Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 834 del 29 febbraio scorso ha statuito che la formulazione letterale dell’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (c.d. Codice dei contratti pubblici), impone, invero, di applicare la sanzione dell’esclusione da una gara in caso di violazione dell’art. 38, comma 2, del medesimo codice, che obbliga alla presentazione delle dichiarazioni attestanti l’assenza di condizioni ostative, quand’anche esse siano in concreto inesistenti.
Il Collegio ha altresì chiarito che la dichiarazione di tutte le condanne penali eventualmente riportate costituisce di per sé, infatti, causa di esclusione del concorrente dalla gara ed è impedito all’Amministrazione appaltante di valutarne la gravità.
Inoltre, l’obbligo di rendere le dichiarazioni di cui all’art. 38 comma 1 lettera c) del d.lgs. n. 163/2006 riguardante anche gli amministratori e direttori tecnici precedenti (o dell’impresa cedente nel caso in cui sia intervenuta un’operazione di cessione di azienda nell’anno anteriore alla pubblicazione del bando), “scaturisce direttamente dalla legge e l’inosservanza di un tale onere documentale comporta la esclusione dalla gara del soggetto concorrente, ancorché la misura espulsiva non sia stata espressamente contemplata dalla lex specialis di gara” (Cons. Stato, sez. IV, 21.12.2015, n. 5803).
Il collegio ha rilevato infine che l’omessa dichiarazione delle condanne penali riportate non è configurabile come dichiarazione meramente incompleta e, pertanto, non è integrabile successivamente a richiesta da parte dell’Amministrazione appaltante.
Nelle gare pubbliche le omesse dichiarazioni richieste dall’art. 38 comma 2, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163 non possono, infatti, essere sanate con ricorso al cd. soccorso istruttorio, atteso che esso è volto solo a chiarire e a completare dichiarazioni o documenti comunque esistenti, ma non certo a consentire integrazioni o modifiche della domanda di ammissione alla procedura comparativa.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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N. 00834/2016REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7597 del 2015, proposto dalla Ditta Recuperi Pugliesi s.r.l. in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Bianca Maria Caruso e Michele Didonna, con domicilio eletto presso lo studio della prima in Roma, viale Cristoforo Colombo, n. 436;
contro
Ditta Trenitalia s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimiliano Cesare e Francesco Vecchione, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Francesco Bellini in Roma, Via dei Tre Orologi, n. 14/A;
nei confronti di
Ditta Ecosistem s.r.l. in persona del legale rappresentante, non costituita;
per la riforma
della sentenza in forma semplificata resa dal T.a.r. per la Calabria – Sede staccata di Reggio Calabria – n. 770 del 17 luglio 2015.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Ditta Trenitalia s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2016 il Consigliere Carlo Schilardi e uditi per le parti gli avvocati Didonna e Vecchione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- La società Trenitalia s.p.a. bandiva una gara, con procedura negoziata, per l’affidamento del servizio di raccolta, imballaggio, carico, trasporto, recupero e smaltimento dei rifiuti speciali, dell’importo di €. 50.000,00.
1.1. Partecipavano alla gara le imprese Edil Cava s.m., La Bruna s.r.l., Salvaguardia Ambientale s.p.a., Recuperi Pugliesi s.r.l. ed Ecosistem s.r.l..
In data 5 agosto 2014, la commissione giudicatrice, all’esito delle operazioni di gara, aggiudicava il servizio alla Recuperi Pugliesi s.r.l..
Trenitalia s.p.a., successivamente, avviava le verifiche sul possesso dei requisiti di cui all’art. 38 del D.lgs. n. 163/2006, all’esito delle quali risultava che il sig. Saverio Schino, già amministratore unico della società Schinplast s.r.l. cessato dalla carica in data 24 settembre 2013 per l’incorporazione di detta società nella Recuperi Pugliesi s.r.l., era stato condannato dalla Corte di Appello di Bari, in data 16 giugno 1982 (sentenza divenuta definitiva il 3 novembre 1982), a sei mesi di reclusione, con sospensione condizionale della pena, per omicidio colposo a seguito di incidente stradale.
Trenitalia s.p.a., avendo riscontrato che il sig. Saverio Schino non aveva dichiarato tale condanna in sede di partecipazione alla gara, con provvedimento del 29 settembre 2014 n. TRNIT-DPLHPMACPLH/P2014/0049539UA, disponeva la revoca dell’aggiudicazione definitiva della gara alla Recuperi Pugliesi s.r.l. ed affidava il servizio alla seconda classificata ovvero alla Ecosistem s.r.l..
1.2. Avverso il provvedimento di esclusione la Recuperi Pugliesi s.r.l. proponeva ricorso al T.A.R. per la Campania.
Il T.A.R., con sentenza n. 6717 del 17 dicembre 2014, accoglieva il ricorso ed annullava il provvedimento gravato.
Avverso tale pronuncia, Trenitalia s.p.a. con ricorso n. 951/2015 proponeva appello innanzi a questa Sezione del Consiglio di Stato che, con sentenza n. 2828 del 9 giugno 2015, accoglieva l’eccezione preliminare di incompetenza territoriale in favore del T.A.R. per la Calabria.
1.3. La società Recuperi Pugliesi s.r.l., con ricorso n. 511 del 2015, ha riassunto il giudizio innanzi al T.A.R. calabrese, il quale con sentenza n. 770 del 17 luglio 2015, resa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 e 74 del cod. proc. amm., lo ha respinto, condannando la ricorrente al pagamento in favore di Trenitalia s.p.a. delle spese di giudizio.
Avverso la sentenza del T.A.R. Calabria la società Recuperi Pugliesi s.r.l. ha proposto appello.
