Il CGA Sicilia, con l’ordinanza n. 52 del 17 febbraio 2016, in considerazione delle diverse questioni che, sotto il profilo teorico, si agitano in dottrina e giurisprudenza in materia di avvalimento, nonché per l’importanza che l’istituto ha assunto nelle procedure di evidenza pubblica, ha deciso di rimettere all’adunanza plenaria le seguenti questioni:
1) se l’articolo 88 d.P.R. 207/2010 – nel richiedere che il contratto deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente, l’oggetto indicando le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico – riguarda unicamente la determinazione dell’oggetto del contratto (così legittimando anche interpretazioni di tipo estensivo) oppure, oltre all’oggetto, anche il c.d. requisito della forma-contenuto;
2) se nell’ipotesi di categorie che richiedono particolari requisiti – come nel caso di specie risulta per la categoria OS18A – tali particolari requisiti debbano essere indicati in modo esplicito nel contratto di avvalimento oppure possano essere desunti dall’interpretazione complessiva del contratto;
3) se l’istituto del soccorso istruttorio, come disciplinato dopo le novità introdotte dal d.l. 90/2014, possa essere utilizzato anche con riferimento ad incompletezze del contratto di avvalimento che, sotto un profilo civilistico, portano ad affermare la nullità del negozio per mancanza di determinatezza del suo oggetto.
Si riporta di seguito il testo dell’ordinanza.
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N. 00052/2016 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 497 del 2015, proposto da Sicurbau S.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv. Roberto Prozzo e Lucia Di Salvo, con domicilio eletto presso Lucia Di Salvo in Palermo, Via Notarbartolo 5;
contro
Consorzio per le autostrade siciliane, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Riccardo Rotigliano, con domicilio eletto presso Riccardo Rotigliano in Palermo, Via Filippo Cordova, 95;
nei confronti di
Toto S.p.A. Costruzioni Generali, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv. Nunzio Pinelli, Giuseppe Immordino e Giovanni Immordino, con domicilio eletto presso Giovanni Immordino in Palermo, Via Libertà 171;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. Sicilia – sez. staccata di Catania, sezione I n. 905/2015, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consorzio per le autostrade siciliane e di Toto S.p.A. Costruzioni Generali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 novembre 2015 il Cons. Vincenzo Neri e uditi per le parti gli Avvocati L. Di Salvo, per sé stessa e su delega di R. Prozzo, R. Rotigliano, Giovanni Immordino, Giuseppe Immordino e N. Pinelli;
1. Con ricorso innanzi al TAR Sicilia, sez. di Catania, SICURBAU s.r.l. impugnava la gara, indetta dal Consorzio Autostrade Siciliane, per la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori di adeguamento statico e miglioramento sismico del viadotto Ritiro A20 ME-PA, per un importo complessivo di € 57.188.319,47.
Nel giudizio di primo grado la ricorrente deduceva che Toto S.p.A. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, in quanto la sua offerta migliorativa prevedeva l’esecuzione di interventi anche su un altro e diverso tronco stradale, nè proprietà né nella disponibilità della stazione appaltante, ancora in costruzione; in subordine, sempre a giudizio della ricorrente, nel procedimento di gara erano ravvisabili macroscopici vizi di legittimità nell’attribuzione dei punteggi.
L’aggiudicataria, TOTO s.p.a., si costituiva in giudizio avanzando, altresì, ricorso incidentale. Per l’aggiudicataria “l’ammissione, e, comunque, l’attribuzione del punteggio finale alla Sicurbau S.r.l. risulterebbero viziati”. Sempre per TOTO s.p.a. – fermo restando che l’articolo II.2.1 del bando individuava quale categoria prevalente la OS18-A, classe VIII, per l’importo di €.22.219.449,19, nonché quali categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria la OG3 per €.14.597.558,02, la OS21 VI per €.7.053.020,62, la OS11 V per €.4.754.363,89, la OS12-A III-bis per €.1.353.251,31 e quale categoria a qualificazione non obbligatoria la OS23 VI E.6.669.356,13 – la Sicurbau, non munita della qualificazione nella categoria prevalente OS18-A, aveva prodotto un contratto di avvalimento privo della specificità richiesta dall’art.88 del D.P.R. n.207/2010, quanto meno con riferimento al personale ed allo stabilimento necessario della Omba Impianti Engineering S.p.A, oltre ad aver omesso la produzione di un serie di documenti richiesti dal disciplinare di gara ed incidenti sulla formulazione dell’offerta. Sotto ulteriori profili, la ricorrente incidentale censurava anche l’attribuzione del punteggio finale alla Sicurbau S.r.l. con riferimento all’offerta tempo, ad alcune carenze nelle analisi di prezzo e ad alcune criticità della soluzione tecnica offerta.
Il TAR, con sentenza in forma semplificata, accoglieva il ricorso incidentale e dichiarava improcedibile il ricorso principale.
