Il Consiglio di Stato, nell’ambito della sentenza n. 868 del 29 febbraio scorso, ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’interdittiva antimafia.
Il collegio ha affermato che costante giurisprudenza, riguardo l’interdittiva antimafia, ha rilevato l’ampiezza dei parametri fissati dalla legge, il carattere preventivo della misura e la natura meramente indiziaria dei presupposti di fatto che la legge richiede per la sua adozione.
Il collegio ritiene, che per salvaguardare i principi di legalità e di certezza del diritto, l’ampia discrezionalità di apprezzamento riservata al Prefetto può essere sindacata dal giudice amministrativo solo nei limiti di evidenti vizi di eccesso di potere per manifesta illogicità e erronea e travisata valutazione dei presupposti e che in ogni caso la suddetta discrezionalità per quanto ampia, non possa in ogni caso essere esercitata sulla base del mero sospetto, ma previa individuazione di idonei e specifici elementi di fatto, che singolarmente o nel loro complesso siano obiettivamente sintomatici e rivelatori del rischio di collegamenti con la criminalità organizzata.
Al riguardo ha precisato inoltre che “nel caso delle interdittive antimafia gli elementi raccolti non vanno riguardati in modo atomistico, ma unitario, sì che la valutazione deve essere effettuata (e corrispondentemente esternata in sede di motivazione) in relazione al complessivo quadro indiziario risultante dalla ricostruzione logica e valutazione sintetica di tutti i dati emersi in sede istruttoria, ognuno dei quali acquista valenza nella sua connessione con gli altri” (C.d.S., III Sez., 23 aprile 2015, n. 1576; 28 settembre 2015 n. 4527; 07 ottobre 2015, n. 4657; 9 novembre 2015,n. 5100; 13 novembre 2015, n. 5197, 01 dicembre 2015, n. 5437; 14 dicembre 2015, n. 5674).
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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N. 00868/2016REG.PROV.COLL
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7882 del 2015, proposto da:
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Angela Francesca Canta, con domicilio eletto presso quest’ultima in Roma, via del Mascherino, 72;
contro
Ministero dell’interno in persona del Ministro pro tempore, U.T.G. – Prefettura di Milano, in persona del Prefetto pro tempore, , rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
U.T.G. – Prefettura di Rovigo, non costituita;
Metropolitana Milanese s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Manzi, Guido Greco e Manuela Muscardini, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;
nei confronti di
Consorzio Arcoteem, Consorzio Bbm, Consorzio Cepav Due, -OMISSIS-, Zara Expo Scarl, Fimet Spa, Milesi Geom. Sergio Srl, Itinera Spa, non costituiti;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Lombardia – Milano – Sezione I, n. 1230 del 26 maggio 2015.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno, dell’U.T.G. – Prefettura di Milano e della società Metropolitana Milanese;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2016 il Cons. Alessandro Palanza e uditi per le parti l’avvocato Maurizio Zoppolato, su delega di Angela Francesca Canta, Luigi Manzi e l’avvocato dello Stato Ettore Figliolia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società -OMISSIS- (in prosieguo -OMISSIS-) – impresa di dimensioni medio – piccole operante nel settore dell’edilizia pubblica e privata e avente come oggetto sociale prevalente l’esercizio dell’attività di autotrasporto per conto terzi – ha agito in giudizio davanti al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia:
– per l’annullamento:
a) dell’ informativa antimafia di carattere interdittivo che, con provvedimento prot. n. 12B7/2013013952-56500 del 5 agosto 2014, la Prefettura – U.T.G. di Milano ha trasmesso al Consorzio Arcoteem e a Metropolitana Milanese s.p.a. (in prosieguo MM), in relazione alla posizione dell’odierna esponente;
b) delle note del 6 e 7 agosto 2014, comunicate alla ricorrente rispettivamente in data 6 e 7 agosto 2014;
c) della nota, comunicata alla ricorrente in data 28 agosto 2014, con la quale il Consorzio BBM ha revocato l’autorizzazione prot. BB/BBMR/00244262 del 24 maggio 2014, concessa alla -OMISSIS- per la stipula del subcontratto del servizio di trasporto inerti per l’importo di 200.000,00 euro;
d) della nota, comunicata alla ricorrente nel mese di settembre 2014, con la quale il consorzio BBM ha revocato l’autorizzazione del 10 aprile 2014, concessa alla società Milesi per la stipula del subcontratto del servizio di trasporto bituminosi per l’importo di 100.000,00 euro;
e) di ogni altro atto preordinato, presupposto, consequenziale e/o comunque connesso ai precedenti, e in particolare:
della nota del Ministero dell’Interno – Dipartimento di pubblica sicurezza, n. MI-123-U-GOCEX-1-2013-634 dell’1.8.2013;
della nota del Ministero dell’Interno – Dipartimento di pubblica sicurezza, n. MI-123-U-GICEX-1-2013-676 del 30.8.2013;
della nota della Direzione Investigativa Antimafia – Centro operativo di Milano – n. 125/MI/2/H7/135/8252;
della nota della Direzione Investigativa Antimafia – Sezione operativa di Agrigento n. 125/AG/H7/22-501 prot. n. 1968 del 27.3.2014;
della nota della Prefettura di Rovigo Fasc. 2182/2013 Antimafia del 23/10/2013;
– nonché per la condanna:
delle Amministrazioni intimate al risarcimento del danno derivante dall’esecuzione dei provvedimenti impugnati.
