Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1599 del 21 aprile 2016 ha chiarito che secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, è legittima la revoca dell’aggiudicazione provvisoria di una gara di appalto motivata con riferimento al risparmio economico che deriverebbe dalla revoca stessa ovvero per carenza di copertura finanziaria e sopravvenuta mancata corrispondenza della procedura alle esigenze dell’interesse pubblico (tra le tante, Cons. Stato, sez. III, 29 luglio 2015, n. 3748; 26 settembre 2013, n. 4809; 6 maggio 2013, n. 2418).
Di conseguenza, in caso di legittimità della revoca è infondata la domanda di risarcimento del danno.
Il collegio precisa che potrebbe ravvisarsi una responsabilità precontrattuale anche in presenza della legittimità della revoca (Cons. Stato, sez. VI, 1 febbraio 2013, n. 633).
A tal fine, però, deve venire in considerazione un comportamento contrario ai canoni di buona fede e correttezza dell’amministrazione che, accortasi delle ragioni che consigliavano di procedere alla revoca della gara, non ha invece provveduto a tanto, ingenerando nella parte un ragionevole affidamento nella conclusione della gara e nella possibilità di aggiudicarsi l’appalto stesso.
Al riguardo il Collegio ha richiamato la pacifica giurisprudenza del Consiglio di Stato e delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, per la quale la responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione è connessa alla violazione delle regole di condotta tipiche della formazione del contratto e quindi non può che riguardare fatti svoltisi in tale fase; perciò la responsabilità precontrattuale non è configurabile anteriormente alla scelta del contraente, vale a dire della sua individuazione, allorché gli aspiranti alla posizione di contraenti sono solo partecipanti ad una gara e possono vantare un interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione (Cons. Stato, V, 21 agosto 2014 n. 4272).
Nel caso di specie, il Collegio non ha ravvisato la sussistenza della responsabilità precontrattuale, giacché la revoca della gara è intervenuta prima della scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara, senza quindi che nessun affidamento si sia potuto ragionevolmente ingenerare nei concorrenti, quand’anche la comunicazione della revoca fosse a questi ultimi pervenuta dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte e dopo la effettiva presentazione di queste ultime.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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N. 01599/2016REG.PROV.COLL
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 10092 del 2015, proposto dalla Elettrocostruzioni Rovigo S.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Pier Vettor Grimani e Nicola Marcone, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, piazza dell’Orologio, n, 7;
contro
Il Comune di San Bonifacio, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Sala e Luigi Manzi, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, Via Federico Confalonieri, n. 5;
nei confronti di
Agsm Lighting Srl;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Veneto, Sez. I n. 852/2015, resa tra le parti, concernente l’affidamento in concessione del servizio di illuminazione pubblica, adeguamento e gestione impianti e fornitura di energia elettrica -(ris.danni);
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Bonifacio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all’udienza pubblica del giorno 10 marzo 2016 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Marcone e Reggio d’Aci, in dichiarata delega di Manzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. Con deliberazione n. 56 del 2 maggio 2013 la Giunta comunale di San Bonifacio, in accoglimento della proposta avanzata dalla società AGSM Verona spa – cui è subentrata AGSM Lighting srl – e relativa all’affidamento in finanza di progetto del servizio di gestione della illuminazione pubblica, aveva attivato la procedura di cui all’art. 278 d.P.R. n. 207 del 2010 per l’affidamento in concessione del servizio per la durata di 18 anni, per un importo a base d’asta di €. 10.506.034,00.
La Elettrocostruzioni Rovigo s.r.l. presentava la sua offerta in data 23 giugno 2014, ultimo giorno utile; l’amministrazione tuttavia il precedente 21 giugno aveva pubblicato all’albo pretorio la delibera di Giunta n. 1, pure del 21 giugno 2014, di revoca della gara. Di tale fatto l’interessata veniva notiziata con apposita nota del giorno successivo alla presentazione dell’offerta, nota che richiamava la peculiare situazione di contrazione del bilancio comunale che non consentiva di fronte al previsto impegno annuo di €. 500.000,00, in uno con l’evoluzione tecnica nel campo della produzione e distribuzione di energia elettrica che mal si conciliavano con i lunghi tempi previsti per la concessione; ciò oltre al fatto che al momento della revoca non solo non era pervenuta altra offerta – tre erano giunte successivamente – ma non poteva essere stato ingenerato negli interessati alcun affidamento, vista la non avvenuta aggiudicazione e l’assenza di altri concorrenti al momento della revoca.