Il giudice di primo grado, dopo aver richiamato la disciplina e la finalità dell’istituto dell’avvalimento, riteneva il contratto prodotto in gara dalla SICURBAU non valido ai fini della qualificazione dell’operatore economico nella gara in discussione. Ciò sulla base delle seguenti considerazioni:
a) il contratto di avvalimento riguardava il “prestito” del requisito nella categoria OS18A, categoria quest’ultima relativa alla produzione in stabilimento ed il montaggio in opera di strutture in acciaio;
b) l’autorità di vigilanza, con una sua determinazione, ha chiarito che “l’elemento di novità introdotto dal legislatore nella categoria specializzata OS18 di cui all’allegato A del D.P.R. n. 34/2000 e s.m., mediante l’introduzione della locuzione “produzione in stabilimento”, rispetto alle declaratorie dei precedenti decreti ministeriali n. 770/82 e n. 304/98, è stato quello di riservare la qualificazione in detta categoria alle imprese che abbiano una effettiva capacità aziendale di produrre in proprio e mettere in opera gli elementi previsti dalla declaratoria della suddetta categoria OS18”;
c) tale precisazione sarebbe stata dettata dall’esigenza di individuare in capo allo stesso soggetto la titolarità della produzione e della messa in opera e conseguentemente non si potrebbe prescindere dalla verifica dell’effettiva disponibilità dello stabilimento di produzione; per il giudice di primo grado «in altri termini, “per l’attribuzione della qualificazione nella categoria specializzata OS18 deve essere dimostrata la dotazione stabile di uno stabilimento di produzione con macchinari e maestranze idonee. Questa dotazione implica una specifica capacità aziendale nel settore della categoria e, conseguentemente, la sicurezza che l’impresa ha una specifica organizzazione aziendale tesa alla produzione delle strutture previste nella suddetta categoria”»;
d) il contratto di avvalimento prodotto da SICURBAU, pur contenendo all’allegato 1 l’analitica indicazione dei mezzi e delle attrezzature messi a disposizione dall’ausiliaria, non sarebbe sufficiente perché non reca alcun riferimento allo stabilimento industriale, laddove sarebbe stato essenziale indicarlo nel predetto contratto in ragione dell’importanza che lo stabilimento ha per questa particolare categoria;
e) la circostanza che i mezzi e le attrezzature fossero ubicati all’interno dello stabilimento, non sarebbe sufficiente perché “un conto è indicare dove le attrezzature sono localizzate, cosa ben diversa è mettere a disposizione uno stabilimento industriale”, così come non sarebbe possibile ritenere incluso lo stabilimento nelle clausola generale per cui l’ausiliaria mette a disposizione il complesso di beni, personale, servizi, attrezzature e know-how;
f) l’insufficienza del contratto di avvalimento non potrebbe essere neppure oggetto di soccorso istruttorio perché, pur applicandosi l’articolo 38 cod. contratti nel testo successivo alle modifiche introdotte dal d.l. 90/2014, sarebbe possibile solo la regolarizzazione della documentazione e non anche la mancanza di un requisito al momento dell’offerta.
2. Avverso la sentenza di primo grado, SICURBAU ha proposto appello rilevando che con il contratto di avvalimento l’ausiliaria aveva messo a disposizione il proprio complesso aziendale di cui fa parte anche lo stabilimento. Tale conclusione, peraltro, sarebbe avvalorata dal fatto che il predetto contratto di avvalimento, oltre a descrivere le attrezzature, indica anche la loro ubicazione, ossia il loro inserimento all’interno dello stabilimento, risultando precisato “quali sono le attrezzature operanti nell’area officina (pag. 2); quali sono le attrezzature operanti nel piazzale o nel reparto manutenzione (pag. 3)” (pagina 7 dell’appello). Peraltro, alcune delle attrezzature, oggetto del più volte citato contratto, per le loro caratteristiche non potrebbero essere spostate “dall’area operativa di impiego”, così confermando che anche lo stabilimento è incluso nel contratto di avvalimento. Sempre per l’appellante dovrebbe poi essere privilegiata un’interpretazione del contratto che individui complessivamente l’oggetto e dovrebbe essere evitato un esame della documentazione di gara che si trasforma in una sorta di “caccia all’errore” (pagina 11 dell’appello).
L’interessata, inoltre, ha dedotto l’erroneità della sentenza anche nella parte in cui ha escluso l’applicazione dell’istituto del soccorso istruttorio perché il d.l. 90/2014 avrebbe ampliato il ricorso al dovere/potere di soccorso istruttorio per supplire alla mancanza di ogni tipo di dichiarazione.
SICURBAU ha infine riproposto i motivi già avanzati con il ricorso principale e dichiarati improcedibili dal giudice di primo grado.
Nel giudizio di appello si è costituita TOTO che, oltre a ritenere infondato il motivo di impugnazione legato alla validità del contratto di avvalimento, ha riproposto le altre censure già formulate con il ricorso incidentale di primo grado e non esaminate dal TAR. Per l’appellata, al contrario, SICURBAU non avrebbe prodotto un valido contratto di avvalimento difettando l’indicazione dello stabilimento per la produzione delle strutture in acciaio, dovendosi interpretare in modo rigido i requisiti contenutistici del contratto di avvalimento. Soprattutto con riferimento alla predetta categoria, la disponibilità dello stabilimento sarebbe essenziale per questa particolare tipologia di produzione e, mancando nel contratto di avvalimento, vi sarebbe una carenza del requisito di partecipazione non sanabile con l’attivazione del soccorso istruttorio.
Questo Consiglio, con ordinanza 10 luglio 2015 n. 451, ha ritenuto l’appello sorretto da margini di apparente fondatezza quanto meno nella parte in cui riguarda l’accoglimento del ricorso incidentale da parte del TAR, senza tuttavia sospendere la sentenza difettando il requisito dell’estrema gravità e urgenza.
All’udienza pubblica del 18 novembre 2015 l’appello è passato in decisione.
3. Dalla descrizione dei fatti processuali emerge che per la decisione dell’appello è necessario delineare i tratti, non semplici, dell’istituto dell’avvalimento, istituto questo non univocamente ricostruito in dottrina e giurisprudenza.
3.1. Come già affermato da questo Consiglio (sentenza 21 gennaio 2015 n. 35), con l’entrata in vigore del codice dei contratti pubblici il legislatore ha introdotto l’istituto dell’avvalimento recependo compiutamente nel nostro ordinamento le indicazioni provenienti dalle direttive 17 e 18 del 2004. La direttiva 31 marzo 2004 n. 2004/18/CE, nel disciplinare i requisiti di capacità economico-finanziaria nonché di capacità tecnico-professionale, prevede che un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi; per la direttiva, l’operatore in tal caso deve dimostrare all’amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell’impegno a tal fine di questi soggetti (art. 47 e, in termini simili, art. 48 dir. cit.).
