Esame Avvocato 2015: possibile soluzione 1° traccia del parere penale

Ecco una possibile e veloce soluzione alla 1° traccia (Qui il testo) proposta dalla nostra redazione. Per i riferimenti normativi clicca qui.

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La questione sottoposta alla nostra attenzione riguarda l’accertamento della posizione di responsabilità di Tizio, conducente di un autoveicolo che ha provocato, a causa dell’eccessiva velocità, un incidente stradale nel quale Caio, suo passeggero, ha riportato delle lesioni. A seguito di queste è stato ricoverato in ospedale, ha subito un intervento chirurgico e delle trasfusioni , non privi di errori medici, a seguito dei quali è deceduto.

Non è possibile prescindere dall’analisi delle posizioni di responsabilità dei medici Mevio e Sempronio ai fini di definire la posizione di Tizio.

Le posizioni di Sempronio e Mevio possono essere ricostruite secondo due diverse impostazioni: da un lato, possono essere considerati membri di un’equipe medica, e dunque il loro rapporto può essere ricostruito secondo lo schema capo equipe – sottoposto; dall’altro, le loro posizioni possono essere considerate del tutto autonome, dal momento che non è ancora stato accertato il tipo di rapporto che intercorre tra i due sanitari.

Se si analizza la questione secondo la prima impostazione, risulta necessario specificare in cosa consista il lavoro d’equipe e cosa comporti, in termini di responsabilità penale, tale rapporto.

In relazione a ciò, la sentenza Cass. Pen. 33329/2015 ha affermato che il lavoro in equipe è caratterizzato dalla cooperazione di diversi soggetti, coordinati dal capo-equipe, che non può disinteressarsi del lavoro degli altri terapeuti, seppure competenti in altra materia. Il capo-equipe è titolare di una posizione di garanzia verso il paziente, che gli impone di dirigere e coordinare l’attività degli altri medici, eventualmente ponendo rimedio ad errori altrui evidenti o rientranti nella sua sfera di competenza. Tale posizione di garanzia si estende, quindi, ad un a sfera di conoscenza che non sia settoriale, bensì rientri nel comune sapere scientifico del professionista medico, o in una sfera di conoscenze interdisciplinari; di conseguenza, laddove l’errore del terapeuta componente l’equipe sia banale o di competenza, anche, del capo, quest’ultimo ha il dovere di vigilare e dirigere l’azione, avvalendosi della sua autorità.

Ciò premesso, nel caso considerato, nonostante l’azione del sottoposto Mevio sia direttamente causativa della morte di Caio, si deve ritenere che la responsabilità per la morte di Caio ricada anche su Sempronio, quale capo dell’equipe e responsabile di vigilare sull’azione di Mevio, che non è espressione di una competenza settoriale, bensì rientra nel sapere comune di ogni accorto terapeuta . Sia nei confronti di Sempronio che di Mevio è ipotizzabile, quindi, un’imputazione per omicidio colposo ex art. 589 c.p, per avere cagionato la morte di una persona con colpa, e quindi, secondo la definizione dell’art 43 c.p. “a causa di negligenza o imprudenza o imperizia”.

La posizione di Sempronio potrebbe configurarsi diversamente dalla soluzione sopra proposta se fosse accertato che i due medici non sono in rapporto di equipe, cosi come descritto dalla sent. 33329/2015.

Infatti secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza della Cassazione n. 7346/2014, la condotta dei due medici Sempronio e Mevio potrebbe configurarsi come intervento sanitario concorrente non omologabile, per il quale la Suprema Corte prevede che non si possa trattare di una responsabilità di gruppo dei sanitari, e che anzi le loro condotte devono essere analizzate separatamente e il nesso causale deve essere accertato in capo a ciascuna delle condotte dei due medici, non potendosi configurare una responsabilità di équipe in via aprioristica solo perché i medici lavorano insieme.

Accogliendo questa soluzione, la posizione di Sempronio, in seguito all’accertamento del nesso di causalità tra condotta ed evento e dell’elemento della colpa ex art. 43 c.p. si configura come reato di lesioni personali colpose gravissime ex art. 582, 583 e 590 c.p., per il fatto di avere, nell’espletamento della propria attività professionale, disatteso i principi di prudenza, diligenza e perizia, che hanno causato all’offeso le lesioni gravissime.

La intervenuta condotta di Mevio, negligente ed imperita ha invece causato la morte di Caio: la sua azione infatti, è da sola idonea a cagionare l’evento morte, ed è interruttiva del nesso di causalità tra la condotta di Sempronio e l’evento secondo quanto previsto dal secondo comma dell’art. 41 c.p.. Mevio è responsabile della morte del paziente a causa di una trasfusione di sangue del gruppo diverso da quello dell’offeso; si configura, pertanto a suo carico il reato di omicidio colposo, ai sensi dell’art. 589 c.p. Inoltre il giudice in sede di commisurazione della pena potrebbe avvalersi del disposto dell’art. 133 c.p. laddove prevede che il giudice, nell’esercizio discrezionale del potere di applicazione della pena deve tenere conto della gravità del reato desunta dal grado della colpa cosi come previsto dal comma 1 n. 3.

Passando a considerare la posizione del nostro assistito Tizio, occorre considerare il disposto dell’art. 41 comma 2 c.p., che prevede l’interruzione del nesso di causalità laddove le cause sopravvenute siano state da sole sufficienti a determinare l’evento. Nel caso di specie, la condotta di Tizio non può essere causa dell’evento morte: da un lato le lesioni provocate dall’incidente non sono tali da lasciare presagire la successiva morte dell’offeso, dall’altro la condotta di Tizio, conformemente all’orientamento della Suprema Corte,sent. n. 33329/2015, si configura non come fattore causale ma come semplice occasione dell’evento letale, dal momento che sono successivamente intervenuti eventi interruttivi del nesso di causalità, da soli sufficienti a provocare la morte di Caio. La condotta di Tizio integra invece la fattispecie di lesioni personali colpose (art. 582 c.p.), quali la frattura del bacino e del femore, aggravate dall’aver posto in essere una condotta colposa in violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale( art. 590 terzo comma c.p.).

Redazione

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