2. – Il ricorso è stato articolato su tre motivi che hanno contestato in particolare le motivazioni dell’informativa antimafia della Prefettura di Milano ripartite in tre gruppi di argomentazioni relativi rispettivamente:
I – ai rapporti tra -OMISSIS- e -OMISSIS- e i membri della famiglia di -OMISSIS- e la società -OMISSIS-, oggetto di interdittiva annullata, successivamente all’adozione dell’informativa oggetto del presente giudizio, con sentenza n. 556/2015 dello stesso TAR;
II – ai rapporti di parentela di -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- in quanto figli di -OMISSIS- e alle affermazioni relative alla appartenenza ad organizzazioni mafiose di quest’ultimo;
III – ai rapporti con la –OMISSIS-, a sua volta oggetto di interdittiva antimafia.
3. – L’impugnata sentenza – T.a.r. per la Lombardia – Milano – Sezione I, n. 1230 del 26 maggio 2015 – premesso un ampio inquadramento normativo e giurisprudenziale sulla natura preventiva e cautelare dell’istituto della interdittiva antimafia, ha respinto il ricorso, affermando che, pur dovendosi prendere atto dell’annullamento giurisdizionale dell’informativa interdittiva emessa a carico della società -OMISSIS- (gestita dalla famiglia -OMISSIS- ), sussistevano ulteriori elementi che assumevano oggettiva rilevanza a sostegno della legittimità dell’interdittiva ed in particolare:
a) i rapporti di solidale parentela tra i fratelli -OMISSIS- -OMISSIS- e il padre -OMISSIS- al quale sono attribuite decennali frequentazioni con soggetti mafiosi;
b) le frequentazioni di -OMISSIS- e -OMISSIS- – con soggetti pregiudicati;
c) i rapporti contrattuali instaurati dalla ricorrente con la –OMISSIS-, a sua volta destinataria di informativa interdittiva.
4. – Avverso la su menzionata sentenza del T.a.r. di Milano, la -OMISSIS-ha presentato appello rilevando che le valutazioni della Prefettura in ordine alla società appellante sono state condotte, pressoché esclusivamente in base alle pretese “connessioni…con la ditta –OMISSIS- riconducibile alla famiglia -OMISSIS-”. La sentenza impugnata ha preso atto dell’intervenuto annullamento della informativa a carico della società -OMISSIS- con la sentenza n. 556 del 25 febbraio 2015 dello stesso T.a.r. deducendone correttamente che tale sentenza impone di non attribuire rilevanza agli elementi motivazionali del provvedimento impugnato relativi ai rapporti tra la famiglia -OMISSIS- e la famiglia -OMISSIS-, nonché alle risultanze info-investigative a carico della famiglia -OMISSIS-. La sentenza appellata è quindi censurabile perché dà atto che il provvedimento impugnato è stato emesso sulla base di elementi rivelatisi irrilevanti, ma ne fa salvi gli effetti andando oltre quanto affermato dalla Prefettura e dando peso determinante a elementi che la stessa Prefettura aveva richiamato in via complementare o non aveva neppure preso in considerazione nella motivazione (tranne per ciò che concerne i rapporti con -OMISSIS-). La sentenza appellata è al riguardo anche carente di motivazione, perché non risponde alle corrispondenti argomentazioni contrarie già contenute nel ricorso in primo grado. Esse vengono quindi interamente riproposte in appello, sia con riferimento ai rapporti tra i fratelli -OMISSIS- e il loro padre -OMISSIS- e ai rapporti attribuiti allo stesso padre, sia con riferimento alle presunte frequentazioni dei fratelli -OMISSIS-, sia per quanto concerne i rapporti con -OMISSIS-. La società appellante ribadisce anche le ragioni per le quali i rapporti con la famiglia -OMISSIS- non attestano rischi di infiltrazione mafiosa, ma, al contrario, attestano la comune vicinanza delle due famiglie alla Associazione “-OMISSIS-” impegnata a contrastare tali infiltrazioni.