Nelle intenzioni del legislatore comunitario l’istituto in questione contribuisce concretamente ad ampliare la concorrenza consentendo la partecipazione a operatori che, per le modeste dimensioni o per il loro recente ingresso nel mercato, non possiedono individualmente considerati tutti i requisiti richiesti dal bando. Le direttive valutano positivamente sia l’interesse dell’amministrazione a selezionare soggetti che in ragione dei requisiti posseduti (economico finanziari e tecnico professionali) possono adempiere correttamente gli impegni contrattuali sia l’interesse generale a garantire l’ampliamento del mercato e della concorrenza. In altri termini, lo scopo dell’istituto è quello di permettere «… la massima partecipazione alle gare, consentendo ai concorrenti di utilizzare i requisiti di capacità tecnico-professionale e economico-finanziaria di soggetti terzi, indipendentemente dalla natura giuridica dei legami con tali soggetti…». Giova inoltre ricordare che l’articolo 50 Codice Appalti prevede anche l’avvalimento nel caso di operatività di sistemi di attestazione o di sistemi di qualificazione lasciando al regolamento, nel rispetto di determinati principi previsti dalla legge, la disciplina della possibilità di conseguire l’attestazione SOA in osservanza delle disposizioni stabilite dall’art. 49.
L’importanza di questo istituto è confermata dalla scelta del legislatore comunitario del 2014. L’articolo 63 dir. 2014/24 /UE (in corso di recepimento) reca una disciplina analitica dello “Affidamento sulle capacità di altri soggetti” rinviando poi all’allegato XII per l’individuazione di ulteriori aspetti.
3.2. Per il codice dei contratti pubblici il concorrente, singolo o consorziato o raggruppato ai sensi dell’art. 34, in relazione ad una specifica gara di lavori, servizi, forniture può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA avvalendosi dei requisiti o dell’attestazione SOA di altro soggetto.
Nonostante vi fossero già state pronunce della giurisprudenza nel senso dell’applicabilità nell’ordinamento interno (Cons. St., V, 28 settembre 2005 n. 5194; Cons. St., VI, 20 dicembre 2004 n. 8145), al momento dell’entrata in vigore del codice si trattava di previsione innovativa che riscriveva le regole delle procedure di evidenza pubblica superando le ‘tradizionali’ norme di qualificazione conosciute fino ad allora. Parte della dottrina, in sede di primo commento alle direttive, ha manifestato la possibilità che si potessero creare gli “avvalifici” per consentire ad imprese inidonee (per dimensioni o per organizzazione imprenditoriale) la partecipazione alle gare e così frustrare l’interesse pubblico alla corretta e puntuale esecuzione del contratto. Altri Autori, mossi dalla medesima preoccupazione, hanno messo in evidenza «il rischio che i concorrenti si trasformino in scatole vuote» o in «holding dai contorni oscuri». Per tale ragione, il codice dei contratti, pur consapevole dell’importanza dell’istituto e della sua diretta riconducibilità alla tutela della concorrenza, onde evitare pericolosi svuotamenti di responsabilità, stabilisce che quando si ricorre all’avvalimento il concorrente e l’impresa ausiliaria sono responsabili in solido nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto; possibilità questa oggi confermata dall’art. 63 dir. 2014/24/UE. Per escludere inoltre l’aggiramento della legge penale si stabilisce che gli obblighi previsti dalla normativa antimafia a carico del concorrente si applicano anche nei confronti del soggetto ausiliario, in ragione dell’importo dell’appalto posto a base di gara; a tale previsione va aggiunto che il concorrente, o impresa ausiliata, deve produrre tra l’altro una dichiarazione sottoscritta da parte dell’impresa ausiliaria attestante il possesso da parte di quest’ultima dei requisiti generali di cui all’art. 38 codice contratti.
In altri termini, il legislatore del 2006 ha dimostrato cautela per evitare che l’istituto diventasse strumento di ‘elusione’ delle regole di gara. Tuttavia, va ricordato che alcune precauzioni usate dai compilatori del codice sono state eliminate per evitare dubbi di compatibilità comunitaria. Il c.d. primo decreto correttivo, infatti, ha cancellato il divieto di sub-appalto in favore dell’impresa ausiliaria (art. 2, comma 1, lett. d), D.Lgs. 26 gennaio 2007, n. 6) e il terzo correttivo ha soppresso il comma 7 dell’articolo 49 nella parte in cui stabiliva la possibilità per il bando di gara di prevedere che, in relazione alla natura o all’importo dell’appalto, le imprese partecipanti potessero avvalersi solo dei requisiti economici o dei requisiti tecnici, ovvero che l’avvalimento potesse integrare un preesistente requisito tecnico o economico già posseduto dall’impresa avvalente in misura o percentuale indicata nel bando stesso.
Di recente la Corte di Giustizia, nel pronunciarsi sulla compatibilità comunitaria del c.d. avvalimento plurimo ha stabilito che “gli articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18/CE … devono essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale … la quale vieta, in via generale, agli operatori economici che partecipano ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori di avvalersi, per una stessa categoria di qualificazione, delle capacità di più imprese” (Corte di Giustizia UE, V, 10 ottobre 2013 C 94/12).
3.3. La cautela mostrata dal legislatore emerge anche dalla puntuale indicazione della documentazione da produrre per potere utilmente ricorrere all’avvalimento. Vale la pena ricordare che la legge impone di produrre in sede di gara tra l’altro sia una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria con la quale quest’ultima si obbliga verso il concorrente e verso la stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente sia il contratto in virtù del quale l’impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto [art. 49, lett d) e f)]. Si tratta di previsioni che, per parte della dottrina, sono affette da “ridondanza” che dimostra “una certa diffidenza del legislatore” e che sono state oggetto di non sempre univoche interpretazioni in sede giudiziale. La più recente giurisprudenza del Consiglio ritiene, per un verso, il contratto non sostitutivo della dichiarazione unilaterale (Cons. St., V, 28 luglio 2014 n. 3974) e richiede, per altro verso, che la predetta dichiarazione unilaterale abbia un oggetto determinato al pari del relativo contratto (Cons. St., VI, 8 maggio 2014 n. 2365).