La predetta Elettrocostruzioni Rovigo s.r.l. impugnava dinanzi al TAR del Veneto i citati atti del Comune di San Bonifacio, deducendo con un unico ed articolato motivo di censura la violazione dell’art. 21 quinques della L. 241/1990, perché la revoca risultava carente dei requisiti di legge; chiedeva inoltre il risarcimento del danno per fatto illecito, ovvero, in subordine, per responsabilità precontrattuale, o, infine, la corresponsione della indennità di cui al citato art. 21 quinques, giacchè anche le asserite difficoltà finanziarie non risultavano dimostrate come elementi concreti.
L’adito tribunale, nella resistenza del Comune di Bonifacio e della AGSM Lighting s.r.l., con sentenza n. 852 del 23 luglio 2015, dichiarato inammissibile l’intervento di quest’ultima (che avendo anch’essa richiesto l’annullamento degli stessi atti avrebbe dovuto proporre tempestivamente apposita impugnazione, cosa che non consentiva la conversione dell’atto di intervento in atto di ricorso), respingeva il ricorso, poiché risultava dagli atti la grave situazione finanziaria, caratterizzata da una forte riduzione delle provvidenze statali del fondo di solidarietà, fatto estemporaneo e non prevedibile, cui si doveva far fronte con riduzioni di spesa; pertanto la revoca della gara, peraltro non ancora iniziata, per la mancanza di copertura finanziaria dovuta a fattori estemporanei non prevedibili al momento della sua pubblicazione, non poteva configurarsi illegittima, visto che la valutazione comparativa degli interessi pubblici e la gerarchia degli stessi rientrava nella discrezionalità propria dell’amministrazione.
A ciò conseguiva anche l’infondatezza della domanda risarcitoria da danno ingiusto; né poteva essere accolta la domanda da responsabilità precontrattuale e neppure quella di indennizzo, non sussistendone i presupposti.
II. L’Elettrocostruzioni Rovigo s.r.l. ha chiesto la riforma di tale sentenza con atto di appello notificato il 23 novembre 2015, alla stregua di due ordini di motivi, il primo rubricato “Mancata o errata valutazione della censura concernente la violazione dell’art. 21 quinquies L. 7.8.90, n. 241, l’eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza dei presupposti, l’eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione – Mancata o errata valutazione della domanda di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 30 commi 2 e 3 CPA” e il secondo “Mancata o errata valutazione della domanda di risarcimento del danno ex art. 30 comma 2 c.p.a.”.
Richiamente le circostanze in cui era maturata la revoca della gara, l’appellante ha insistito sulla mancata dimostrazione di una copertura finanziaria e sulla vaghezza delle sopravvenienze delle difficoltà di bilancio, comunque non dimostrate, a fronte, da un lato, di un servizio essenziale e non rinunciabile e, dall’altro,del risparmio che sarebbe conseguito dal nuovo servizio; ha poi ribadito la richiesta di risarcimento del danno dalla revoca derivato, in punto di danno emergente e di perdita di chanches ovvero anche a titolo di responsabilità precontrattuale, ex art. 1337 c.c., per violazione dei doveri di correttezza in relazione al mancato preavviso di voler procedere alla revoca.
Il Comune di San Bonifacio si è costituito in giudizio, rivendicando la legittimità dei propri atti e la correttezza del suo operato e chiedendo la conferma della sentenza.
All’odierna udienza del 10 marzo 2016 la causa è passata in decisione.
III. L’appello è infondato e deve essere respinto.
In punto di fatto deve sottolinearsi che la revoca è stata deliberata dalla giunta comunale di San Bonifacio con atto n. 1 del 21 giugno 2014, circa un anno dopo la deliberazione con cui si era deciso di avviare la proposta per l’affidamento in finanza di progetto del servizio di gestione della pubblica illuminazione su tutto il territorio comunale e circa quattro mesi dopo aver indetto una gara a procedura aperta per la scelta dell’affidatario in concessione, il tutto prima quindi delle elezioni della nuova amministrazione comunale svoltesi il 25 maggio e l’8 giugno 2014.
