli stessi è ammissibile solo ed esclusivamente in presenza di situazioni oggettivamente rilevanti, rivestendo carattere del tutto eccezionale”, si pone in contrasto con l’ art. 89 del d.P.R. n. 396/2000 ed è affetto da illogicità, irragionevolezza e difetto di motivazione, oltre che da violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990.
I giudici rilevano che ai sensi dell’art. 89 del d.P.R. n. 396 del 2000, “il cambio di cognome ha carattere tutt’altro che eccezionale, potendo essere richiesto non solo “perché ridicolo o vergognoso o perché rivela l’origine naturale”, ipotesi indicata a titolo esemplificativo, ma anche per qualunque altra ragione, purché sia specificata nella relativa istanza, la quale deve essere vagliata dalla Prefettura”.
Pertanto, considerando che le motivazioni della ricorrente non si configurano futili, né avulsi da esigenze concrete e peraltro poggiano anche sul rilievo del carattere ridicolo del cognome della stessa, ipotesi espressamente prevista ex lege, il giudici hanno accolto il ricorso annullando il provvedimento del Prefetto.
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