In questo contesto va evidenziato che la legge delega, approvata il 14 gennaio 2016 dal Senato della Repubblica, all’articolo 1, comma 1, lett. zz) dispone la revisione della disciplina in materia di avvalimento, nel rispetto dei princìpi dell’Unione europea e di quelli desumibili dalla giurisprudenza amministrativa in materia, imponendo che il contratto di avvalimento indichi nel dettaglio le risorse e i mezzi prestati, con particolare riguardo ai casi in cui l’oggetto di avvalimento sia costituito da certificazioni di qualità o certificati attestanti il possesso di adeguata organizzazione imprenditoriale ai fini della partecipazione alla gara. È previsto altresì il rafforzamento degli strumenti di verifica circa l’effettivo possesso dei requisiti e delle risorse oggetto di avvalimento da parte dell’impresa ausiliaria nonché circa l’effettivo impiego delle risorse medesime nell’esecuzione dell’appalto, al fine di escludere la possibilità di ricorso all’avvalimento a cascata e prevedendo che non possa essere oggetto di avvalimento il possesso della qualificazione e dell’esperienza tecnica e professionale necessarie per eseguire le prestazioni da affidare.
4. Prescindendo dalla non facile soluzione in ordine alla tipicità o atipicità del contratto di avvalimento, è interessante osservare che la legge, oltre a non aver stabilito se è richiesta una certa forma, nulla prevede circa l’ulteriore requisito della gratuità o dell’onerosità del contratto in esame.
4.1. Per un orientamento, avallato dalla giurisprudenza di primo grado, sarebbero corrette queste considerazioni:
a) gli obblighi interni tra avvalente e avvalso sarebbero del tutto irrilevanti ai fini della partecipazione e dell’aggiudicazione della gara sussistendo “l’irrilevanza per la stazione appaltante dei rapporti sottostanti esistenti fra il concorrente e il soggetto imprenditoriale avvalso … omissis … nella precipua considerazione che la finalità dell’istituto dell’avvalimento è chiaramente quella di consentire la massima partecipazione alle gare ad evidenza pubblica, permettendo alle imprese non in possesso dei requisiti tecnici, di sommare, unicamente per la gara in espletamento, le proprie capacità tecniche ed economico-finanziarie a quelle di altre imprese” (TAR Veneto, I, 20 ottobre 2010 n. 5528);
b) il contratto di avvalimento sarebbe negozio atipico assimilabile al mandato (TAR Campania, Salerno, I, 28 marzo 2012 n.607) e quindi potrebbe essere concluso – non esistendo “alcun vincolo in ordine alla causa negoziale” (TAR Toscana, I, 21 marzo 2013 n. 443) – senza la pattuizione di un corrispettivo potendo al più soccorrere la previsione di cui all’art. 1709 c.c. (ancora TAR Veneto, I, 20 ottobre 2010 n. 5528);
c) il contratto, in mancanza di esplicita previsione di legge, non sarebbe assoggettato ad alcun onere formale e potrebbe “rivestire qualunque forma, anche non esattamente documentale e la sua esistenza può essere provata in qualunque modo idoneo” (T.A.R. Lazio, Roma, I, 3 dicembre 2009 n. 12455);
d) conseguentemente potrebbe essere “configurato quale contratto unilaterale con obbligazioni assunte da una sola delle parti e nel quale la presunzione di onerosità può essere superata da una prova contraria, ovvero dalla prassi” (ancora T.A.R. Lazio, Roma, I, 3 dicembre 2009 n. 12455).
5.1. Per questo collegio (anche aderendo all’opinione già espressa con la già citata sentenza 21 gennaio 2015 n. 35) non può essere condivisa la tesi per cui gli obblighi interni, rectius il rapporto interno tra avvalente e avvalso, sarebbero irrilevanti per la stazione appaltante. Le considerazioni prima esposte (§ 3.2), al contrario, dimostrano che il legislatore, pur riconoscendo l’importanza dell’istituto, lo ha circondato delle cautele necessarie proprio per verificare l’effettività e la serietà del rapporto intercorrente tra ausiliaria e ausiliata scongiurando il rischio di “avvalifici” (attraverso mere finzioni preordinate ad eludere le regole delle gare pubbliche) e, in ultima analisi, tutelando l’interesse pubblico alla corretta esecuzione del contratto da parte dell’aggiudicatario che ha fatto ricorso all’avvalimento. La normativa comunitaria, dunque, nella parte in cui permette l’avvalimento, “a prescindere dalla natura giuridica” dei legami tra ausiliario e ausiliato, vieta discriminazioni basate sulla differente natura giuridica dei diversi “legami” ma non depone per l’irrilevanza dei rapporti tra avvalente e avvalso onerando, tra l’altro, l’impresa ausiliata di “provare all’amministrazione aggiudicatrice che per l’esecuzione dell’appalto disporrà delle risorse necessarie ad esempio presentando l’impegno di tale soggetto di mettere a disposizione dell’operatore economico le risorse necessarie”. In via ancora più generale è l’art. 44 dir. cit. a prevedere che «spetta all’amministrazione aggiudicatrice verificare l’idoneità dei candidati o degli offerenti conformemente ai criteri di cui agli articoli da 47 a 52 della menzionata direttiva» (Corte di Giustizia UE, V, 10 ottobre 2013 C 94/12).
5.2. In secondo luogo, partendo dal presupposto che si tratta di contratto atipico, a giudizio del collegio, va negata la piena assimilabilità al contratto di mandato poiché “mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto” è concetto non pienamente sovrapponibile all’obbligo del mandatario, ex art. 1703 c.c., di compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra parte, pur essendo consapevole il collegio che il concetto di “atto giuridico” non è oggetto di univoca interpretazione nel diritto civile.