Proprio la nuova amministrazione, appena insediatasi, ha riscontrato l’impegno di risorse finanziarie derivante dalla procedura in parola, quantificabile in canone annuo pari a €. 500.000,00 eventualmente ribassati per un periodo di diciotto anni, limitabili a quindici, tale da irrigidire per lungo tempo il bilancio comunale ed impedendo margini di manovra per gli esercizi futuri: ciò ha indotto la predetta nuova valutazione ad una rigorosa valutazione di tutti i flussi di entrata e di spesa, alla luce delle contrazioni di risorse pubbliche per effetto della normativa statale più recente, da ultimo dalla L. 27 dicembre 2013 n. 147 e dal decreto legge di 4 aprile 2014, n. 66, convertito nella L. 23 giugno 2014 n. 89.
Non può sottacersi che l’evidenziazione della enorme spesa rispetto al calo dei finanziamenti è stata accostata dall’amministrazione nella stessa deliberazione di revoca anche alla continua rapida evoluzione delle tecnologie per la produzione e la distribuzione di energia elettrica, le quali nello spazio di 18 anni avrebbero potuto determinare consistenti risparmi di bilancio.
Tali motivazioni risultano ragionevoli, non illogiche, né irrazionali e soprattutto fondate su non implausibili elementi di fatto, così che la scelta di revocare la gara, che rientra nella discrezionalità propria di cui è titolare esclusiva la pubblica amministrazione, non può considerarsi illegittima.
In tal senso è sufficiente rammentare che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, è legittima la revoca dell’aggiudicazione provvisoria di una gara di appalto motivata con riferimento al risparmio economico che deriverebbe dalla revoca stessa ovvero per carenza di copertura finanziaria e sopravvenuta mancata corrispondenza della procedura alle esigenze dell’interesse pubblico (tra le tante, Cons. Stato, sez. III, 29 luglio 2015, n. 3748; 26 settembre 2013, n. 4809; 6 maggio 2013, n. 2418).
Alla legittimità della revoca consegue l’infondatezza della domanda di risarcimento del danno.
Deve essere a questo punto esaminata la fondatezza della domanda di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale, che è astrattamente ammissibile anche in presenza della legittimità della revoca (Cons. Stato, sez. VI, 1 febbraio 2013, n. 633).
A tal fine deve venire in considerazione un comportamento contrario ai canoni di buona fede e correttezza dell’amministrazione che, accortasi delle ragioni che consigliavano di procedere alla revoca della gara, non ha invece provveduto a tanto, ingenerando nella parte un ragionevole affidamento nella conclusione della gara e nella possibilità di aggiudicarsi l’appalto stesso.
Sennonché nel caso di specie tale situazione non è ravvisabile, giacché la revoca della gara è intervenuta prima della scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara, senza quindi che nessun affidamento si sia potuto ragionevolmente ingenerare nei concorrenti, quand’anche la comunicazione della revoca fosse a questi ultimi pervenuta dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte e dopo la effettiva presentazione di queste ultime.
Al riguardo può ancora richiamarsi la pacifica giurisprudenza del Consiglio di Stato e delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, per la quale la responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione è connessa alla violazione delle regole di condotta tipiche della formazione del contratto e quindi non può che riguardare fatti svoltisi in tale fase; perciò la responsabilità precontrattuale non è configurabile anteriormente alla scelta del contraente, vale a dire della sua individuazione, allorché gli aspiranti alla posizione di contraenti sono solo partecipanti ad una gara e possono vantare un interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione (Cons. Stato, V, 21 agosto 2014 n. 4272), corretto esercizio di cui non può dubitarsi nel vaso di specie, visti i tempi seguiti dall’Amministrazione comunale per l’adozione della revoca in questione e la plasubilità della motivazione.
E’ appena il caso di aggiungere che non essendosi prodotto alcun effetto durevole vantaggiosa in favore dell’appellante in ragione dell’atto legittimamente revocato, non sussistono neppure i presupposti per il riconoscimento dell’indennizzo ex art. 21 quinqquies della l. n. 241 del 1990.
IV, Per le suesposte considerazioni l’appello deve essere dunque respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge..
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio nei confronti del Comune di San Bonifacio, liquidandole in complessivi €. 5.000,00 (cinquemila/00) oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 marzo 2016 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/04/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)