5. – La società MM si è costituita in giudizio presentando successivamente memorie difensive, in data 10/10/15, in vista della camera di consiglio fissata per la trattazione dell’incidente cautelare, e in data 19/12/15, in vista della udienza pubblica di merito.
In particolare la società MM ha sostenuto che:
a) l’intero appello è inammissibile in quanto non contiene censure specifiche verso la sentenza impugnata e si limita a riproporre le censure di primo grado in violazione degli obblighi sanciti dall’art. 101 c.p.a.;
b) è a maggior ragione inammissibile la parte dell’appello relativa alla domanda proposta nei suoi stessi confronti in quanto il gravame non reca alcuna censura verso gli atti obbligatoriamente adottati dalla società MM (comunque legittimi in quanto sostanzialmente vincolati rispetto al provvedimento adottato dalla Prefettura);
c) la totale infondatezza della richiesta di risarcimento del danno.
6. – La difesa erariale si è costituita in giudizio e ha presentato successivamente memoria difensiva, in data 12 ottobre 2015, da un lato facendo proprie le tesi sviluppate dalla sentenza del T.a.r., dall’altra, rilevando l’ampia e argomentata documentazione che sorregge il provvedimento impugnato in primo grado e sottolineando che essa viene espressamente richiamata come parte della motivazione.
7. – La società appellante -OMISSIS- ha poi depositato in data 25/11/15 documentazione concernente copia della sentenza del T.a.r. per la Lombardia – Milano – 13 novembre 2015, n. 2403, che ha annullato la interdittiva antimafia emessa dalla prefettura di Milano a carico della società -OMISSIS-.
In data 19 dicembre 2015 la stessa società ha presentato memoria conclusiva sottolineando in particolare come la suddetta sentenza n. 2403 confermi la validità del principale motivo di appello.
8. – La causa è stata chiamata alla udienza pubblica del 21 gennaio 2016 e, dopo che la difesa erariale ha segnalato la opportunità di rinviarne l’esame per discuterla nella stessa udienza in cui sarà prossimamente trattato l’appello cautelare avverso la su menzionata sentenza del T.a.r. n. 2403/2015, è passata in decisione.
9. – Il Collegio ritiene, preliminarmente, che non vi siano ragioni di ordine processuale per il rinvio della causa prospettato in udienza dalla difesa erariale, dal momento che il ricorso cui essa ha fatto riferimento ha un oggetto nettamente distinto e che tale controversia, pur presentando alcune questioni contigue al presente giudizio, è comunque ancora nella fase cautelare.
Sempre in via preliminare il Collegio, stante l’infondatezza dell’appello nel merito, prescinde dall’esame delle eccezioni di inammissibilità dello stesso sollevate dalla difesa della società
10. – Nel merito l’appello è infondato.