Né pare pienamente accoglibile la tesi che assimila il contratto in questione a quello di affitto d’azienda o al contratto di sub-appalto. In relazione all’affitto di azienda giova qui evidenziare che l’impresa ausiliata non acquista la detenzione della azienda o di un suo ramo non scaturendo dalla conclusione del contratto di avvalimento un obbligo immediato del locatore (ex art. 1617 c.c.) di consegnare la cosa affittata. Più in generale, inoltre, non emerge il tratto tipico dell’affitto di azienda che, come è noto, ha per oggetto “il complesso produttivo unitariamente considerato, secondo la definizione normativa di cui all’art. 2555 c.c.” (Cass., III, 8 luglio 2010 n. 16138) e non un singolo strumento della produzione o addirittura dei requisiti di carattere economico-finanziario. Con riferimento al sub-appalto, sempre a giudizio del collegio, non ricorre tale figura sia perché si porrebbero «delicati problemi di coordinamento con la disciplina» in generale del sub-appalto sia perché l’istituto è lontano dallo schema tipico del sub-contratto che essenzialmente consiste nel reimpiego della posizione contrattuale già acquisita con il c.d. “contratto base” (come, ad esempio, nella sub-locazione).
Per il collegio nell’avvalimento ricorrono tratti del mandato – nella parte in cui prevede il compimento di alcuni atti giuridici da parte dell’ausiliaria (senza tuttavia poterlo a questo assimilare integralmente, come già detto) – nonché dell’appalto di servizi e interessanti aspetti di garanzia atipica da parte dell’ausiliario in favore della stazione appaltante per le prestazioni dovute dall’ausiliato. Sotto tale ultimo profilo si ricordi che, accanto alle figure tipiche dei contratti personali di garanzia, nella pratica sono emersi schemi atipici volti a garantire, con strumenti di carattere indennitario in senso lato, la mancata o l’inesatta esecuzione da parte del debitore principale di un fare (come già affermato da Cass., S.U., 18 febbraio 2010 n. 3947).
5.3. Giova ora esaminare il profilo causale del negozio in questione. Una volta inquadrato il contratto di avvalimento nel rapporto tra due operatori economici che potrebbero anche essere concorrenti tra loro, a giudizio del collegio e fermo restando il silenzio della legge sul punto, il contratto de quo ha tendenzialmente natura onerosa perché, in caso contrario, non si giustificherebbe l’operazione per il tramite della quale l’ausiliaria, soggetto economico potenzialmente in grado di partecipare alla gara, debba gratuitamente mettere a disposizione dell’ausiliata i requisiti in questione, così procurando a quest’ultima la possibilità di partecipare alla gara e, se aggiudicataria, di ‘rafforzarsi’ in quel mercato. Inoltre, trattandosi di contratti stipulati da operatori economici che tendenzialmente (e legittimamente) perseguono lo scopo di lucro sarebbe scarsamente comprensibile la ragione di tale ‘regalo’ o, sarebbe meglio dire, di questo atto di liberalità per definizione estraneo ai rapporti di impresa.
Accolta la nozione di causa in concreto (Cass. s.u. 6 marzo 2015 n. 4628; Cass., s.u., 18 febbraio 2010 n. 3947, Cass. 8 maggio 2006 n. 10490) – e una volta distinta la nozione di atto di liberalità rispetto a quella di contratto a titolo gratuito, contratto quest’ultimo caratterizzato da un interesse patrimoniale anche mediato o “dalla natura economica dell’interesse” anche in assenza di una specifica controprestazione – per il collegio va respinta la tesi della possibile gratuità del negozio. O il contratto di avvalimento è a titolo oneroso oppure, in mancanza di corrispettivo in favore dell’ausiliario, deve emergere dal testo contrattuale chiaramente l’interesse, direttamente o indirettamente patrimoniale, che ha guidato l’ausiliario nell’assumere senza corrispettivo gli obblighi derivanti dal contratto di avvalimento e le relative responsabilità. Tutto questo per realizzare quel controllo sulla meritevolezza che il codice espressamente prevede all’articolo 1322, comma 2, c.c., tenendolo ben distinto dal giudizio di liceità, e allo scopo di evitare che, come detto dalla dottrina, “gli interessi perseguiti dalle parti contrast(i)no con gli interessi generali della comunità e dei terzi maggiormente meritevoli di tutela”. Ciò peraltro si pone in continuità con un indirizzo giurisprudenziale fatto proprio sia dal Consiglio di Stato (Cons. St., IV, 4 dicembre 2001 n. 6073) sia dalla Corte di Cassazione (Cass., III, 28 gennaio 2002 n. 982, che, per i contratti atipici, stabilisce che “non può certamente ritenersi che sia meritevole di tutela solo ciò che è oneroso”, purché rimanga ferma la necessità di una verifica della meritevolezza degli interessi perseguiti anche nell’ambito dei contratti gratuiti atipici).
5.4. Occorre ora occuparsi della questione della forma del contratto di avvalimento. Nel caso di specie, la legge stabilisce che il partecipante deve produrre il contratto in originale o in copia autentica così presupponendo che il contratto sia stato stipulato in forma scritta. Tuttavia il codice non fornisce indicazioni chiare in ordine al requisito formale richiesto e cioè se si tratta di forma ad substantiam o ad probationem.
Come è noto la dottrina, da tempo, si occupa del problema.
Per un primo indirizzo, quando il legislatore non chiarisce se si tratta di forma ad substantiam o ad probationem, il requisito formale deve essere richiesto per la prova del contratto e non come requisito di validità. Tale orientamento, che ha trovato riconoscimento nella giurisprudenza italiana (Cass., 3 ottobre 1991 n. 10391) e in quella francese, muove dal presupposto che la “forma è un intoppo al traffico” e che conseguentemente nel dubbio è meglio interpretare la legge nel senso che tale requisito sia richiesto unicamente per la prova.
Per altro orientamento, invece, nel dubbio deve prevalere la qualificazione come requisito di validità anche in considerazione di quanto stabilito per le forme volontarie dall’art. 1352 c.c.
Per un terzo orientamento, infine, il dato letterale di per sé è neutro e spetta all’interprete stabilire di volta in volta, e non con soluzione unica per tutte le fattispecie, quando il requisito formale sia richiesto a pena di validità (art. 1325 e 1418 c.c.) o solo per la prova (art. 2787 c.c.). Seguendo questa opinione se il requisito di forma è prescritto a tutela di una «parte debole del rapporto» sarebbe più corretto qualificarlo come forma ad substantiam mentre se «ha di mira rapporti con terzi» potrebbe ritenersi che serva solo per la documentazione del contratto.