1.4. Si è costituita in giudizio Trenitalia s.p.a. che ha chiesto il rigettare dell’appello e, per l’effetto, la conferma della sentenza gravata n. 770/2015.
1.5. All’udienza pubblica del 4 febbraio 2016 la causa è stata trattenuta per la decisione.
1.6. Con ordinanza motivata di questa Sezione – n. 4652 del 13 ottobre 2015 – è stata respinta l’istanza cautelare di sospensione degli effetti dell’impugnata sentenza.
DIRITTO
2.- Con unico articolato motivo l’appellante lamenta la violazione degli artt. 38, commi 1 e 2, 46, comma 1 bis del D.lgs. n. 163/2006, nonché eccesso di potere per l’erronea applicazione dei punti II.A.1, lett. a) e III della lettera di invito alla gara, violazione dei principi di affidamento, di proporzionalità e del favor partecipationis, difetto d’istruttoria e di motivazione.
2.1. – L’appello è infondato e va respinto.
2.2.- La formulazione letterale dell’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (c.d. Codice dei contratti pubblici), impone, invero, di applicare la sanzione dell’esclusione da una gara in caso di violazione dell’art. 38, comma 2, del medesimo codice, che obbliga alla presentazione delle dichiarazioni attestanti l’assenza di condizioni ostative, quand’anche esse siano in concreto inesistenti.
Orbene, con decisione dell’adunanza plenaria n. 9 del 2014, questo Consiglio ha precisato che:
a) la formulazione letterale dell’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. citato impone di applicare la sanzione dell’esclusione alla violazione della prescrizione del codice (contenuta nell’art. 38, comma 2, d.lgs. cit.) relativa alla presentazione delle dichiarazioni attestanti l’assenza delle relative condizioni ostative (quand’anche queste fossero in concreto inesistenti);
b) la sanzione espulsiva deve essere applicata anche nelle ipotesi in cui la lex specialis di gara la preveda come conseguenza della sola assenza oggettiva dei requisiti di moralità (e non anche della loro omessa attestazione);
c) in presenza di dichiarazioni radicalmente mancanti resta precluso all’Amministrazione l’uso del soccorso istruttorio (che si risolverebbe in una lesione del principio della par condicio).
2.3. – Alla luce di ciò nessun rilievo assume la tesi dell’appellante, quando sostiene di essere in possesso del requisito generale di cui all’art. 38, comma 1, lett. c) del codice dei contratti, senza che di ciò abbia tenuto conto il primo giudice ed evidenzia, altresì, che al momento della partecipazione alla gara, era già aggiudicataria di altri contratti pubblici affidati dalla stessa Trenitalia s.p.a..
L’omessa dichiarazione di tutte le condanne penali eventualmente riportate costituisce di per sé, infatti, causa di esclusione del concorrente dalla gara ed è impedito all’Amministrazione appaltante di valutarne la gravità.
2.4..- Infondato è, anche, l’assunto della ditta Recuperi secondo cui la dichiarazione resa sarebbe conforme alla lex specialis e all’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, perché l’obbligo dichiarativo, previsto a carico dei concorrenti, sarebbe esclusivamente finalizzato ad attestare l’inesistenza di reati gravi che incidano sulla moralità professionale degli stessi.
L’obbligo di rendere le dichiarazioni di cui all’art. 38 comma 1 lettera c) del d.lgs. n. 163/2006 riguardante anche gli amministratori e direttori tecnici precedenti (o dell’impresa cedente nel caso in cui sia intervenuta un’operazione di cessione di azienda nell’anno anteriore alla pubblicazione del bando), “scaturisce direttamente dalla legge e l’inosservanza di un tale onere documentale comporta la esclusione dalla gara del soggetto concorrente, ancorché la misura espulsiva non sia stata espressamente contemplata dalla lex specialis di gara” (Cons. Stato, sez. IV, 21.12.2015, n. 5803).
3.- Giova soggiungere che l’omessa dichiarazione delle condanne penali riportate non è configurabile come dichiarazione meramente incompleta e, pertanto, non è integrabile successivamente a richiesta da parte dell’Amministrazione appaltante.
Nelle gare pubbliche le omesse dichiarazioni richieste dall’art. 38 comma 2, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163 non possono, infatti, essere sanate con ricorso al cd. soccorso istruttorio, atteso che esso è volto solo a chiarire e a completare dichiarazioni o documenti comunque esistenti, ma non certo a consentire integrazioni o modifiche della domanda di ammissione alla procedura comparativa.
Per tutte le su esposte argomentazioni, e per quelle poste a sostegno della sentenza di questo Consiglio di Stato Sez. V, n. 5403 del 2015 (cui si rinvia integralmente a mente dell’art. 120, co. 10, c.p.a. in quanto resa su una fattispecie analoga), non possono trovare ingresso le tesi sviluppate dalla dita Recuperi.
Quanto al terzo e quarto mezzo di gravame (pagine 13 e 14 del ricorso in appello), il Collegio ne evidenzia l’inammissibilità per carenza di interesse perché dal loro accoglimento la ditta Recuperi non trarrebbe alcun vantaggio in quanto si tratta di critiche che si appuntano su affermazioni dell’impugnata sentenza chiaramente ultronee rispetto all’oggetto del giudizio, stante l’assodata inapplicabilità– ratione temporis – della disciplina recata dal d.l. n. 90 del 2014.
4. – Conclusivamente l’appello è infondato e va respinto.
5.- Le spese di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55 e dell’art. 26, co. 1, c.p.a.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la Ditta Recuperi Pugliesi s.r.l. al pagamento delle spese ed onorari del presente grado di giudizio che liquida in complessivi euro 5.000 (cinquemila), oltre accessori come per legge (15% a titolo rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A.), in favore della Ditta Trenitalia s.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere, Estensore
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/02/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)