10.1. – Si fa riferimento alla costante e consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato in tema di interdittive antimafia. Tale giurisprudenza ha rilevato l’ampiezza dei parametri fissati dalla legge, il carattere preventivo della misura e la natura meramente indiziaria dei presupposti di fatto che la legge richiede per la sua adozione. Al tempo stesso, per salvaguardare i principi di legalità e di certezza del diritto, questa giurisprudenza ritiene che l’ampia discrezionalità di apprezzamento riservata al Prefetto può essere sindacata dal giudice amministrativo solo nei limiti di evidenti vizi di eccesso di potere per manifesta illogicità e erronea e travisata valutazione dei presupposti e che in ogni caso la suddetta discrezionalità per quanto ampia, non possa in ogni caso essere esercitata sulla base del mero sospetto, ma previa individuazione di idonei e specifici elementi di fatto, che singolarmente o nel loro complesso siano obiettivamente sintomatici e rivelatori del rischio di collegamenti con la criminalità organizzata. Al riguardo si precisa inoltre che “nel caso delle interdittive antimafia gli elementi raccolti non vanno riguardati in modo atomistico, ma unitario, sì che la valutazione deve essere effettuata (e corrispondentemente esternata in sede di motivazione) in relazione al complessivo quadro indiziario risultante dalla ricostruzione logica e valutazione sintetica di tutti i dati emersi in sede istruttoria, ognuno dei quali acquista valenza nella sua connessione con gli altri” (C.d.S., III Sez., 23 aprile 2015, n. 1576; 28 settembre 2015 n. 4527; 07 ottobre 2015, n. 4657; 9 novembre 2015,n. 5100; 13 novembre 2015, n. 5197, 01 dicembre 2015, n. 5437; 14 dicembre 2015, n. 5674). Alle premesse e ai criteri generali fissati da tali sentenze si fa riferimento, ai sensi dell’art. 88, comma 2, lettera d), c.p.a., al fine di farne coerente e concreta applicazione alla vicenda in esame e, in particolare, alle valutazioni operate dall’autorità amministrativa.
10.2. – A seguito della riproposizione, in questa sede di appello, dell’intero compendio dei motivi posti a sostegno dell’originario ricorso di primo grado, il Collegio prende in esame direttamente tali doglianze che delimitano il thema decidendum del giudizio a mente dell’art. 104 c.p.a.
Il Collegio, a differenza del T.a.r. per la Lombardia, non ritiene di dover escludere dall’ambito dei fatti rilevanti ai fini della sua valutazione i rapporti con la società -OMISSIS-, ancorché lo stesso T.a.r. abbia, per la seconda volta, annullato l’interdittiva antimafia nei confronti di detta società.
Il giudizio è infatti pendente in appello e quindi non vi sono preclusioni derivanti da giudicato; in ogni caso, lo scrutinio di legittimità del provvedimento impugnato deve essere condotto in relazione alle circostanze di fatto e diritto sussistenti al momento della sua emanazione (cfr. ex plurimis Ad. plen., n. 8 del 2012), il che rende irrilevanti le successive sentenze del G.A. che hanno fatto venir meno le interdittive a carico della società -OMISSIS-.
10.3. – I profili relativi ai rapporti con la famiglia -OMISSIS- vanno dunque affrontati per primi anche se collocati nell’ultima parte dell’appello. Secondo questo Collegio è determinante la organicità della motivazione della interdittiva quale risulta dal documento 5 agosto 2014 n. int. 56500 e l’ampia documentazione (di provenienza DIA o da altre strutture di polizia) che viene da esso richiamata e che copre un arco di tempo piuttosto ampio. Nell’ambito della motivazione della interdittiva la quantità e qualità dei rapporti documentati agli atti tra i fratelli -OMISSIS- e la famiglia -OMISSIS- e tra la società -OMISSIS- e la società –OMISSIS-costituiscono, unitamente al contesto familiare e ai rapporti personali con soggetti appartenenti al contesto criminale mafioso, un dato sintomatico di relazioni non riconducibili a normali schemi commerciali e di cooperazione tra imprese, ma ad una più accentuata e non chiara commistione di interessi e attività.
10.4. – Al riguardo l’appellante si limita a controdedurre la natura amicale o al più economica dei rapporti tra le due famiglie. Non risultano pertanto contestati dall’appellante i rapporti di amicizia solidarietà e cointeressenza tre le due famiglie. Da questo indiscusso dato di fatto e dalla presenza di un retroterra di legami familiari comune ad entrambi i nuclei (che appare oggettivamente contiguo ad ambienti mafiosi e a vicende costellate di episodi con rilevanza penale che vengono attribuiti ad appartenenti all’uno o all’altro nucleo e in qualche caso ad entrambi per lo stesso episodio), la interdittiva deriva la plausibile conclusione relativa alla sussistenza di possibili interferenze mafiose. Gli ulteriori dati di fatto emergenti da questo retroterra familiare non sono efficacemente contestati dall’appellante che si limita a negare senza portare alcun elemento oggettivo i rapporti di solidarietà tra i fratelli -OMISSIS- e il padre -OMISSIS-, il coinvolgimento di quest’ultimo con ambienti mafiosi nonché le caratteristiche attribuite ai rapporti amicali tra le due famiglie, che secondo circostanziati rapporti di polizia rendono probabile la sussistenza di rischi di infiltrazione mafiosa.