Nel caso di specie, per la forma ad probationem militerebbero sia l’argomento incentrato sull’assenza di una parte debole da tutelare (trattandosi di rapporti che intervengono tra operatori qualificati e pubbliche amministrazioni) sia la collocazione sistematica della previsione di legge che impone la produzione del contratto unitamente agli altri documenti che l’operatore economico deve fornire per partecipare alla gara.
Per il collegio, tuttavia, la forma (che naturalmente può essere assolta sia con la ‘tradizionale’ scrittura privata sia attraverso l’uso del documento informatico e, a seconda dei casi, della relativa firma elettronica avanzata, qualificata o digitale ex art. 21 comma 2 e 2 bis d. lgs. 7 marzo 2005 n. 82) è richiesta ad substantiam, deponendo in tal senso diversi argomenti.
In primo luogo occorre considerare che la differenza tra forma per la validità e forma per la prova essenzialmente riguarda l’impossibilità, o la possibilità, di concludere validamente il contratto senza il rispetto della forma scritta. Nel caso di specie il legislatore non ha richiesto genericamente la produzione di un documento dal quale risulta l’accordo tra impresa ausiliaria e ausiliata (così spingendo l’interprete verso la qualificazione in termini di forma ad probationem) ma, al contrario, ha imposto la produzione, al momento della partecipazione, del contratto in originale o copia autentica; in tal modo, seppur implicitamente, il codice ha dato per presupposto che l’accordo debba avere la forma scritta. Ragionando diversamente, e optando per la forma ad probationem, dovrebbe poi coerentemente concludersi che il contratto di avvalimento possa essere dimostrato anche con documenti scritti diversi dal contratto nel quale è stata consacrata la volontà delle parti ma ciò è in contrasto con il dato legislativo.
In secondo luogo, pur non rinvenendosi nei rapporti in questione la presenza di una parte debole (trattandosi di rapporti che intervengono tra operatori qualificati e pubbliche amministrazioni), vi sono altre ragioni che impongono di orientarsi per la forma quale requisito di validità. La serietà e l’effettività dell’impegno assunto dall’ausiliario meglio possono essere accertati se a monte c’è un impegno sorto rispettando il requisito formale. La funzione di responsabilizzazione del consenso e di certezza dell’atto – che per la dottrina giustificano la prescrizione della forma – ricorrono nel caso di specie a giustificare la scelta prima indicata. Con il contratto si responsabilizza l’ausiliario imponendo l’individuazione espressa degli obblighi che assume e contemporaneamente si dà alla stazione appaltante certezza di quelli che sono gli impegni effettivamente presi tra le parti proprio per evitare quelle elusioni alle regole sulla partecipazione alle gare tanto temute dalla dottrina.
In terzo luogo la dottrina attualmente maggioritaria ritiene che nel dubbio la forma sia richiesta ad substantiam perché in tal senso si è orientato il legislatore nel (diverso) caso in cui le parti, ex art. 1352 c.c., hanno convenuto una certa forma senza specificare se per la validità o per la prova.
In quarto luogo, a giudizio del Collegio, solo in questo modo possono meglio essere garantite le esigenze proprie della c.d. forma-contenuto di cui si dirà più avanti (§ 5.5.3).
5.5. Particolarmente complessa è la tematica relativa all’oggetto del contratto di avvalimento, tematica quest’ultima che gioca un ruolo rilevante nella decisione della presente controversia.
5.5.1. Occorre comprendere quando è sufficientemente determinato l’oggetto del contratto di avvalimento. In via generale, ai sensi dell’articolo 1346 c.c., l’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile. Ai sensi dell’articolo 88 d.P.R. 207/2010 il contratto di cui all’articolo 49, comma 2, lettera f), del d. lgs. 163/2006 deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente, tra l’altro, l’oggetto del contratto indicando le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico. Dal confronto tra l’articolo 1346 c.c. e l’articolo 88 d.P.R. 207/2010 emerge che il regolamento al codice dei contratti, a differenza del codice civile, ha richiesto che l’oggetto del contratto di avvalimento sia determinato, e non anche solo determinabile, e individuato potendosi al riguardo trarre convincimento dall’aggettivo “specifico” utilizzato dall’articolo 88 d.P.R. cit. Tale diversità di disciplina tra il codice civile e la normativa in materia di appalti si giustifica in ragione della necessità di evitare l’elusione dei requisiti prescritti dalla legge di gara ricorrendo a dichiarazioni e contratti di avvalimento generici non rispondenti a quelle esigenze di serietà ed effettività prima indicate.
5.5.2. In dottrina è molto discusso se la disciplina dell’avvalimento sia unica per tutte le tipologie di contratto di appalto oppure se debba essere differenziata a seconda del tipo di appalto. Per un verso, non v’è dubbio che l’art. 49 si riferisca in generale – fatte salve alcune previsioni specifiche come quella dettata al comma 6 oggetto peraltro di intervento da parte della Corte di Giustizia UE – a tutte le tipologie di appalto, laddove il successivo articolo 50 chiaramente è destinato esclusivamente agli appalti di lavori.
Più complessa è invece la questione con riferimento al già citato articolo 88 perché questo, per la sua collocazione (parte II, titolo III), sembrerebbe esclusivamente destinato agli appalti di lavori. Per il collegio, tuttavia, l’art. 88, comma 1, d.P.R. cit. (e non anche i commi 2 e segg. che sono certamente riferiti agli appalti di lavori) deve essere riferito anche agli appalti di servizi e forniture perché, in caso contrario, verrebbe tradita l’idea ispiratrice del codice di individuare, per quanto possibile, una disciplina unitaria per lavori, servizi e forniture (la c.d. “merlonizzazione” degli appalti di servizi e forniture). Inoltre, sempre ragionando diversamente, paradossalmente si richiederebbe maggiore specificità nell’individuazione dell’oggetto del contratto di avvalimento relativo ai lavori e non nel caso di servizi e forniture ove la qualificazione, come è noto, avviene “in bando” (applicando gli artt. 41 e 42 Cod.) e deve essere dimostrata di volta in volta.