10.5. – La società appellante fa altresì rilevare la comune vicinanza delle due famiglie alla associazione “-OMISSIS-” e all’adesione al “-OMISSIS-”. Ma nel contesto evocato dal documento della prefettura, risulta credibile l’argomentazione dell’Avvocatura erariale sul carattere strumentale dell’adesione a queste iniziative. Inoltre la iscrizione della società -OMISSIS- all’Associazione “-OMISSIS-” non è provata, mentre per la società -OMISSIS- sussiste solo una dichiarazione del Presidente della Associazione stessa, a cui secondo l’Avvocatura erariale, che cita un rapporto dei carabinieri, non corrisponderebbe la presenza della stessa società negli elenchi della Associazione.
10.6. – Con riferimento ai rapporti familiari, la difesa appellante non si limita a negare l’affiliazione mafiosa del padre -OMISSIS- (che non avrebbe subito procedimenti penali per fatti di ordine mafioso e che anzi apparirebbe estraneo alla organizzazione mafiosa locale in alcune intercettazioni), ma anche la esistenza di rapporti attivi di solidarietà con i figli, negando anche che egli risiederebbe con uno dei figli. Tali affermazioni non sono provate, ma anche se lo fossero, non sono sufficienti a smentire il quadro di relazioni che appare comune alle due famiglie congiuntamente considerate nella interdittiva. Non è vero che nella interdittiva non si menzionano i rapporti tra i fratelli -OMISSIS- e il padre -OMISSIS-, come sostenuto dall’appellante. A pagina 5 è infatti richiamato il documento della DIA di Milano prot. n.-OMISSIS- del 12/06/2014, secondo il quale: “I citati -OMISSIS- -OMISSIS-, –OMISSIS- e –OMISSIS- sono figli di –OMISSIS- (quest’ultimo residente con il figlio -OMISSIS-)” che per la S.O. DIA di Agrigento: “è ritenuto appartenere alla consorteria mafiosa di -OMISSIS-. Risulta infatti aver avuto decennali frequentazioni con soggetti mafiosi, quale -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS–OMISSIS-e -OMISSIS-, ritenuti questi ultimi due, elementi di spicco della famiglia mafiosa di -OMISSIS-”. In nota sono puntualmente indicati i precedenti penali relativi a rilevanti reati di natura mafiosa per ciascuno dei nomi da ultimo citati.
10.7. – Non convince l’argomentazione per la quale il padre -OMISSIS- non avrebbe legami attuali con organizzazioni mafiose, come dimostrerebbe la intercettazione di un esponente di una di esse ove quest’ultimo si lamenta che un appalto ottenuto da -OMISSIS- non era andato a persona amica. Infatti, date le circostanze, l’episodio può infatti più plausibilmente spiegarsi nel quadro di rapporti tra gruppi mafiosi rivali e in questo caso l’episodio confermerebbe il coinvolgimento del padre -OMISSIS- in appalti inquinati da interferenze di gruppi mafiosi.
10.8. – Nella motivazione della interdittiva come riportata nel già citato documento 5 agosto 2014 n. int. 56500, i rapporti della società -OMISSIS- con la –OMISSIS-, anche essa interdetta dalla stessa Prefettura, sono riportate nel punto 4 e ultimo prima delle considerazioni finali, intitolato “Risultanze info-investigative sull’attività di “ANALISI DI CONTESTO”. Il documento nota che in aggiunta al quadro indiziario del contesto criminale in cui opera la società -OMISSIS- (quale risulta dalla precedenti parti del documento), la stessa società risulta affidataria diretta di contratti da parte della -OMISSIS-, e che su undici società interdette dalla prefettura di Milano 5 sono risultate sub-affidatarie della -OMISSIS-. L’argomento relativo ai rapporti con -OMISSIS- viene quindi esposto nella interdittiva in via aggiuntiva e conclusiva. Esso non ha un carattere di argomentazione centrale. Ma anche in questi termini esso non viene efficacemente contraddetto dalla controparte. Infatti il dato richiamato dall’Amministrazione appellata secondo il quale 5 società su 11 interdette hanno lavorato con -OMISSIS-, a sua volta interdetta, è ben più significativo di quello opposto dall’appellante, per il quale le società subaffidatarie sono oltre sessanta in un anno (secondo l’appellante la grande maggioranza delle imprese subappaltatrici della -OMISSIS- non è interdetta). Ma, dato il volume di affari di -OMISSIS-, questo dato non nega il precedente, dal momento che si deve necessariamente presumere che la maggior parte delle società operanti sul mercato non siano (e non debbano essere) interdette.