5.5.3. Tutto ciò premesso, occorre ricordare che nella giurisprudenza, nel tempo si sono delineati diversi orientamenti.
Per un primo orientamento, più rigoroso, è insufficiente la sola e tautologica riproduzione, nel testo dei relativi contratti, della formula legislativa della messa a disposizione delle “risorse necessarie di cui è carente il concorrente”, o espressioni equivalenti, con la conseguenza che è legittima l’esclusione dalla gara pubblica dell’impresa che abbia fatto ricorso all’avvalimento producendo un contratto che non contiene alcuna analitica e specifica elencazione o indicazione delle risorse e dei mezzi in concreto prestati, atteso che l’esigenza di una puntuale analitica individuazione dell’oggetto del contratto di avvalimento, oltre ad avere un sicuro ancoraggio sul terreno civilistico nella generale previsione codicistica che configura quale causa di nullità di ogni contratto l’indeterminatezza (e l’indeterminabilità) del relativo oggetto, trova la propria essenziale giustificazione funzionale, inscindibilmente connessa alle procedure contrattuali pubbliche, nella necessità di non consentire facili e strumentali aggiramenti del sistema dei requisiti di partecipazione alle gare (Cons. St., V, 30 novembre 2015 n. 5396; Cons. St., V, 23 settembre 2015 n. 4456; Cons. St., VI, 8 maggio 2014 n. 2365).
A fronte di questo orientamento rigoroso nell’accertamento dell’oggetto del contratto, si è delineato un secondo indirizzo interpretativo per cui sarebbe possibile distinguere il c.d. avvalimento di garanzia da quello tecnico-operativo. Il primo, ossia l’avvalimento di garanzia, sarebbe “figura nella quale l’ausiliaria mette in campo la propria solidità economica e finanziaria a servizio dell’aggiudicataria ausiliata, ampliando così lo spettro della responsabilità per la corretta esecuzione dell’appalto” (Cons. St., III, 22 gennaio 2014 n. 594) e, per tale ragione, il relativo contratto non richiederebbe la specificazione delle risorse materiali, immateriali e gestionali concretamente messe a disposizione. Non occorrerebbe dunque che la dichiarazione negoziale costitutiva dell’impegno contrattuale si riferisca a specifici beni patrimoniali o ad indici materiali atti ad esprimere una determinata consistenza patrimoniale e, perciò, alla messa a disposizione di beni da descrivere ed individuare con precisione, essendo sufficiente che da essa dichiarazione emerga l’impegno contrattuale della società ausiliaria a prestare ed a mettere a disposizione della c.d. società ausiliata la sua complessiva solidità finanziaria ed il suo patrimonio esperienziale, garantendo con essi una determinata affidabilità ed un concreto supplemento di responsabilità (Cons. St., III, 4 novembre 2015 n. 5038).
Nell’avvalimento operativo, invece, il contratto dovrebbe indicare specificamente tutte le risorse, ex art. 42 Codice Contratti, dell’impresa ausiliaria che vengono messe a disposizione dell’ausiliata.
Per altro orientamento (C.G.A. 21 gennaio 2015 n. 35; poi seguito da Cons. St., III, 7 luglio 2015 n. 3390 e Cons. St., VI, 30 settembre 2015 n. 4544) sia nel c.d. avvalimento di garanzia sia in quello operativo va richiesta la specificità dell’oggetto del contratto. La distinzione tra avvalimento di garanzia e avvalimento operativo potrebbe utilmente descrivere delle circostanze in fatto ma non avrebbe appiglio giuridico. Se sotto un profilo squisitamente descrittivo è possibile rintracciare una diversità tra l’avvalersi dei requisiti di cui all’art. 41 codice e l’avvalersi dei requisiti tecnico-professionali di cui all’art. 42 codice contratti, almeno allo stato, tutto ciò non dovrebbe tradursi in un differente regime giuridico mancando disposizioni che differenziano il grado di specificità dell’oggetto a seconda dell’una o dell’altra categoria. In secondo luogo, ‘allentando’ il requisito della specificità e determinatezza dell’oggetto nel caso di avvalimento dei requisiti economico-finanziari, oltre che compiere un’interpretazione non prevista dalla legge, si rischierebbe di compromettere quei requisiti di serietà ed effettività che sono stati certamente considerati dal legislatore nel momento in cui ha recepito le direttive comunitarie. In definitiva, come di recente già affermato, il c.d. avvalimento di garanzia “non deve rimanere astratto, cioè svincolato da qualsivoglia collegamento con risorse materiali o immateriali, che snaturerebbe l’istituto, in elusione dei requisiti stabiliti nel bando di gara, esibiti solo in modo formale, finendo col frustare anche la funzione di garanzia” (Cons. St., III, 22 gennaio 2014 n. 294; in termini analoghi Cons. St., III, 17 giugno 2014 n. 3057). Ciò si traduce nella necessità che nel contratto siano adeguatamente indicati, a seconda dei casi, il fatturato globale e l’importo relativo ai servizi o forniture nel settore oggetto della gara nonché, come specificato dalla dottrina (che non può essere citata ex art. 118, comma 3, disp.att. c.p.c.), gli specifici “fattori della produzione e tutte le risorse che hanno permesso all’ausiliaria di eseguire le prestazioni analoghe nel periodo richiesto dal bando”.
A giudizio del collegio, tale ultima conclusione risulta coerente con la funzione che assolve la forma del contratto di avvalimento richiesta dall’articolo 49 Codice dei Contratti. Come è noto di recente nella dottrina civilistica è stata elaborata la nozione di forma-contenuto. Accedendo ad una nozione lata di forma del contratto, ed una volta richiamata la distinzione tra contenuto formale e contenuto sostanziale, per la dottrina esistono casi di nuovo formalismo che impongono nel documento contrattuale, “richiesto per lo più a fini di validità”, “una serie di elementi predeterminati dal legislatore”. In altri termini la forma non è solo il mezzo di manifestazione della volontà contrattuale ma anche “l’incorporazione di un contenuto minimo …. di informazioni che attraverso il contratto devono essere fornite”, evitando sovrapposizioni con la tematica della determinatezza o della determinabilità dell’oggetto.