10.9. – Infine, nel quadro della motivazione del provvedimento, le frequentazioni dei fratelli -OMISSIS- risultano solo indirettamente richiamate nel provvedimento che fa riferimento ai documenti della DIA che le considerano. Neppure su questo punto si può convenire con la società appellante secondo cui tali frequentazioni non costituiscono una motivazione rilevante della interdittiva; emerge per tabulas il contatto con persone pregiudicate (anche per fatti di mafia).
10.10. – Il quadro indiziario complessivo delineato dai provvedimenti della Prefettura di Milano integra uno dei presupposti che l’art. 91, comma 6, del d.lgs. n. 159, considera da soli sufficienti a legittimare il ricorso alla interdittiva: “concreti elementi da cui risulti che l’attività d’impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata”. Tali concreti elementi vengono infatti individuati nel complesso dei rapporti di collaborazione e di evidente solidarietà intercorsi a vario titolo tra i soggetti considerati dalla interdittiva unitamente ai diversi contesti familiari intrecciati, in cui essi sono inseriti, che vengono considerati tuttora accessibili a tentativi di infiltrazione mafiosa. Deve infatti affermarsi che il perdurare di un contesto oggettivo e di legami tutti interni a questo contesto che rendono plausibile la infiltrazione mafiosa, costituisce un elemento concreto che da luogo alla applicazione della sopra richiamata disposizione dell’art. 91, comma 6, del d.lgs. n. 159. Un dato oggettivo di questa portata costituito da una pluralità di elementi convergenti non viene meno solo perché le due famiglie in questo caso coinvolte affermano in diversi giudizi di essersi allontanate da questo contesto e avere adottato comportamenti conseguenti avvicinandosi alla Associazione “-OMISSIS-”.
Non si può escludere e si deve anzi auspicare che vi sia una evoluzione in questo senso, ma questa nuova situazione (che deve risultare da dati altrettanto oggettivi di quelli a sostegno della interdittiva), potrà essere portata all’attenzione dell’Amministrazione per l’adozione di successivi autonomi provvedimenti, non potendo inficiare retroattivamente la legittimità del provvedimento di interdittiva del 2014
10.11. – Deve essere pertanto conseguentemente respinta – perché del tutto inconferente alla luce di quanto precede – la richiesta istruttoria in ordine alla “liberatoria” della Prefettura di Rovigo del 23 maggio 2013.
Tale richiesta si sarebbe potuta eventualmente considerare conferente solo nel caso in cui si fosse voluto anche in questa sede considerare la posizione della società -OMISSIS- a prescindere dai rapporti con la società -OMISSIS-, come ha fatto il TAR. Si tratta infatti di una nota che non riteneva sufficienti gli stessi elementi “ulteriori” considerati dalla sentenza del TAR e che precedeva una successiva diversa valutazione della stessa Prefettura di Rovigo una volta presi in considerazione i rapporti con la società -OMISSIS-.
10.12. – Infine deve essere confermata la piena legittimità degli atti adottati a seguito della interdittiva dalla società MM e dalle altre società committenti, trattandosi di atti vincolati, non sussistendo le eccezionali condizioni previste dall’art. 94, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 159 del 2011 (Adunanza Plenaria 20 giugno 2014 n. 14; V Sez., 09/07/2015, n. 3458; III Sez., 01 dicembre 2015 n. 5437).
A tanto consegue il rigetto anche della domanda di risarcimento del danno.
11. – In base alle considerazioni che precedono, l’appello deve essere respinto e la sentenza del TAR confermata seppure con diversa motivazione.
12. – Le spese di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la società appellante a rifondere in favore del Ministero dell’interno e della società Metropolitana Milanese s.p.a. le spese del presente grado di giudizio quantificate in complessivi euro 4.000 (quattromila/00), oltre agli accessori previsti per legge (I.V.A., C.P.A. e rimborso delle spese generali al 15%), per ciascuna parte appellata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone e le società coinvolte nel presente giudizio ad eccezione di quelle rientranti tra le parti appellate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere, Estensore
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/02/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)