Venendo al caso oggetto della presente decisione, la mancata indicazione nel contratto di avvalimento dello stabilimento ove effettuare la produzione comporta l’indeterminatezza dell’oggetto del contratto – per violazione dell’obbligo di indicare in modo compiuto, esplicito ed esauriente le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico (art. 88 d.P.R. 207/2010) – , nonché la violazione del requisito di forma-contenuto. Mancando tale indicazione compiuta, esplicita ed esauriente il contratto è nullo con conseguente assenza del requisito di partecipazione in capo all’operatore economico che ha presentato la domanda.
6. Indicate le questioni in tema di avvalimento, va affrontata la complessa problematica relativa all’utilizzabilità del potere/dovere di soccorso istruttorio nel caso di contratto di avvalimento incompleto o, addirittura, nullo per indeterminatezza dell’oggetto.
Come è noto, il d.l. 90/2014 all’articolo 38 codice contratti ha aggiunto il comma 2 bis, stabilendo, nel caso di mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive, la possibilità di integrare o regolarizzare le dichiarazioni necessarie, previo invito della stazione appaltante e dietro pagamento di una sanzione pecuniaria stabilita nel bando di gara. Sotto altro aspetto, sempre il d.l. 90/2014, ha aggiunto il comma 1 ter all’articolo 46 codice contratti estendendo l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 38, comma 2-bis, a ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara.
Con specifico riferimento al contratto di avvalimento, soprattutto nella giurisprudenza di primo grado, si sono delineati diversi orientamenti.
Per il primo di questi, l’articolo 46, comma 1 ter, codice contratti imporrebbe di utilizzare il soccorso istruttorio anche nei casi in cui la mancanza è relativa al contratto di avvalimento, essendo quest’ultimo destinato a fornire i c.d. requisiti speciali cui fa riferimento implicito il comma 1 ter più volte richiamato (T.A.R. Campania, Napoli, I, 10 luglio 2015 n. 3670).
Per altro orientamento, invece, il soccorso istruttorio, anche dopo l’ampliamento operato dal d.l. 90/2014, non potrebbe essere utilizzato con riferimento al contratto di avvalimento perché quest’ultimo, lungi dall’essere un documento da allegare alla domanda per dimostrare il possesso di un requisito, è il presupposto per la partecipazione alla gara fornendo all’avvalente il requisito mancante (in questi termini proprio la sentenza appellata).
Sotto tale aspetto va, in ultimo, ricordato che anche l’ANAC, con la determinazione 8 gennaio 2015 n. 1, nell’interpretare le novità introdotte ha affermato che il soccorso istruttorio ex d.l. 90/2014 “non può, in ogni caso, essere strumentalmente utilizzato per l’acquisizione, in gara, di un requisito o di una condizione di partecipazione, mancante alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta”. Per l’ANAC, la dichiarazione di avvalimento è “elemento costitutivo dei requisiti da possedersi, inderogabilmente, alla scadenza del termine perentorio di presentazione dell’offerta” e per tale ragione anche il contratto di avvalimento è “funzionale al possesso dei requisiti prescritti dal bando”. Il nuovo soccorso istruttorio, invece, potrebbe operare limitatamente all’ipotesi di mancata allegazione, per mera dimenticanza, del contratto che, in ogni caso, sia stato già siglato alla data di presentazione dell’offerta nonché nel caso di assenza degli altri adempimenti prescritti in ordine all’avvalimento.
Venendo al caso di specie, interpretate le norme e considerata necessaria l’indicazione espressa dello stabilimento nell’oggetto del contratto, il contratto sarebbe indeterminato nel suo oggetto e, come già detto, nullo sotto il profilo civilistico per le ragioni prima indicate. Risulta chiaro dunque che l’impresa dovrebbe essere considerata priva del requisito, ossia la qualificazione nella categoria OS18A, e conseguentemente si pone il problema se la mancanza del predetto requisito sia “soccorribile” o meno.
7. In sintesi le diverse questioni che, sotto il profilo teorico, si agitano in dottrina e giurisprudenza, nonché l’importanza che l’istituto dell’avvalimento ha assunto nelle procedure di evidenza pubblica, a giudizio del collegio, impongono la rimessione all’adunanza plenaria trattandosi di questioni di diritto che hanno dato luogo e possono dar luogo a contrasti giurisprudenziali. Accanto alle tematiche sopra delineate, risulta tra l’altro importante stabilire:
1) se l’articolo 88 d.P.R. 207/2010 – nel richiedere che il contratto deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente, l’oggetto indicando le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico – riguarda unicamente la determinazione dell’oggetto del contratto (così legittimando anche interpretazioni di tipo estensivo) oppure, oltre all’oggetto, anche il c.d. requisito della forma-contenuto;
2) se nell’ipotesi di categorie che richiedono particolari requisiti – come nel caso di specie risulta per la categoria OS18A – tali particolari requisiti debbano essere indicati in modo esplicito nel contratto di avvalimento oppure possano essere desunti dall’interpretazione complessiva del contratto;
3) se l’istituto del soccorso istruttorio, come disciplinato dopo le novità introdotte dal d.l. 90/2014, possa essere utilizzato anche con riferimento ad incompletezze del contratto di avvalimento che, sotto un profilo civilistico, portano ad affermare la nullità del negozio per mancanza di determinatezza del suo oggetto.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, rimette il ricorso all’esame dell’Adunanza Plenaria.
Manda alla Segreteria per la trasmissione del fascicolo e gli altri adempimenti di legge.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Antonino Anastasi, Consigliere
Vincenzo Neri, Consigliere, Estensore
Giuseppe Mineo, Consigliere
Alessandro Corbino, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/02/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)